Tag: anoressia

Mar

22

Ott

2019

Disturbi alimentari, aiuto?

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Gola

Salve a tutti... questo mio racconto potrebbe essere un po' lungo e noioso, di quelli già sentiti e risentiti, ma non so davvero a chi parlarne e forse questo è solo un modo per sfogarmi con me stessa, e magari se sono fortunata leggere di esperienze simili alla mia che possano aiutarmi ad uscirne...

Premetto che sono sempre stata la ragazzina cicciottella del gruppo, fin da bambina... non ero grassa sia chiaro, solo un po' sovrappeso rispetto agli altri ma mai in modo eccessivo. Sono sempre stata in secondo piano questo lo ammetto, ma non ne ho mai sofferto, anche se ho sempre vissuto all'ombra di mia sorella maggiore. Lei era molto magra, ha sempre mangiato tanto e mai preso un grammo (beata costituzione), ma a differenza mia è sempre stata più controllata, meno famelica e impulsiva… i parenti se dovevano far complimenti si rivolgevano a lei e a quanto fosse un fiore, mentre nei miei confronti tutto sembrava (ed era) un mero contentino per non essere maleducati.

C'è stato un periodo della mia infanzia nel quale ho passato molto tempo sola a casa con i miei nonni, e purtroppo in quei momenti mi si è concesso di tutto... Non dovevo nemmeno chiedere, non ero viziata, era semplicemente tutto lì a disposizione, sempre. Cornetti, merendine, pizze e pizzette, dolce e salato. Questo, insieme allo sviluppo precoce in quinta elementare, mi ha portata a passare i seguenti anni delle medie e delle superiori in costante sovrappeso per la mia altezza. Non si è mai trattato di obesità, ma bene non stavo lo stesso, e accanto a quanto mia sorella fosse sempre più bella e slanciata continuavo a sfigurare. Ho sempre mangiato per noia, soprattutto da bambina. Starmene a guardare i cartoni equivaleva anche al mangiarmi per forza qualcosa di conseguenza, o ciò che stavo guardando non mi avrebbe intrattenuta allo stesso modo. Poi sono successe tante cose, troppe per elencarle, ma la situazione in famiglia è diventata talmente opprimente per me con la morte di mio padre, dei miei nonni, dei litigi costanti e fuoriosi tra mia sorella e mia madre, che questi momenti sono diventati la mia unica scusa per non pensare al resto. Solo un anno fa ho deciso che avrei cambiato le cose, e l'ho fatto, ma adesso sento che mi è sfuggito tutto di mano.

Lo scorso aprile (2018) ho intrapreso una dieta tutta mia, mia sorella è partita ed io frequentavo ancora il quinto superiore, per questo mi è venuto facile iniziare dovendo stare ogni giorno dalle 7 alle 15 fuori casa lontana dalle tentazioni (che ho potuto  finalmente eliminare anche da casa con la sua assenza). Pesavo 65,5 kg per 1,58. Ormai anche la 44 stava arrivando ad essere una 46 ed io non riuscivo più a guardarmi allo specchio neanche di sfuggita. Ero ricoperta di brufoli, sul viso e lungo tutta la schiena, le spalle. Insomma fatto sta che quel giorno ho deciso, e quel giorno stesso mi sono iscritta in palestra. In quel periodo ho sofferto davvero molto, la scuola mi stressava e non poter ripiegare in qualche dolce soddisfazione mi uccideva tutti i pomeriggi, ma ho tenuto duro... tutto si stava ripagando piano piano e questo mi ha spinta a proseguire...

Durante l'estate ricordo che pesavo intorno ai 55kg, e stavo bene mentalmente. Con l'andare avanti dei mesi ho iniziato anche a mangiare molte più cose sane di quante non ne avessi mai mangiate, tutta la frutta e la verdura che fino a quel momento avevo odiato senza riuscire mai a ingerirla senza conati di vomito, finalmente mi piaceva. Questo mi ha permesso di spaziare molto di più nei pasti, ma è stato anche questo a contribuire al calo di peso che ne è seguito.

Se prima ripiegavo su un paninetto prosciutto e formaggio per pranzo, ora il era diventato un piatto ricco di verdura, e un po' di proteine, parallelamente alla palestra le solite tre volte alla settimana. I carboidrati sono diventati un mostro. Un qualcosa che potevo concedermi AL MASSIMO la domenica. Piano piano tutto è degenerato. Ho iniziato a pesare ogni singola briciola di quel che avrei mangiato poco dopo, a interessarmi in maniera attiva delle calorie, di quante ce ne fossero in ogni singolo alimento. Ho iniziato a cucinare da me, ad eliminare qualsiasi cosa significasse grassi, zuccheri, carboidrati e via dicendo. A Natale pesavo intorno ai 48kg, e lo ricordo bene perché è stato il periodo in cui ho iniziato a salire sulla bilancia OGNI giorno, anche più volte, a soffrire di attacchi d'ansia per i pasti “troppo abbondanti” che comportava il periodo festivo. Quest'anno non è quindi iniziato nel migliore dei modi.

Ho continuato con questi ritmi, solo tanta (tanta) frutta e verdura, proteine, sport in palestra ed esercizi a casa. Un continuo tenermi impegnata per non pensare al cibo. E anche in quel caso mi è riuscito bene siccome stavo prendendo la patente. Il problema era l’inferno di calcoli che iniziava a prendere forma dentro la mia testa ogni sera, per sapere a quante calorie ero arrivata. Non ho mai provato a vomitare, nè ho mai avuto episodi di autolesionismo o digiuni totali. In generale sono una persona poco trasparente... non rigetto mai i miei problemi sugli altri, evito sempre di parlarne con le persone a cui  tengo per paura d'essere giudicata.

Sono una persona molto calma e tranquilla, ed è per questo che a chi mi vuole bene non traspare tutto questo, e più ci penso più mi sento in colpa, terribilmente.


Dopo i 45kg prima di quest'estate sono ad oggi arrivata a 42kg, sempre per 1,58cm.
Non mi vedo magra, o meglio sì, lo sono, ma tante parti del mio corpo non lo sono e non riesco a farmene una ragione. Ho l'addome sempre pieno di rotoli, la ciccia cascante sui glutei, le gambe troppo flosce nonostante lo sport e la dieta povera di schifezze, e nonostante il mio peso stia pericolosamente vergendo al 41. Ultimamente le cose vanno ancora peggio perchè è scattato un altro meccanismo che non fa altro che andare a complicarmi le cose. Ci sono giorni nei quali infatti mi abbuffo senza freni, e sono sempre più frequenti... in quei momenti non so come fermarmi, non c'è modo,mi sento come posseduta da un demone. Sono momenti orrendi in cui posso ingerire qualsiasi cosa mi capiti a tiro come fossi in trance e arrivare anche a 3500/4000 kcal tutte insieme. Posso stare seduta anche un'ora o due sul divano con una ciotola di latte continuamente ricaricata di muesli.

Oggi mi sono strafogata di latte e biscotti e ora mi sto vergognando come una ladra, sono salita e risalita sulla bilancia, ho pianto e solo ora mi rendo conto di quanto abbia perso ogni singola briciola di autocontrollo e dignità sulla mia vita. Ho passato queste ultime settimane in preda all'insonnia perché il cibo è diventato un'ossessione maniacale, ci penso continuamente ogni attimo della mia vita, mentre faccio un pasto penso già a cosa cucinare per il prossimo, o peggio ancora per il giorno dopo, per la settimana. Fatico ad addormentarmi perché impiego ore sui vari siti per cercare ricette da fare. Non so come liberarmi di questo pensiero fisso che sembra abbia fatto le radici nel mio cervello. Quando sono sola in casa dormo invece più del necessario per non lasciarmi andare nel cibo. Per non finire in queste abbuffate preferisco dormire anche 12 ore consecutive, o dormire fino al pranzo, pranzare e subito tornare a letto fino a cena, così da non cadere in tentazione. E in questo modo mi sto soltanto vedendo scivolare la vita dalle mani… sto facendo di tutto per andare avanti lo stesso, per farmi forza e per contrastare questa bestia che mi perseguita, sono riuscita a conquistarmi una borsa di studio che mi sta permettendo di andare avanti nel mio percorso, ho una patente tra le mani e buone esperienze di lavoro, ma tutto questa insoddisfazione continua nei miei confronti non fa che farmi venire sempre più la voglia di fermarmi e farla finita...

