Tag: padre
Dom
02
Apr
2017
Io e mio padre
Ok.. io e mio padre abbiamo un rapporto molto strano e sopratutto confusionario e fatto di litigi. Sono un ragazzo di 13 anni e dovrei incominciare ad aprirmi le strade per un futuro mondo del lavoro e ho incominciato a stare con mio padre, in officina chiedendogli se potesse insegnarmi qualcosa sul suo mestiere. Beh.. lui l'ha presa come un vero colloquio di lavoro... mi tratta come un operaio del cazzo, sempre incavolato con me se sbaglio qualcosa mentre lo aiuto... mi chiede di aiutarlo in qualcosa che non mi ha mai insegnato, il primo giorno che arrivai in officina, mi chiese di passargli la pinza a punta, non sapendo cosa fosse, glielo chiesi..La risposta? SEI MIO FIGLIO E NON SAI COS'É LA PINZA A PUNTA?!!!AHHH ESORCIZZATELOO beh una cosa del genere. É gia da un annetto e mezzo che CERCO di impararMI qualcosa sul lavoro arrangiandoMI, senza essere assecondato da mio padre in alcun modo, e poi per il fottuto carattere di merda che ha sempre avuto e che odio, ossia il complicarti la vita pure con i suoi rompamenti di minchia passivi 24h su 24h. Per un periodo di tempo incominciò a spiegarmi qualcosa sul lavoro, per esempio chiedevo: Papá come si fa tutto ciò? Risposta: cose incomprensibili che non ho mai capito. Alternative: se dicevo che non avevo capito mi insultava e incominciava a raccontarmi delle sue avventure da piccolo e che era 1000000 mila volte meglio di me, se dicevo che avevo capito incominciava a sfidarmi dicendo, OK ORA MONTAMI QUESTO CANNONE PLASMATICO VISTO CHE TE L'HO SPIEGATO. Beh comunque 10 volte su 10 non riesco a capire le sue spiegazioni quindi sono vincolato e ho anche paura a rispondere. Una volta incominciammo a parlare senza urla e mi disse che voleva da me un po di passione e cercava quella necessitá di RUBARGLI IL LAVORO. Cosa significa? Essere cosi patito del mestiere cosi tanto da cercare di farlo imparandoselo in 5 minuti. Da un bel pezzo mi rinfaccia questo.. Pero cerco sempre di accettarlo perche alla fine é mio padre..
Mar
07
Mar
2017
essere un bravo ragazzo
sono stufo... stufo della mia vita,stufo dei miei parenti (stretti e non) stufo dei miei compagni che se faccio in religione (essendo ateo) una domanda (anche sensata) come: ''dio non ammazzerebbe mai,ma una volta secondo la bibbia ha allagato il mondo,perchè?'' e tutti nella mia classe: ''macchicciaviiiiii'' (significa ''ma cos'ha?'') io vorrei rispondergli a tono con frasi come ''una cosa che tu non avrai mai,il buon senso e la curiosità di fare domande'' ma non posso... PERCHè? perchè essendo un bravo ragazzo (debole fisicamente ma che verbalmente può mandare avanti una discussione) non posso,perchè la professoressa mi manderebbe dalla preside...
e voi direte: ''eh ma tu se sei tanto bravo sei avvantaggiato'' e io dico ''NO'' perchè i bravi ragazzi (soprattutto se intelligenti e studiosi) NON POSSONO COMMETTERE ALCUN ERRORE,NEANCHE SE PER UNA BUONA CAUSA,PERCHè SE NO DIREBBERO :''TIZIO? MA TU SEI BUONO,CHE HAI COMBINATO?'' mentre se ci va un vandalo qualsiasi: ''ah,di nuovo tu? espulsione...''