Non so proprio come fare e sono disperata... so che la soluzione potrebbe essere intraprendere un percorso di psicoterapia ma non ho i mezzi economici per farlo e la cosa mi deprime terribilmente. Se qualcuno ci è passato e ha dei consigli da darmi, per favore me ne dia... sento di star toccando veramente il fondo e queste abbuffate mi straziano e costringono a vivere in un costante stato d'ansia, insofferenza e punizione nei miei confronti...

Ven

11

Ott

2019

Scuola

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Scegliere un liceo dove già una ragazza nel 2002 si era suicidata é stata la mia prima scelta sbagliata. Ho vissuto gli ultimi giorni li pensandomi gettata da quella stessa finestra del terzo piano e liberata finalmente da tutto quello che stavo vivendo. É cominciato tutto al secondo anno, quando stanca di passare le ricreazioni in bagno, ho deciso di perdere peso, non che fossi grassa, ma perché il magro in quella scuola piaceva a tutti. Cominciai il terzo anno piena di nuove ambizioni, persone che mi parlavano e persone che volevano essere mie vicine di banco, finalmente avevo amiche, amici e fidanzati. Da li tutto però mi sfuggì di mano, la gente che mi stava vicino voleva solo farsi vedere con me, non gli interessavo per nulla e così che continuai a perdere peso per voler acquistare l'amicizia, niente sapendo che era inacquistabile, non era per me, ragazza del sud, destinata ad essere terrona. Cominciai così a fumare e a tagliarmi, l'unico obiettivo era cercare di punirmi per non essere accettata, arrivai un giorno in classe con il braccio destro edematoso e pieno di tagli, tutti i compagni se ne accorsero preoccupati, i professori fecero finta di non vedere nonostante un ragazzo lo disse esplicitamente che avevo il braccio mal messo.quel giorno all'ultima ora scoppiai a piangere e al suono della campanella corsi a prendere l'autobus che mi avrebbe portato lontana da tutto e tutti, spensi il cellulare, ma fui ritrovata da mio padre che mi riportò a casa. Arrivata al mio nido, miaadre piangeva, lei é rimasta dal terzo anno al quarto appesso alla mia forma di depressione che aveva il nome di anoressia. Il malessere si esprimeva con la voglia di tagliarmi, poi si trasformò nella voglia di stare al buio, poi nella voglia di non mangiare e correre fino a che nom vedevo piú per poi finire con una bella sigaretta, la voglia di avere sempre un ragazzo attorno. Quest'ultima cosa mi fece compiere un grosso errore, andare a finire in casa di un ragazzo di 9 anni piu grande di me, io ancora minorenne, che al primo no, minacciò di uccidermi, cercò dapprima di strangolarmi, poi di soffocarmi con un cuscino e poi non ricordo piu nulla, solo che ero senza vestiti che piangevo all'angolo della stanza. Mi ricordo che ho passato i giorni a seguire chiusa in casa nel buio di camera mia, senza mangiare, dicendo che mi sarei uccisa perché nom avevo nulla da perdere. Infatti persi tutto, ma perché non avevo mai avuto niente, da quella terra arida e restia della pianura padana. Rischiai di essere il.secondo suicidio in quella scuola.

Dom

08

Gen

2017

Lui non sa come mi sento

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Mi sono veramente rotta i coglioni di tutto.

Lui non si rende conto che in questa casa non è da solo e ci sono anche io. Ho 24 anni e lui ne ha 36. lavo, faccio le pulizie, stiro, mi occupo di tutto ciò che serve in casa.

Non gli faccio mancare nulla e la stronza sono io. Ora è malato con l'influenza e mi colpevolizza di essere uscito per andare a comprare il necessario per il sushi che voleva fare stasera. Io manco lo mangio il sushi visto che sono vegetariana...ma la colpa è mia. Non l'ho mai tradito nè intendo farlo....sul suo computer continua a tenere le foto delle sue ex della Bielorussia solo perchè gli mancano....allora la mia domanda è...che cazzo stiamo insieme da 10 mesi se pensi ancora a loro e le suddette continuano a scriverti? che cosa siamo noi?

Fino a 10 mesi fa avevo poco, ma avevo tutto...ora ho tutto ma mi sembra di non avere nulla....

soffro di una forte depressione dovuta a una malattia degenerativa che ha colpito i miei occhi....ho subito abusi dall'ex compagno di mia madre, sono stata vittima dell'anoressia e della bulimia.... Pensa che per me sia facile? Mi sento rispondere che a vedermi triste sta ancora peggio....ma lui lo sa come sto io? non può nemmeno immaginare cosa ho fatto per lui....Non posso nemmeno più vedere la mia famiglia perchè lui non li sopporta e dice che mi condizionano.... a 36 anni ragionerei in un modo più maturo.... Non riesco nemmeno a capire perchè si sia arrabbiato quando i suoi mi hanno regalato una collana al mio onomastico....è geloso del rapporto tra me e i suoi genitori.... Deve crescere....

Se sapesse come mi sento ora.... non riesco ancora a perdonarlo per  ciò che ha fatto il 17 luglio....mi ha distrutto il cellulare sbattendolo al suolo (un regalo dei miei) perchè in un momento di euforia dovuta all'alcool e dopo avermi paragonata ad una sua ex gli ho tirato uno schiaffo e gli ho detto che non era un vero uomo....forse la colpa è mia....ma da quel giorno le cose non sono più state le stesse....

Grazie per  l'ascolto....

Sab

27

Ago

2016

La perfezione non esiste

Sfogo di Avatar di ragazzasilenziosaragazzasilenziosa | Categoria: Gola

Ho 16 anni, peso 45/46 chili (credo) e sono alta 1,58 m. Sono stata anoressica per meno di un anno e adesso sono bulimica. Nel periodo in cui volevo costantemente dimagrire ero arrivata a pesare 41/42 chili in pochissimo tempo. non dimenticherò mai le ore in palestra, i pasti di 100 calorie, la soddisfazione che provavo per me stessa quando da 100 riuscivo a mangiarne 60 o 30 perchè mi autoconvincevo di non avere fame.le abbuffate che duravano ore. era una vera e propria malattia. mi sentivo in una bolla dove c'eravamo solo io, la palestra, le calorie e il cibo mio nemico. l'ho ripetuto tante volte a chi mi ascoltava, spesso sono stata io che avevo un disperato bisogno di raccontare le mie sensazioni e quello che provavo a qualcuno. avevo necessario bisogno di qualcuno che mi stesse vicino, che attraverso i miei racconti capisse come mi sentivo, ma negli occhi di chi mi ascoltava vedevo pena, compassione, vedevo incredulità (negli occhi di mia madre). quando guardavo mia mamma leggevo nei suoi occhi : "ma perchè lei parla in questo modo? come è possibile dire quello che dice lei?". quando  mi aprivo con lei mi sembrava sempre di parlare arabo. non penso che mi abbia mai capita, lei non ha mai capito che il mio riflesso non è mai piaciuto a me stessa. le mie gambe grandi, i polpacci enormi e i fianchi larghi non sono mai stati parte di me. l'immagine che avevo di me stessa nella mia testa non rispecchiava la realtà: volevo essere in un modo e ne ero in un altro. non ho mai pensato di voler essere Megan Fox sia chiaro, ma con qualche piccola modifica del mio corpo e del mio viso magari mi sarei piaciuta. tutti hanno il diritto di piacersi, perchè io no? ero determinata a piacermi e avevo un obiettivo, ma il momento in cui questo obiettivo è diventato l'unico della mia vita non lo ricordo ed è arrivato all'improvviso. pensavo solo e unicamente a dimagrire, era diventata un'ossessione. avevo scambiato la bellezza di stare con le mie amiche con la soddisfazione di vedere i pantaloni che mi andavano sempre un po' più larghi. ero meno vogliosa nel conoscere un bel ragazzo piuttosto che passare le ore in palestra. non ero più un'adolescente. ma nei primi mesi ero felice, non mi rendevo conto che la vera me stava sparendo e al suo posto arrivara una me malata. non sono mai stata coì determinata nel fare qualcosa, amavo avere il controllo su tutto, ovviamente su tutto quello che potevo controllare, ovvero la palestra e le calorie, ma anche il cibo, che ho anche e sempre cosiderato mio nemico perchè spesso perdevo il controllo su di esso. come ho già detto vivevo in una bolla, una costante fare di trans in cui non mi accorgevo di quello che mi accadeva intorno. quando la mia bolla di vetro ha cominciato a creparsi le cose sono andate a peggiorare. dentro di me stava avvenendo una lotta che non mi rendevo neanche conto di combattere all'inizio. Io volevo rinascere, volevo riaquistare il controllo del mio corpo, perchè tutto il controllo che esercitavo sul cibo eccetera non ero Io ad averlo, ma era la mia malattia che lo aveva su di me. di questo me ne sono resa conto più in là. cominciavo a notare i miei capeli che cadevano e che erano molto sfibrati, le mie occhiaie che erano nerissime, il mio pallore, le mie ossa sporgenti, le unghie che si spezzavano, la mancanza di memoria, la difficoltà nel parlare e nel reggere una conversazione normale. mi rendevo conto di stare veramente male,e non riuscivo ad uscirne. piangevo, mi disperavo, incolpavo Dio e chiunque mi passasse per la testa in quel momento della mia malattia, nessuno mi diceva perchè era toccata a me una malattia così brutta, cosa avevo fatto di male per maritararmi tutto questo male. pensavo di aver passato il periodo più brutto della mia vita, non credevo esistesse un male peggiore a quello che avevo provato per mesi. invece mi sbagliavo, un male peggiore esisteva e lo sto provando. sono uscita dall'anoressia per nessun miracolo, ma solo grazie a tutti gli sforzi che ho fatto. una delle persone che potrei ringraziare è la mia psicologa che mi ha aiutata a capire me stessa, mia mamma che mi è stata vicina nonostante l'immenso dolore che provava nel vedermi in quel modo e non poter fare nulla per aiutarmi, e mio padre che ha pagato per aiutarmi a guarire, ma che allo stesso tempo non riusciva a guardarmi in faccia perchè per lui era guardare sua figlia che stava morendo. ho visto la debolezza di mio padre in questi mesi, un lato che lui non mi avrebbe mai voluto far notare. quando mi chiamava al telefono mi sembrava sempre che per lui ogni saluto fosse l'ultimo perchè da un momento all'altro me ne sarei potuta andare. chiudeva quasi sempre la chiamata con la voce incrinata dal pianto e io non potevo che essere triste per questa situazione perchè mi sentivo impotente di fronte alla malattia e piano piano, prima della guariggione, iniziavo a pensare che non ce l'avrei mai fatta ad uscirne fuori. ho detto basta più delle volte che sono disposta ad ammettere, e spesso ho pensato di arrendermi,ma non l'ho mai fatto veramente. 

Mar

23

Ago

2016

S.O.S-vi racconto la mia vita

Sfogo di Avatar di stufastufa | Categoria: Ira

Questo post è chilometrico, ma chiunque avesse la pazienza di leggerlo avrebbe tutta la mia gratitudine. Non sono mai riuscita a farmi capire da nessuno, e lo so che allora è un po' stupido riversare la propria sofferenza in internet...ma il sito dice "sfoghiamoci" e allora io lo faccio in grande, no?

 

Sono nata da una madre e un padre che all’epoca avevano rispettivamente 39 e 54 anni. Lei con la terza media, proveniente da una famiglia povera del Veneto e con alle spalle gravi abusi fisici e psicologici da parte di mio nonno materno su tutto il suo nucleo famigliare. Mio padre lombardo DOC, proveniente da un paesino bergamasco dell’anteguerra e orfano a pochi anni di mio nonno paterno; passato per la seconda guerra mondiale nei primi anni della sua infanzia dato che è nato nel 1938. Queste condizioni sfavorevoli di vita li hanno portati a essere persone problematiche: ansiosi, angoscianti, freddi, sfiduciati e degli incompetenti emotivi totali. Mio padre non ha mai fatto carezze, dato baci o scherzato su qualcosa, non ha mai fatto un regalo se non precedentemente concordato; mia madre faceva qualche carezza, ma era sempre cupa e vittimistica, e passava il tempo a lavorare o andare a messa e confessarsi, dato che era cattolica estremista.

 

Nonostante ciò hanno fatto subito un figlio quando si sono conosciuti (mia madre aveva 19 anni…), poi per vent’anni basta, niente più figli, finchè alla soglia della menopausa precoce di mia madre, in quello che mi hanno detto essere stato l’ULTIMO dei loro tristi rapporti sessuali, sono stata concepita per errore.

La prima accoglienza che ho ricevuto in questo mondo, la prima emozione che ho sentito, anziché la classica gioia di due persone che stanno per diventare genitori, sono state la paura terribile di mia madre e la proposta di mio padre di abortire. E il fatto che lei abbia voluto tenermi solo per fare un dispetto a mio padre e perché aveva paura di andare all’inferno se si fosse presa delle libertà col suo embrione… non è di grande consolazione.

Poi se ne sono fatti una ragione e si sono buttati nell’impresa di crescere un altro bambino cadutogli fra capo e collo, ma intanto il danno era già fatto. Da che sono venuta al mondo, già dalla prima settimana in ospedale, mi sono rifiutata di mangiare. Ero deboluccia e non avevo la minima voglia di crescere come gli altri bambini, non passava più di un mese senza che mi venisse qualche malattia. Al nido e all’asilo piangevo e vomitavo tutte le mattine. Vivevo in simbiosi con mia madre, che mi “amava” ma al tempo stesso mi avvelenava col suo attaccamento perverso, con la sua ansia, con le sue paure irrisolte. Ora so che soffriva di depressione clinica e con tutta probabilità anche di psicosi, ma nemmeno questo è granchè consolante. All’epoca non lo sapevo e per me lei era una figura d’attaccamento mostruosa, una fonte di affetto tossica, da cui però dipendevo. Tutte le sere prima di dormire mi raccontava le atrocità che faceva mio nonno alla famiglia, mi faceva guardare i film horror, riteneva normale che io alla richiesta di disegnare “la mia famiglia” producessi una schiera di crocifissi.

Mio padre, invece, era ed è sempre stato assente. A volte provava a giocare con me, ma forse non ne aveva granchè voglia o si sentiva stanco e impacciato, perciò non ci si impegnava molto. Lavorava tutto il giorno, e anche mia madre ha ripreso a lavorare tutto il giorno quando io avevo pochi mesi. Sui suoi diari c’è scritto che ero una bambina buona, socievole, che non cercava granchè le coccole ma intanto saltava in braccio agli sconosciuti. Io aggiungo che già allora dimostravo di essere sveglia e intelligente, che ero curiosa di tutto e mi piaceva scoprire il mondo. Non ero granchè bella ed ero sotto gli standard di crescita normali, infatti credo che lo sviluppo dell’intelligenza sia più che altro una reazione al fatto di non essere ammirati per altre qualità come l’altezza o l’aspetto fisico. Non so se sia così per tutti, ma per me lo è stato di sicuro.

Cercavo in ogni possibile modo di essere amata, di ricevere quell’amore pulito e incondizionato che i bambini dovrebbero avere, e che io non ho mai conosciuto. L’amore che ricevevo era sempre legato a qualcosa che facevo o non facevo, mi veniva detto di darmi una calmata, di smetterla di piangere e star male, di star seduta e buona, di “mettermi nei panni di mia madre” ecc. Mio fratello, ormai grande, è uscito di casa quando io avevo 4 anni, enfatizzando la depressione e l’isteria di mia madre e inasprendo il clima famigliare.

La casa che ricordo è un appartamento che nessuno puliva, pieno di giochi e libri e quindi di stimoli cognitivi (non posso dire che i miei genitori me li abbiano mai fatti mancare), ma pieno anche di inquietudini e odio e vuoto di stimoli emotivi. Mentre io ero una bambina estremamente sensibile, che avrebbe preferito di gran lunga usare il canale emotivo e corporeo più che quello logico.

Appena ho imparato a parlare sono stata tirata in ballo nei litigi di coppia; appena ho avuto la schiena abbastanza dritta per reggermi su un seggiolino della bici sono stata sbolognata tutto il giorno all’asilo nido e poi all’asilo, e quindi fino a sera da mia nonna. Mi sentivo abbandonata e tradita, ma all’epoca queste emozioni non avevano questi nomi. Venivano fuori sotto forma di sintomi psicosomatici e di un senso di dolore e oppressione terribili, che mi facevano scoppiare a piangere disperatamente non appena qualcuno mi spaventava o mi criticava. Perché, pensavo, se non si accorgono nemmeno di me, se non conto abbastanza da valere un po’ del loro tempo, allora sicuramente sono io che ho qualcosa che non va.