è INACCETTABILE! perchè i bravi ragazzi non possono avere gli stessi diritti dei vandali?
e poi si sa,più sei intelligente,più sei triste,e mi capita sempre più spesso di vedere le persone che sorridono e dire tra me e me : ''ma come fanno?'' anche se in realtà lo so;
poi quando una persona qualsiasi soffre o comunque viene ammonita sono: esternamente : ._. e intenamente tipo ''ssssiiiiiii suca bastardo di merda,te lo meriti'' anche se la vittima è un bambino di 3 anni che non conosco.
non lo so,adoro far soffrire le persone o comunque vederle soffrire.
e poi,non so più della mia vita cosa farne...
quando ero più piccolo,mi sentivo il migliore solo a giocare ai videogiochi,ma adesso che tutti mi trasportano in giochi di merda come clash royale o league of legends ,in cui ci sono persone che... non so nemmeno come spiegarlo,io come minchia faccio a sentirmi bravo in qualcosa se ora sto peggiorando pure in quello?
e alcuni maschi mi diranno : ''vabbè dai fatti una bella sega così ti calmi un pò'' e io dico di nuovo ''NO'' perchè :
1:camera ''mia'' è occupata tutto il giorno da mio fratello che gioca a giochi di merda come gta5
2:il mio computer si trova al piano di sopra,sotto la stretta sorveglianza di mio padre quando è sveglio
3:dorme solo di notte e un'ora di pomeriggio,ma a quell'ora devo farmi i compiti
4:se per miracolo non ho compiti e posso cercare del porno,ho comunque solo un'ora
5:se non c'è fretta perchè è fuori ho i suoi uccelli (pappagalli,cardellini,diamantini ecc.) che mi fissano
6:non li posso mettere fuori perchè lui,non si sa come,se ne accorge
7:non posso svegliarmi di notte perchè sto sulla parte alta di un letto a castello e rischio di svegliare mio fratello (se sta dormendo dal momento che gioca fino a tardi)
8:di sabato sera,che posso stare alzato fino a ''tardi'' (1:00) ho troppo sonno per segarmi
9:ho un problema al cazzo
10:se mio fratello non ci fosse lui comunque non mi fa portare il computer sotto
11:non posso portare sotto neanche il telefono
12:non posso andare sotto neanche volendo; perchè? boh.
Inoltre non posso neanche prendere a pugni i cuscini perchè si rompono secondo lui ; ormai la mia gamba è diventata d'acciaio dato che uso quella come sacco da boxe (solo quando non c'è lui perchè,essendo un BRAVO RAGAZZO non devo essere incline alla violenza)
E alcuni di voi diranno: ''e vaffanculo allora tira qualche bestemmione!'' e ancora una volta mi ritrovo tutt'altro che d'accordo perchè nella mia famiglia sono tutti religiosi (a parte me che sono ateo) e dicono: ''non si bestemmia'' e io : ''ma perchè?'' e loro : ''non si bestemmia e basta!''
CAAAAAAAZZO! TI HO CHIESTO UN MOTIVO,NON UNA RIPETIZIONE A PAPPAGALLO! QUELLO è PERFETTO,NON SI OFFENDE,CAPISCE QUANDO UNO SCLERA E LO PUò CAPIRE,NON GLIE NE FOTTE UN CAZZO DI VOI SE ESISTE PERCHè NON SI è DEGNATO DI FARSI VEDERE SE NON DOPO 6 MILIARDI O PIù DI ANNI,VI HA FATTO UNO STERMINIO CON QUELLA PIOGGIA DI 40 GIORNI, PERCHè ANCORA LO DIFENDETE? è SOLO UNO STRONZO DI MERDA CHE TRA L'ALTRO CI HA MESSO IN UN MONDO DOVE IL MALE ESISTE; PERCHè SE è PERFETTO CI FA SOFFRIRE? PENSATE CHE I RELIGIOSI NON SIANO MAI TRISTI? QUELLI Là QUANDO HANNO PROBLEMI,AL POSTO DI AFFRONTARLI SI SBATTONO IN GINOCCHIO A CHIEDERE L'AIUTO DI STO FANTOMATICO DIO CHE IN QUANTO A PROVE DELLA SUA ESISTENZA C'è SOLO ''LA BIBBIA'',CHE è ALLO STESSO LIVELLO DI SPIDERMAN: PERCHè UN FUMETTO NON VALE COME PROVA DELL'ESISTENZA DI SPIDERMAN? NESSUNO NELLA REALTà L'HA VISTO,MA, A DIFFERENZA DI DIO, NESSUNO CI CREDE, PERCHè?
e a sto punto mi direte: ''vabbè,c'è chi soffre di più!'' e io dico ''LO SO''...