Già allora avevo problemi coi coetanei. Da una parte ero un esserino giocoso ed espansivo, coinvolgevo tutti in giochi di ogni tipo e, devo dire, molto fantasiosi; dall’altra ero estremamente insicura e mi appiccicavo tutto il giorno alla porta a vetri per vedere se arrivava la mamma. Questo era dovuto al mio non sentirmi abbastanza amata, ma soprattutto al bisogno patologico che mia madre aveva instaurato nei miei confronti: mancandole il primo figlio e odiando il marito, io ero diventata il suo unico appoggio affettivo. E così si aggrappava a me, in un’età in cui se tiri troppo forte si spezzano le braccine e le mani. Non sono mai riuscita a reggere tutta la sua ombra, ma al contempo avevo un disperato bisogno di guarirla, volevo che stesse bene e che sorridesse, e che mi volesse bene… e nell’ideale di onnipotenza che hanno tutti i bambini, probabilmente mi ero messa in testa che era colpa mia se lei non stava bene, che se mi fossi comportata meglio o adeguata a ciò che mi chiedeva, allora avrei potuto operare il miracolo. Ovviamente non è stato così. Ma quella bambina di pochi anni crede ancora di poterlo fare, di essere la causa delle malattie mentali di una madre che a sua volta è stata maltrattata e abusata dalla famiglia.

 

Inevitabilmente, insieme alla voglia di prendermi cura di lei, in un’età inappropriata in cui avrei avuto io per prima bisogno di cure, è germogliato un senso potente di risentimento e di rabbia nei confronti di questa famiglia incompetente che mi lasciava maltrattare dalle suore (forse il termine corretto è abusare, dato che suor Giuliana mi portava in una stanza vuota, mi tirava giù i pantaloni e mi sculacciava per vari minuti sulla pelle nuda; oppure mi metteva al centro della classe e ordinava agli altri bambini di umiliarmi finchè non avessi smesso di piangere), che mi lasciava soffrire senza offrirmi un appoggio sicuro e fingeva di non vedere il mio dolore -o forse non lo vedeva davvero-, che mi diceva che il mio malessere era una sciocchezza, che mi faceva dubitare di me stessa e di ciò che avvertivo dentro di me (ancora adesso ho un grande bisogno che le persone mi credano quando gli dico le cose, tanto che mi sento in dovere di spergiurargliele anche quando sono vere e quindi sembra che io stia raccontando cavolate…), che non offriva nessun tipo di contenitore e di esempio per la mia personalità in formazione.

Credo sia per questo che dentro di me c’è sempre stato un lato libero, indipendente e selvaggio; e insieme un altro molto instabile e impaurito, tipico di chi non ha avuto delle fondamenta stabili all’inizio della sua vita. La terza cosa che è nata in me in quel periodo, oltre al desiderio di guarire la mia famiglia e all’odio, è il senso di colpa per non essere riuscita nel mio intento. E’ da lì che nasce la mia idea di essere sbagliata. Non sono riuscita a compiacere la mia famiglia abbastanza da farmi desiderare e amare… abbastanza da farmi quantomeno accettare per quello che sono… e quindi ne ho concluso che se nella mia vita qualcosa va male l'imputato sono sempre io.

Dopo l’asilo è arrivata la scuola. A scuola stavo bene. Facevo amicizia abbastanza facilmente, ero più sicura che all’asilo, mi piaceva studiare e mi stavano simpatiche le maestre. Le elementari sono state effettivamente il periodo più tranquillo della mia infanzia. Avevo dei momenti in cui ancora piangevo a dirotto o manifestavo un’insolita timidezza, però nei miei ricordi sono molti di più i momenti belli di quelli negativi. Il mio disagio si era momentaneamente addormentato e veniva fuori solo nei disegni e nelle tematiche macabre dei miei giochi. Il resto erano compiti, attività in classe, intervalli in giardino. Ero molto creativa, molto brava in tutte le materie (tranne educazione fisica, cosa comprensibile dato che la mia famiglia non ha mai considerato il corpo o l’ha mortificato, e mi diceva sempre di star seduta e non essere “irruenta”, anche se magari stavo facendo una semplice corsa per casa o al parco come fanno tutti i bambini…). Non sono sicura che siano nati qui i primi problemi di invidia dei miei compagni verso di me, ma probabilmente dalla quinta elementare ho iniziato a rendermi conto che io ero più avanti degli altri e che se “esageravo” nel mostrare la mia intelligenza loro ci rimanevano male e mi escludevano.

Questa cosa è invece esplosa alle medie, soprattutto gli ultimi due anni. Le medie sono state in assoluto il periodo peggiore della mia vita. Nei primi mesi no, non ancora, perchè ci dovevamo tutti ambientare e a me piaceva l’idea di studiare materie un po’ più “difficili”, anche se in classe quasi sempre mi annoiavo dato che la mia testa correva avanti e (senza falsa modestia) molte cose le sapevo già. All’inizio infatti alzavo la mano continuamente per rispondere alle domande, facevo temi lunghi e dettagliati, sproloquiavo di materie scientifiche e, a parte la solita ora di educazione fisica dove i miei coetanei si prendevano tutte le loro rivincite, ero la migliore della scuola.

E’ stato allora che i miei compagni hanno iniziato a odiarmi. Prima gli davo solo fastidio, col passare del tempo l’intera classe (tranne le mie uniche due amiche) ha deciso che era ora di mettermi un freno. Così tutti hanno iniziato col parlarmi alle spalle, poi in faccia apertamente; a prendermi in giro per qualunque cosa mi mettessi addosso o mi piacesse (poteva essere un libro, un astuccio, una felpa, una musica… qualunque cosa). Non mi invitavano più alle feste, e se io gli portavo comunque un regalo di compleanno loro lo buttavano nel cestino davanti a me; mi scrivevano offese sul banco, mi nascondevano le cose o le buttavano via, una volta sono tornata dall’ora di educazione fisica e ho visto che qualcuno mi aveva vomitato nello zaino. I maschi più violenti mi minacciavano anche fisicamente, chiedendomi se volessi botte, facendo cricca all’ingresso della scuola e spaventandomi quando uscivo. Fra loro e fra mia madre che mi ripeteva continuamente di quanta gente ci fosse nascosta dietro i cespugli pronta a saltarmi addosso, il semplice tragitto casa-scuola per me si trasformava in un bagno di paura.

Il risultato è che io mi sono isolata sempre di più e, come difesa, ho idealizzato la mia intelligenza. Mi ritenevo un essere superiore, troppo particolare per scendere a patti con gente del genere e col loro mondo fatto di parolacce, fotografie di attori, sputi, bigiate e minacce. La mia prima adolescenza è costellata di ricordi solitari, di me che mi chiudevo in classe a leggere anche quando c’era l’intervallo, di me da sola nella mia stanza che facevo i compiti e mi intrattenevo con le mie fantasie, di me che scrivevo e vincevo premi letterari e partecipavo a show televisivi, ma intanto non avevo praticamente nessuno con cui parlare senza essere giudicata, senza la preoccupazione di dover essere “simpatica, easy, una ragazzina come gli altri”.

 

Quello è anche il periodo in cui ho ricevuto un sacco di critiche sul fatto che ero troppo seria, che dovevo muovermi a farmi degli amici e uscire per fare “cose da ragazzi” con loro, che dovevo vestirmi da adolescente e ascoltare musica da adolescenti e -per piacere!- non eccellere in ogni cosa, altrimenti tutti mi avrebbero odiato a morte!

E io invece, col carattere guerriero che ho, anche se dentro ero spezzata in due e mi sentivo triste come non so cosa, ho perseverato nel prendere tutti voti massimi, nell’ascoltare la musica che volevo e nel vestirmi come cavolo mi pareva. Era quel meraviglioso periodo in cui non accettavo di scendere a patti con le critiche. Non mi scivolavano addosso: le prendevo tutte in pancia come delle frecce e mi ferivano tantissimo, ma quantomeno non gli sottostavo. In quel periodo ho iniziato ad andare dalla psicologa, perché non sapevo dove sbattere la testa e mi sentivo un alieno totale rispetto al mondo che mi circondava.

 

A scuola era uno schifo, tornavo a casa e trovavo una situazione sempre più degenerata, con due persone ormai quasi estranee che si urlavano contro e mi coinvogevano nei loro meccanismi malati; con mio fratello distante e con un figlio da crescere, un fratello a cui non veniva detto mai niente su quello che stava succedendo in casa; senza un vero amico se non quelli che stavano dentro la mia testa e senza nessuno che mi desse un esempio o un modello da seguire.

La psicologa è stata una benedizione per me, e probabilmente grazie a lei ho imparato ad avere fiducia nella psicologia. Mi ha aiutato a finire le medie senza rimanerci secca, anche quando i miei compagni sono passati dalle parole ai fatti e, l’ultimo giorno di scuola, mi hanno lanciato un banco addosso. Anche quando per urlare il mio odio ai miei genitori e al mondo ho bevuto un flacone di detersivo e sono finita in ospedale. Quando finalmente è passato quel periodo, ho fatto un anno di liceo classico, buttandomi nello studio in un modo talmente maniacale che sono crollata appena finito un semestre. La situazione a casa era sempre peggio. Litigavamo tutti con tutti, tutti i giorni. Mia madre faceva gesti teatrali come inseguirmi con un martello o lanciare oggetti per terra, mio padre faceva la “roccia” e la ignorava, facendole venir voglia di strillargli dietro ancora di più per smuoverlo e fargli dire qualcosa (un comportamento che purtroppo capisco, dato che lo sto attuando pari pari a mia volta…).

 

Io mi chiudevo nella mia camera e scrivevo. Nell’estate tra le medie e il liceo ho scritto il mio primo romanzo, senza dire niente a nessuno. I miei genitori non hanno saputo niente, se non quando un editore l'ha pubblicato a proprie spese tre anni dopo… quando l’ho finito ho brindato da sola con me stessa, in cucina, nel buio della notte. E' stato il momento più felice della mia vita.

Mi ricordo tantissimo, ma proprio sulla pelle, quanto soffrivo in quel periodo a causa della mia età. Nessuno mi dava retta perché dicevano che ero troppo giovane, ero minorenne e quindi per lo Stato non esistevo e non potevo firmare da nessuna parte, quando scrivevo su internet mi scambiavano per un troll che si “spacciava per una ragazzina”. Mi sono sentita dire che le mie poesie erano troppo complicate e troppo tristi per una della mia età, che le femmine non devono scrivere cose così paurose o violente, che sembravo depressa o autistica, che mi dovevo vivere la mia vita e imparare a godermela. Tutto questo ovviamente detto da gente che non aveva la minima idea di quanto fosse vasta la gamma delle emozioni che provavo, di quanto fossi sensibile e di come godessi di cose che loro nemmeno capivano, come l’estasi della bellezza di una musica, trovare un buon libro in biblioteca, stare nella natura che mi è sempre piaciuta da morire, stare coi miei due amici a PARLARE di noi stessi e condividere le nostre giornate e il nostro affetto, anziché a ubriacarci e drogarci.

 

Mi piaceva viaggiare, mi piaceva vedere i quadri e i musei, adoravo leggere e giocavo ai videogiochi (di tutti i tipi, dai medievali e fantasy al simulatore d’aerei) come se non ci fosse stato un domani. A guardarmi da fuori adesso, a distanza di tempo, avrei detto a me stessa che ero una ragazza assolutamente normale, che magari si vestiva con tute larghe o maglie etniche anziché stivaletti e calzamaglie, che traeva nutrimento e vita da cose più “mature”, che era un po’ taciturna ma quando si trovava nell’ambiente che le piaceva allora si trasformava nella più solare delle persone.

Ma allora ero davvero convinta di essere diversa, e dannata. Non sapevo cosa fare per piacere di più agli altri, non sopportavo più di vivere in casa coi miei genitori, non sopportavo la mia vita. Ho iniziato un altro periodo di protesta verso la mia famiglia, con un comportamento anoressico che in realtà era un vero e proprio sciopero della fame, in cui mi sono ridotta a poco più di 30 kg e sono finita di nuovo in ospedale con la chiara intenzione di morirci.

Ma non è successo. In ospedale è scattato qualcosa e ho ripreso a mangiare. Sono andata a casa e ho espresso chiaramente ai miei che me ne volevo andare. Ho preso possesso dei soldi che mi aveva lasciato mia nonna e a 16 anni ho comprato una piccola casa, la MIA casa. Ho trovato lavoro in panificio, cosa che mi costringeva ad alzarmi all’alba e spararmi tre ore complessive di treno e pullman al giorno, ma ero felice. Vivevo come volevo io, mangiavo quello che mi piaceva (ero vegetariana da un paio d’anni e mia madre era sempre stata contraria a questa scelta), potevo usare i soldi che guadagnavo per tutto quello che mi serviva. I primi tempi ho avuto paura di non farcela, mi sono scontrata con le bollette da pagare e il fatto che io non potessi avere un conto in banca poiché minorenne; con la solitudine di una casa vuota, col fatto che ovviamente la gente non si risparmiava i commenti sul fatto che solo una disadattata o una sfigata va a vivere da sola a quell’età…

 

Dopo un anno e mezzo di quella vita, ho deciso che lavorare andava bene, ma forse era meglio anche finire le superiori e prendermi un diploma. Così ho messo in pausa il lavoro serio e ho fatto solo lavoretti saltuari, mentre recuperavo gli anni come privatista. E’ stato davvero, davvero difficile. Ero stanca morta, avevo pochi soldi, ma ce l’ho fatta comunque. Sono uscita con 97 su 100.

Il diploma mi aveva caricato molto. Ormai mi ero stabilizzata in casa mia, stando separata dai miei genitori riuscivo a parlarci di più, avevo deciso che avrei provato il test di medicina e che intanto per quell’estate avrei fatto una festa e viaggiato. La festa del diploma è stato l’ultimo momento di pace che ricordo. Eravamo tutti nel giardino a casa di mia madre, con fiori e candele, un sacco di cibo e persino un illusionista che avevo invitato per intrattenere gli ospiti. Ho delle foto di tutti noi con corone di foglie in testa e dei bellissimi sorrisi, sorrisi che non ho mai visto nella mia famiglia.

E poi la mazzata, perché quell’anno del cazzo era il 2011. L’anno in cui ho fallito il test di medicina per un punto e mezzo. L’anno in cui non sapendo cosa fare come università, anche perché quasi tutte erano col test di ingresso e ormai le date erano passate, ho deciso di trasferirmi vicino a Bologna per fare erboristeria e ho affittato la mia preziosa casa a un ragazzo che si è rivelato essere un delinquente. L’anno in cui la mia famiglia mi ha taciuto il tumore mortale di mia madre, per abbastanza tempo da farmi portare tutte le mie cose a centinaia di chilometri da Milano per poi farmi cadere dal pero in una serata di settembre, quando l’ho trovata in bagno che vomitava feci e siamo corsi immediatamente in ospedale, e allora sono stati costretti a dirmi cosa stava succedendo.

 

Immaginatevi me, in una casa in affitto in Emilia-Romagna, che inizio un’università nuova senza il minimo appoggio morale di nessuno, e intanto provo a cercare lavoro a Bologna, e nel mentre vengo a sapere che mia madre sta morendo e che il mio inquilino, che non mi paga e mi sta sfasciando la casa, va sfrattato con una procedura legale lunga e costosa.

Le uniche cose che mi hanno salvato in quel periodo sono state la scrittura e la spiritualità. Frequentavo un gruppo neopagano, una cosa che mi ha arricchito molto e che mi ha aiutato a pensare alla morte come una porta che da un’esistenza conduce a un’altra. Che mi ha aiutato a vedere un po’ di magia e di sacro in ogni angolo del mondo e in ogni stadio della vita umana, anche quelli più difficili.

Mia madre è morta quasi subito, il giorno di Natale del 2011. Sono stata io la prima a trovarla morta. Già da un bel po’ le somministravano morfina e quindi non si rendeva conto delle cose, ma ricordo che quella mattina aveva gli occhi perfettamente assennati, anche se immobili, e un’unica lacrima che le scendeva da una palpebra. Sono sicura che si sia resa conto di cosa stava capitando. Proprio il giorno dopo è morto anche il mio coniglietto, dopo dieci anni di onorata vita. Ho sempre detto che me li immagino insieme nell’aldilà, con lei che cerca il trifoglio per il suo piccolo amico. Finalmente libera. Finalmente sana. Finalmente se stessa.

 

Io ho retto il colpo abbastanza bene, anche se pure a distanza di anni continuo a piangere. Credo invece che mio fratello non si sia più ripreso. Nella mia famiglia le donne non sono mai state molto considerate e il loro “posto” è sempre stato la pelatura delle patate in cucina, ma sotto sotto tutti i maschilisti venerano la propria madre e, in sua mancanza, affibbiano le sue competenze (anche affettive) alla diretta erede. Cioè io. L’ultima donna rimasta fra i parenti stretti.