è per questo che mi sento in dovere di non lamentarmi.
E io penso a questo tutti i giorni,ma quando mi chiedono ''come stai?'' rispondo ''bene...''
e alcuni diranno: ''dillo ai tuoi genitori no?''
no...
perchè loro odiano le differenze; se dici : ''non mi piace X'' loro dicono ''no,ti deve piacere per forza,non devi odiarlo/a''
se dici:''mamma,i capezzoli mi fanno male'' (nella pubertà maschile i capezzoli a un certo punto si induriscono e indolenziscono e fanno male) lei dice:''che ti deve uscire il latte? XD'' NOOOOOOOO,NO CAZZO NON MI ESCE IL LATTE PERCHè IO, A DIFFERENZA TUA HO UN CROMOSOMA Y, E INOLTRE: TI RACCONTO DI UN MIO PROBLEMA E TU MI PRENDI PER IL CULO? MA CHE CAZZO DI MADRE DI MERDA!
INOLTRE , PARLANDO DI MIO PADRE: è UN DISOCCUPATO DI MERDA CHE NON MI CAPISCE,NON CAPISCE CIò CHE PROVO OGNI SINGOLO GIORNO STANDO TUTTO IL GIORNO CON LUI.
è UN PIGRO DI MERDA CHE NON FA UN CAZZO DALLA MATTINA ALLA SERA E CHE MI HA PRESO PER IL SUO SCHIAVO A TEMPO PIENO : ''TIZIO,PRENDIMI LA BOTTIGLIA,TIZIO GIRA LA TV,TIZIO FAI QUESTO,TIZIO FAI QUELLO,TIZIO NON PRENDERE A PUGNI I CUSCINI PERCHè SI ROMPONO! (contenuto moderato) QUANTO LO ODIO; NON MI DANNO NEANCHE IL DIRITTO DI LAMENTARMI DI NULLA,INOLTRE:
1:NON DEVO URLARE PERCHè I VICINI SI SVEGLIANO... ALLE 6 DEL POMERIGGIO...
2:MI DICONO CHE DEVO PRANZARE PER FORZA PERCHè IL PRANZO VA PASSATO IN FAMIGLIA A PARLARE,E SE PROVI A PARLARE TI DICONO ''SHH,C'è LA SIGNORA IN GIALLO'' ANCHE SE PERSINO IO CHE NON LO GUARDO RICONOSCO GLI EPISODI CHE HANNO GIà FATTO.
(contenuto moderato) NON POSSO FARE UN CAZZO IN CASA MIA E MI FANNO PURE SENTIRE IN COLPA PERCHè MI LAMENTO E CHE CI SONO GLI AFRICANI CHE FATICANO A VIVERE E CHE SOFFRONO VERAMENTE! PROBABILMENTE STA COSA NON VERRà NEANCHE ACCETTATA DAI MODERATORI PERCHè LUNGA PIù DEL CAZZO DI SIFFREDI, E AVRò SCRITTO STA COSA PER NIENTE,MA ORMAI SONO ABITUATO A ESSERE PRESO PER IL CULO DA CHIUNQUE.
ormai non so più cosa fare,e ciò che ho scritto mi ha preso un'ora circa.
STO SFOGO NON LO VEDRà NESSUNO E NON MI HA FATTO SENTIRE MEGLIO MA MI è ''PIACIUTO'' DIRVI TUTTO CIò.
ARRIVEDERCI,ANONIMO.
Gio
16
Feb
2017
Chi devo ringraziare per tutto questo dolore?
Ho 32 anni, una vita Trascorsa a cadere in forti stati depressivi e inventarmi i modi più disparati per riemergere. Numerosi percorsi di psicoterapia, corsi di yoga e meditazione che, parola mia hanno dato i loro frutti...ma a che cosa servono se attorno hai persone che ti calpestano e non ti stimano???
Sono la secondogenita di una famiglia all'interno della quale, pochi anni prima, si è abbattuta la peggiore delle disgrazie: la diagnosi della disabilità di mio fratello. Mio fratello ha la distrofia muscolare e un atteggiamento pessimo nei miei riguardi.