Questo è un ruolo che io ho rifiutato subito. Secondo i fratelli di mia madre, io avrei dovuto prendermi cura di loro come faceva lei, anche se ormai sono belli che adulti; secondo mio fratello, io avrei dovuto fare la badante di mio padre e prendermi cura di lui ora che lei non c’era più, nonostante loro due si fossero detestati apertamente e negli ultimi mesi prima che lei si ammalasse avessero (finalmente!) scelto di vivere separati anche se la religione cattolica vieta il divorzio.

Io ho detto a tutti che nessuna di queste “mansioni” mi passava nemmeno per la testa.

Sono tornata a Milano, sentendomi dire da mio fratello che ero una pazza che non finiva mai quello che portava a termine (eh sì, contorto il ragazzo… da una parte voleva che io mi prendessi cura di mio padre, ma dall’altra non gli stava bene che io tornassi a Milano. Bah). Ho trovato un lavoro che pagava bene e ho preso una casa in affitto in città, nel mentre che sfrattavo l’inquilino imbecille.

E intanto ho provato, per la seconda volta, il test di medicina. Però stavolta ho voluto andare sul sicuro e ho fatto anche quelli di professioni sanitarie e di psicologia, sperando che almeno in uno sarei entrata…medicina no. Inarrivabile. Ma sono entrata negli altri due, fisioterapia e psicologia. E ho scelto psicologia. Così sono passati i miei primi due anni di università, un anno con un po’ di lavoro, poi un periodo senza lavoro, poi un periodo massacrante di lavoro in un ristorante in cui ho perso un sacco di esami. La vita non andava bene, anche se avevo pubblicato il mio secondo romanzo, facevo teatro ed ero riuscita a riprendere possesso della mia casa. Non ero riuscita a farmi un solo amico all’università, odiavo Milano e abitavo comunque a più di un’ora di treno+pullman dalla città. Mi sentivo isolata e molto, molto sola.

 

E’ stato in quel periodo che ho conosciuto su internet un’amica torinese. Siamo entrate subito in sintonia, eravamo molto curiose di conoscerci e scambiare esperienze. Lei era una persona un po’ triste e anche lei con una famiglia del cavolo, ma abbiamo allacciato subito una di quelle amicizie intime, brucianti, praticamente da sorelle. Dunque mi sono trasferita a Torino a finire la triennale, sia perché avevo sentito parlare bene dell’università di psicologia e avevo l’intenzione di farci la magistrale, sia per stare vicino a lei. Ho fatto abbastanza fatica coi documenti per l’università, ho fatto una grande fatica a dirlo a mio padre e a mio fratello.

 

Entrambi erano assolutamente scettici sul fatto che io finissi l’università, mio fratello mi ha proprio detto in faccia che tanto sarei tornata a Milano dopo qualche mese con la coda fra le gambe, proprio com’era successo con Bologna. Ma non l’ho fatto. Ho affittato prima una mansarda in centro e poi una casa più grande, dove sto scrivendo in questo momento. Ho incontrato finalmente delle amiche serie che facevano psicologia come me, e con loro posso dire di aver vissuto veramente i momenti di apprensione, follia e giovinezza della vita universitaria. Penso che loro, in particolare una, siano state le uniche persone al mondo ad accettarmi veramente, con tutti i miei casini e il mio passato problematico, senza volermi aggiustare, cambiare o distruggere.

 

L’anno scorso mi sono messa a dare esami a raffica per recuperare il tempo perso e riuscire a laurearmi. Ho ottenuto il mio risultato, mi sono laureata in corso e con un voto più che dignitoso. Ma intanto mi sono lasciata indietro un sacco di momenti di vita, di rapporti umani non vissuti, di giorni sereni che ho riempito solo con ansia e stress.

Mio padre e mio fratello hanno reagito alla mia laurea con un “ah ok, brava…”. Niente regalo, niente festa. Ovviamente. Non so bene per cosa mi voglia punire mio fratello, so solo che da quando sono a Torino non è mai venuto a trovarmi e non mi parla più nemmeno al telefono. E i suoi figli non vogliono vedermi. Quelle rare volte che ci vediamo dicono che io sono la zia “pazza e strana”. 

E mio padre…ho cercato con tutta me stessa di aggiustare le cose, parlarci, provarci, risvegliare UN MINIMO di calore in lui. Ma non serve a niente. Lo odio. Lo odio in un modo antico, potente, vulcanico che è molto difficile da controllare. Non riesco a starci insieme per più di un giorno senza avere il desiderio di spaccargli la faccia, di ucciderlo pur di rompere quel cazzo di guscio che si è costruito attorno e non lascia uscire né entrare niente, né il calore di un qualsiasi rapporto umano, né le parole, né le emozioni o la vita.

Sto andando nuovamente da uno psicologo da un anno, ma non sento molti miglioramenti e fra noi c’è tantissima distanza. Lo vedo come un rapporto professionale, ma empatico solo a tratti. E sono cambiata, tanto cambiata. L’amicizia con la mia amica torinese si è arrestata quando ho capito che mi faceva più male che bene, perché non era quello che era stato all’inizio: era una relazione a senso unico in cui lei stava sempre male e voleva che io mi prendessi cura di lei (un po’ come mia madre insomma).

Per il resto sono una creatura morta. Ho buttato via i mei vestiti etnici perché ero stufa di come mi guardava la gente quando li mettevo e perché mi ricordavano tutte le prese in giro delle medie, respiro aria orribile, dopo ben 10 anni di felice vegetarianesimo ho ripreso a mangiare la carne solo per fermare quel fiume di gente che ogni volta che mi sedevo a tavola mi faceva il processo sulle carote che soffrono, mi tempestava di domande che non erano curiosità ma frecciate, e augurava il cancro a me e ai miei poveri figli (quali figli poi non si sa, dato che non ne ho e non ne voglio…); che mi dava dell’idiota, della malata di testa, della persona mentalmente chiusa o della puritana.

Ho iniziato a bere e ubriacarmi per lo stesso motivo. Se prima bevevo una birra artigianale o un liquorino ogni tanto perché gradivo il gusto che avevano, l’anno scorso ho iniziato a mandar giù qualunque roba alcolica e ubriacarmi fradicia, girovagando per serate e locali che odiavo, solo perché così sono “come tutti gli altri ragazzi giovani”.

Ho dimenticato completamente la spiritualità, non scrivo più da un anno, non promuovo i miei libri e le mie capacità teatrali non sono state più coltivate. Sto diventando un’ombra, triste, aggressiva, piatta come il resto delle teste di minchia che popolano questa nazione. Non riesco a capacitarmi che qualcuno mi voglia bene e infatti do ingiustamente addosso anche alle poche persone che me lo dimostrano, facendo gaffe bestiali e buttando su di loro i miei sbalzi di umore.

 

Ho 24 anni e mi sento vecchia e stanca, non ne posso più di dover curare la casa, di dover cercare lavoro mentre studio, di dover fare l’adulta e poi passare subito in modalità ragazzina scialla se no ai miei coetanei non piaccio. Mi sento male perché sono l’unica della mia età a non pensare sempre a scopare, non ho un ragazzo o una ragazza, ho una sessualità tutta particolare e non ho ancora trovato nessun partner che la capisca o che veramente sia in grado di volermi bene e instaurare con me una relazione paritaria. Ho bisogno d'affetto come tutti gli altri, anche se sono indipendente e matura, ma i miei coetanei (diciamo pure anche quelli fino a 35) sono dei ragazzini mentalmente limitati, e se sono più in là con l'età mi vedono solo come una dolce "bambina" da fottersi- scusate il francese-.

 

E io, in sostanza, non so più chi cazzo sono.

Ho scritto questo bel papiro perché voglio urlare che le cose stanno così. CHE IO STO MALE, e non è una “boiata”, un “lamentarsi a vuoto”, è un dolore atroce che probabilmente neanche conoscete e io non permetto più a nessuno di sminuirlo dicendo che “boh, forse un giorno passerà, sei così giooovaneeee”. E’ tutta la vita che sto male e io non ne posso più. Non so cosa fare, veramente certe volte non vedo via d'uscita e vorrei soltanto addormentarmi dolcemente.

 

Se sei arrivata/o fino a qui, hai veramente una grande pazienza e probabilmente la curiosità o la voglia di ascoltare e capire. Magari dimmi cosa ne pensi di tutto ciò, che cosa faresti tu… anche solo una riga o due. Mi aiuterebbe davvero, davvero tantissimo in questo momento buio.

 

Grazie mille... 

Mar

29

Mar

2016

ora basta!!

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Ciao a tutti. Questo è uno sfogo, ma non del tipo che generalmente qui si vede, perciò probabilmente sarà considerato fuori luogo, fuori contesto. Non m'importa. Da futura operatrice del settore, mi sento in dovere di farlo.

Qualche giorno fa leggevo lo sfogo della ragazza che vorrebbe seguire una dieta da 600Kcal e ieri, entrando volontariamente nella categoria "Gola" ho notato che la questione riguarda molta gente. Secondo me poi, chi scrive su questo sito, in qualunque categoria, e in particolare chi lo fa avendo dei problemi veri, soffre o e lì lì per soffrire di problemi di alimentazione.

Inoltre ho letto un altro sfogo, quello in cui si citavano proAna e proMia, e presa da curiosità e senso di colpa per la mia ignoranza in un argomento che invece per me non dovrebbe avere segreti, ho visitato questi due blog. Non è necessario raccontarvi ciò che ho letto, perchè potete farlo tutti autonomamente. Mi chiedo solo come mai nessuno abbia mai denunciato legalmente chi si cela dietro quei siti.

In ogni caso, dicevo, mi sento in dovere di dire qualcosa, e non lo farò entrando nelle motivazioni psicologiche poichè non è il mio ambito. Io sono una futura Dietista, e in quanto tale è mio dovere parlare di Medicina.

Sui siti ho letto insulti rivolti a chi non riesca a seguire una delle prime regole: il digiuno. Bene, vorrei far notare che durante il digiuno l'obiettivo del nostro organismo è sempre quello di mantenere una glicemia costante, ed è in grado di farlo, in condizioni di salute, per più di un mese. Come? utilizzando glicogeno epatico e muscolare, poi acidi grassi e infine proteine muscolari. Il risultato è un deciso impoverimento della massa muscolare. E indovinate un po' chi è il principale bruciatore di calorie? Già proprio il muscolo! Quindi, se voi praticamente annullate la vostra massa muscolare il vostro metabolismo basale rallenterà sempre di più, e avrete sempre più difficoltà a dimagrire. Questa è una banalizzazione, nel senso che potrei discutere anche degli effetti che il digiuno ha sul vostro stomaco, sul vostro cervello, cute, cuore, fegato, rene, ovaie e testicoli, e su come le pratiche di eliminazione devastino cavo orale e intestino, ma non mi sembra il caso, non voglio appesantire di più questo post già lungo. E molto di ciò che ho detto riguarda anche diete fortemente ipocaloriche.

Ciò che voglio dirvi è che se, come ho letto, queste blogger vi spronano a raggiungere la perfezione, e per perfezione intendono quel che vi ho sopra descritto, allora vedetelo da voi, c'è qualcosa di sbagliato! Pensateci, è autolesionismo. E leggete tra le righe nelle autodescrizioni delle blogger. Sono persone che non stanno bene, è vero e me ne dispiace, ma è anche gente che vuole sfogare il suo dolore e la sua rabbia su persone sconosciute a cui non vuole bene! Ana e Mia non vogliono il vostro bene|

Gio

03

Mar

2016

agghiacciante....😢

Sfogo di Avatar di spellspell | Categoria: Gola

...ieri sono andata ad informarmi dopo che ho letto uno sfogo...

 lo sfogo parlava della sorella anoressica,la quale andava su dei siti"pro ana"e "pro mia"...nn avevo bene idea di cosa potessero parlare e quindi sono andata a visitarli...l'avessi mai fatto...premetto che io nn la capisco questa "malattia",ma come fanno delle ragazzine ad incoraggiarsi fra di loro dicendosi a vicenda:"domani digiuno collettivo ragazze..."..."tutte insieme per ana"..."quello stronzo di mio padre mi obbliga a mangiare"...."sono stata in ospedale e quei **** dei medici mi hanno fatto prendere15kg!!!voglio tornare40kg"..."ana é sparita dal mio cervello,ana non mi parla più"...."ragazze,facciamo un gruppo su whatsapp così ci confortiamo l'una con l'altra"...

 e ancora,ancora e di nuovo ancora frasi di questo tipo....consigli su come nn mangiare,varie mandate a fere in culo per i poveri genitori disperati altre che nn volevano vomitare e altre ancora consigli su come nn rovinarsi le mani durante l'atto...no,ragazzi,non potete capire...forse facevi meglio a non leggere!

 non so cosa spinga il cervello ad entrare in questo turbine di follia,non capisco proprio...alcuni blog sono stati chiusi perché forse li hanno sgamato,altri nn sono più operativi perché la proprietaria é morta....altri però sono ancora attivi....mi chiedo con rabbia perché oltre a chiuderli non li cancellano del tutto dal web?????poterebbero esserci ragazzine che nonostante il sito nn sia più operativo leggere i consigli folli di queste ragazze!!!!CAZZO!!!CANCELLATELI!!!!ho letto parole da brividi sulle braccia...mi sono messa nei panni di un'adolescente che si vede grassa solo perché il suo sedere non é come quello di belen!!!mi sono sentita impotente leggendo tante cose raccapriccianti!!!mi sono messa nei panni dei poveri genitori...mi é scattata la rabbia per l'immagine che i media danno della donna...sono rimasta schifata dagli studi che ho fatto...disegno donne che sembrano manici di scopa...le modelle disegnate sono tutte anoressiche...se vuoi essere bella nn devi essere anoressica....se vuoi un ragazzo nn devi avere le ossa di fuori...forse ho capito veramente...l'essere belli nn é essere manici di scopa,ma lo stesso mi sale la rabbia per quei blog!

Ven

03

Lug

2015

La mia famiglia mi ha distrutta.

Sfogo di Avatar di HellaHella | Categoria: Altro

Sono depressa, non trovo più la forza per parlare. E mi ritrovo qui. Su un sito assurdo a parlare a degli sconosciuti di come sto morendo dentro.

Mia madre è una persona di merda. Narcisista e con probabili problemi di protagonismo. Mi hai sempre trattata male. Un marito e tre figli e tu non hai saputo farti amare da NESSUNO. Sei una persona vuota. Da piccola cercavo dell'affetto, volevo solo dell'amore, un abbraccio..E tu mi spingevi via, come se un cane rognoso. Non mi volevi. Ci hai trattati tutti male, però c'era il tuo figlio preferito. Il tuo amore. Il tuo tesoro. Il tuo tutto. Fin da piccola sentivo questo peso dentro. Come una lancetta, che scorreva, lenta. Sapevo che, arrivata alla fine, papà sarebbe morto. Il fumo lo ucciderà. Ma tu di più, tu l'hai ucciso, tu lo hai già ucciso. Lo ricordavo così felice, ottimista, pieno di energia. MA TU L'HAI DISTRUTTO. Ti ricordavo con questo broncio, cattiva, arrabbiata, piena d'odio. Non volevi fare altro che riempire tutti di insulti, perchè sei migliore di tutti, sei stupenda, tu. E allora hai distrutto papà. E vederlo riempirlo di insulti, dalla mattina alla sera, vederlo stare male, mi distrugge. Ma stasera, mi sono avvicinata a lui. Volevo solo un abbraccio. E anche tu mi hai tolta dai piedi. "Ma che ti stringi". Anche per te sono un cane rognoso, vero? Anche per te non valgo più un cazzo. Hai cresciuto - anzi, i tuoi tre figli si sono cresciuti da soli. Ed eccoci, tutti e tre depressi. Mi hai messa al mondo e ho dovuto crescermi da sola. Non mangio più, non esco più di casa, non ho più nessuno. Non piangevo..Da quando? Ah, no, non ho mai pianto. Brava, sta sera ci sei riuscita. Hai ucciso anche me. Ce l'hai fatta, i miei complimenti.  Eccomi. Ansia, attacchi di panico. Mi hai tolto la voglia di vivere. Sei così subdola, fai sempre la vittima. Ah, tesoro, non sei la vittima. Sei tu il mostro cattivo, che da piccola si nascondeva sotto al mio letto, che non mi faceva dormire. Sei sempre stata tu il mio mostro più grande. Non ho mai aspettato un orco, l'uomo nero o chissà chi. Aspettavo te, ti ho sempre aspettata. Tu mi trattavi male, da così piccola. E ricordo che piangevo di nascosto, in bagno. Poi, facevo finta di niente. Ma tu lo sapevi. E io morivo, si, io morivo. Mi distruggevo, mi davo la colpa. Lo ricordo, sai? In bagno, quando mi ripetevo, con l'asma e i singhiozzi, 'che ho fatto di male...Non volevo, non volevo, così faccio stare mamma male, la colpa è mia' e tornavo, tornavo da te. E tu mi scacciavi, ancora. Io facevo la stupida e gattoni mi avvicinavo a te sul divano. Tu non ti degnavi neanche di alzarti, a calci mi allontanavi. E buttavi tutti i miei giochi. Neanche a quelli avevo diritto? Ma il colpo è questo! E' che tu dicevi che nonna ti trattava male, da piccola, e che preferiva lo zio, che lei era cattiva, lei qui, lei lì...E adesso? Tratti me nello stesso modo in cui nonna trattava te? 