Quando mio fratello nacque, mio padre era un professionista affermato e mia madre neo diplomata. Io nacqui 10 anni dopo, a detta loro, ero pure voluta.
Per molto tempo ho subito la mia condizione di "seconda" in tutti i sensi non avendo ciò che ha avuto mio fratello: Lodi, stimoli, incentivi... questo non solo da parte dei miei genitori ma da parte di ogni singolo componente famigliare. Già a 10 anni era stato decretato da tutti che io non volevo niente anche se i miei voti a scuola sono stati buono fino alla metà del liceo... dopo ho smesso perché era chiaro che non contava niente tutto ciò che facevo.
Ho subito in silenzio e con terrore tutti i nervosismi di mia madre, tutte le cose di cui mi privava per "paura" che accadesse qualcosa alla sua figlia normodotata... uscivo pochissimo e dovevo nascondere tutti i miei amori per non essere rimproverata e accusata di essere una farfallona (si, avete capito bene...), nascondere litigi con amichetti perché tanto era sempre colpa mia.
Mio fratello non ha mai perso l'occasione per denigrarmi sottolineando la sua superiorità e la sua laurea in fisica. Ha fatto anche altro quando ero piccola ma di questo non ne ho mai parlato e mai ne parlerò. E guai a volersi difendere... senza essere rimproverata per cattiveria o assenza di sentimento... zitta e subisci che tanto non vali un... bel niente!
A 19 anni ho fatto le valige e me ne sono andata con un bagaglio di speranze puntualmente disattese, ostacolate da attacchi di panico, depressioni, anoressia. Sono bipolare e ho preso il mio cocktail di farmaci che dopo anni ho preso è buttato nel cesso. I (pochi) amori che ho trovato o si sono rivelati totalmente disinteressato alla mia condizione o ci hanno marciato al mero scopo di stabilire predominanza.
Ora ho 32 anni e dopo diverse esperienze lavorative mi ritrovo a dover dipendere economicamente dal maleducato irrispettoso con cui convivo... il futuro da perdente che avevano scritto per me si è auto adempiuto e, se l'avessi anche solo immaginato, mi sarei suicidata prima.
Alla luce di questa mia esperienza raccontata in soldoni, mi permetto di voler dare qualche piccolo consiglio: prima di denigrare qualcuno, pensateci, perché non si sa mai che impatto questo può avere sulla sua psiche... non fate figli se non siete preparati a forgiarli per una vita piena e serena, abbiate cura delle persone e soprattutto dei componenti della vostra famiglia. Vivete nel rispetto e vogliatevi bene, che tanto navighiamo tutti nello stesso mare di merda e, o ci salviamo tra di noi, o nessuno ne avrà la meglio.
Ho provato ad essere serena per tutta la durata della mia vita cercando di perdonare e superare, giuro!... ma ho fallito nuovamente.
Lun
06
Feb
2017
Non c'è la faccio più..
Ho un bambino di un anno e mezzo e il mio compagno ( suo padre ) quando è in casa non lo calcola, dice il suo nome solo quando deve sgridarlo che fa troppo casino, quando gli chiedo " stai un po' con il bambino che io faccio i mestieri" il bambino continua a lamentarsi perché si annoia perché non lo calcola o gioca alla Playstation o ha il cellulare in mano, il bambino lo cerca vuole giocare con lui ma lui NIENTE.
Io questo fine settimana ho dovuto lasciare il piccolo da mia mamma per fare i mestieri dovevo sistemare perché a furia di rimandare si era fatto un casino, ora che cammina non sta fermo un attimo quindi e anche più difficile fare le cose in casa, ho fatto quattro lavatrici e lavato pavimenti, vetri ecc, ecc.
Sta mattina dovevo lavare due piatti di ieri sera e per lavare due piatti, 4 posate e due padelle ci ho messo 40 minuti perché il bambino voleva giocare e quando non viene calcolato inizia a fare casino, aprire sportelli cassetti e cose varie e io dovevo corrergli dietro per non fargli fare male, quando gli ho chiesto per l’ennesima volta di guardarlo l’ha preso e l’ha messo nel Box e gli ha acceso la Tv, anche io gli faccio guardare la Tv il pomeriggio così sta tranquillo e si addormenta ma non lo piazzo li per non giocarci..