E pure, lo sai. Lo sai benissimo. Ma sei così vuota, che non t'importa. Vedermi piangere, per la prima volta. E pure, non ti tocca. Hai mandato a puttane tutti i rapporti con la famiglia. Mi hai distrutta. Hai distrutto papà. Hai distrutto i miei fratelli. Hai distrutto tutto e tutti.  

E sarò sempre, sempre, l'unica a volerti ancora bene.

Sempre.

Ma non conta più. Non conta quante volte sono stata male, quante volte mi sono ritrovata alle 5 del mattino sveglia, sul divano, a fissare il vuoto, sperando che quest'ansia smettesse di uccidermi. Non importa quante volte gli attacchi di panico mi hanno uccisa, quante volte ti ho disperatamente chiesto di portarmi da un medico, perchè mamma, io sto male. Ma tu non ti sei degnata, vedendomi piangere, vedendomi soffrire, stasera, di essere una madre. Hai preferito avere ragione. Non hai voluto portarmi da un dottore, oddio...Come si può essere persone così...Orribili? Mi sento morire e non c'è nessuno a salvarmi.

Sedcondo te sono solo malata, per me non c'è cura, e se ci fosse, non me la merito. 

Grazie per avermi distrutta, sono difettosa a causa tua.

Il panico, l'ansia. L'ipocondria.

Grazie per tutte le volte che, a scuola o in qualsiasi altro posto, pensavo di star morendo, qquando mi si chiudeva la gola per gli attacchi di panico e finivo in ospedale e tu non ti presentavi neanche, restavi a casa. E quando tornavo, mi riempivi di insulti.

Grazie quando l'ansia mi divorava e tu mi trattavi come una malata mentale, con tanto di menefreghismo.

Grazie per avermi creato dei disordini alimentari. Mi sentivo, mi sento in colpa. E l'unico modo per sfogarmi è non mangiare. "Non te lo meriti."

Grazie per avermi distrutta così tanto, mamma, che mi sentivo morta, così morta da vivere col terrore.

Grazie, e vorrei volerti ancora bene, ma mi è difficile.

 Scusate gli eventuali errori grammaticali.

Lun

02

Giu

2014

Anoressia

Sfogo di Avatar di ParamoreMistakeParamoreMistake | Categoria: Altro

Devo essere sincera: ho 16 anni, sono alta 1.65 e peso 49 kg. Mi sento terribilmente grassa. Ormsi sono sette giorni che non tocco cibo e devo dire che sono fiera di me. Vorrei solo essere perfetta come le mie amiche: bel fisico, simpatica e carina. Invece sono un mostro. Sono troppo grassa.Sono brutta. Di viso, di fisico, di carattere, di tutto. Non ho personalità. Sono spenta. Sono morta. Sono noiosa. Sono egoista. Sono stupida. Non abbastanza intelligente o carina. Sono il niente, e a nessuno piace il "niente". Proprio a nessuno. Sono stufa di me stessa.

Dom

09

Mar

2014

Vorrei essere solo un ragazzo normale

Sfogo di Avatar di AtrophosAtrophos | Categoria: Gola

Non so cosa scattò in me due anni fa. Niente di cui lamentarmi: eccellente rendimento scolastico,amici fedeli,tanta voglia di spaccare il mondo. Da un giorno all'altro decisi di non mangiare più. Non ero un ragazzo obeso,nessuno mi ha mai dato del ciccione. Non m'importava della linea,delle calorie di un piatto di pasta,di quanti chili sarei dovuto dimagrire per raggiungere il peso forma. Ma qualcosa in me cambiò,quell'inverno del 2012. Iniziò tutto con un fioretto: niente dolci per un mese. I primi chili li persi così,evitando ciò che i ragazzi amano più mangiare,riducendomi a guardare pasticcini,torte e biscotti senza poterne mangiare nemmeno una briciola perché dovevo dimagrire. Sessanta chili erano troppi,bisognava scendere. Mi limitavo a mangiare l'indispensabile per sopravvivere,non riuscivo più ad andare fuori a cena,non assaggiavo un dolcetto,una caramella,non potevo permettermi nessun peccato di gola. E in poco tempo,11 chili del mio corpo volarono via. In un'estate. Cinque chilometri di corsa ogni mattina a digiuno,15 chilometri in bici a digiuno,mattinate intere a digiuno. Non avevo tempo di uscire,no. Dovevo smaltire,bruciare,consumare tutto quello che avevo assunto. Tutto. Ma ormai il grasso era finito e l'esercizio fisico iniziò a divorare i muscoli. Anni ed anni di sport distrutti da tre mesi di anoressia. Non ero più io,non mi riconoscevo. Spalle e schiena curve,gambe storte,costole e vertebre che spingevano con prepotenza verso l'esterno. Pian piano iniziarono a cadere i capelli. Ero diventato di un colorito cereo,vitreo,pallido. Non riuscivo più a fare le scale senza affannarmi. Addio ad ogni interesse,non avevo tempo per coltivarne. Addio agli amici,quelli se li era portati via l'anoressia. Addio alla mia vita. Per me esisteva solo il cibo. Arrivai a pesare 40 chili per 1 metro e 75 centimetri di altezza e soli 13 anni di esistenza. Tutti si preoccupavano,che si chiedevano cosa c'era che non andasse in me,cosa stesse accadendo al ragazzo allegro e spensierato. L'irascibilità e la scontrosità divennero prerogative del mio carattere,odiavo tutti,nessuno mi capiva. Volevo solo essere lasciato in pace,io e la mia malattia. Con l'inizio della scuola un nuovo incubo incominciò. Già,la bulimia è anche peggio dell'anoressia. Da piccole abbuffate una volta a settimana,arrivai a mangiare contemporanemanete formaggio,taralli,dolci e yogurt ogni giorno. A cena non riuscivo a mangiare ed i miei continuavano a crede che fossi ancora anoressico. E arrivai a pesare 57 chili. Mi piangevo addosso,mi chiedevo dove fosse finito il ragazzo che ero,capace di stare a digiuno per giorni,con così tanto autocontrollo. Ora,appena ero solo mi abbuffavo senza ritegno e poi via tutto,niente doveva essere assimilato dal mio corpo. Ed il cibo divenne un amante crudele,per me. Non potevo farne a meno,eppure mi rovinava la vita. Mi vedevo ingrassare senza riuscire a dominarmi,alternavo periodi di digiuno a periodi di abbuffate incontrollate fino a quando non decisi che era tempo di smetterla,fino a quando volli riprendermi la mia vita,quella che l'anoressia e la bulimia mi avevano portata via senza riguardo. E chiesi aiuto,con tutta la forza che mi era rimasta. Conobbi una persona che mi salvò letteralmente,non so cosa sarei ora. Iniziai un percorso con lei e riuscii almeno a controllare regolarmente le abbuffate e a mangiare regolarmente. Ma dall'anoressia non guarisci,no,lei ci sarà sempre,sarà sempre lì,come un'ombra,ovunque andrai. Quell'ideale di magrezza estrema,quella voglia di non mangiare,quel desiderio di leggerezza ti condizioneranno per sempre la vita. No,dall'anoressia non si guarisce. Ma io,io vorrei essere solo un ragazzo normale. Un ragazzo con tanti amici,che mangia quello che vuole,che fa sport per piacere non per urgenza di dimagrire,che vive la propria esistenza. Perché tutto questo è successo a me? Perché non riesco più a vivere? 

Succ » 1 2