Penso che non sia adatto a fare il padre è un bambino lui che ha 30 anni figuriamoci badare a un bambino, oltretutto si LAMENTA che il bimbo non dice Papà, beh che si faccia qualche domanda se lo calcolasse un po’ di più magari saprebbe anche di avere un padre non uno che sta in casa e gli urla solo dietro.
Ho smesso di fidarmi di lui da parecchio tempo a lasciarlo solo con il bambino da quando l’ha lasciato da solo sul letto a 8 mesi e il bambino è volato dal letto io stavo facendo i mestieri e questo è il risultato da quel momento ho deciso che prima viene il bambino poi la casa e lui si lamenta che non è linda e pulita se lui mi desse una mano lo sarebbe.
Dom
23
Ott
2016
Pessimi rapporti con i genitori
Prima di tutto ringrazio in anticipo chi leggerà tutto, scrivo uno sfogo qui perché non ho altra scelta.
Non ce la faccio più, in famiglia fa tutto schifo in qualsiasi ambito. I soldi non sono mai abbastanza, questa cosa inizia a spazientirmi perché “papà” (per come sto adesso non ho voglia di definirlo tale) decide di accontentarsi per quei pochi soldi che prende alla settimana e mamma si lamenta della vita che conduce. Si lamenta del fatto di aver sposato mio padre o per non aver imparato un mestiere decente quando era giovane. Poi ci sono io che vorrei trovare un lavoro di pomeriggio per essere indipendente, per non chiedere soldi ai miei genitori e per non sentirli lamentare ogni volta che chiedo una cinque euro, quando invece papà va a giocare dieci o venti euro di numeri al lotto, ovviamente tutti zitti! I soldi per me sono sempre passati in secondo piano, per me la cosa che conta in una famiglia è il rispetto reciproco, fiducia e soprattutto essere uniti, ma in questa famiglia, nella mia, manca qualsiasi cosa. Non posso chiedere a mia mamma di accompagnarmi da qualche parte che lei lo dice a mio padre e insieme iniziano a parlare male di me. Papà fià due volte mi ha rinfacciato il fatto di essere nata, dicendo che il mio unoco sbaglio è stato questo. Momenti di rabbia penserete...il problema è che non lo penso assolutamente, perché dopo non si è nemmeno scusato. Mi sa che per lui non mi è rimasto più niente se non rabbia e delusione dopo tutte le cose che ha fatto, di quelle volte che allungava le mani a mia mamma chiamandola in tutti i modi possibili, arrivando addirittura a insultarla e lei che è succube di lui. Sono poche le volte in cui vanno d'accordo. C'è mamma poi, che si lamenta per qualsiasi cosa, è una cattolica bigotta non pensa assolutamente allo stato di sua figlia, anzi, il fatto che per lei Halloween sia una festa satanica conta di più, ragiona col cervello di una donna del 1920 convinta anche di aver ragione. Non riusciamo a finire un discorso senza litigare e per giunta non ho nessuno che mi supporta. Non siamo famiglie unite, né dal lato materno e né paterno, ho solo un fratello più piccolo e nessuno è in grado di capirmi per bene. Non vorrei crescere, ma in qualsiasi momento l'unica cosa che vorrei è arrivare ai diciotto anni per andarmene di casa, andarmene da questo paese di merda ed essere finalmente libera, condurre la vita che ho sempre sognato facendo capire a loro due che io non dipendo da nessuno. Questo sfogo nasce da un litigio fatto con i miei genitori stamattina, dove mio padre mi ha anche picchiata, solo perché gli ho detto quello che penso cioé che non è capace di fare il genitore dal momento che mentalmente è assente e non è capace di avere un dialogo con sua figlia, pensa solo a sé stesso e la moglie è una debole di merda. Dicono che non so fare niente e che sono una fallita, ma in effetti cosa avrebbero dovuto aspettarsi da persone del genere? Almeno dopo tutto questo, in un futuro quando avrò dei figli cercherò di stargli vicino e non portare a termine un discorso facendo l'esaurita.
Dom
16
Ott
2016
Eppur son debole in questo momento..
è il suo compleanno eppure non chiede molto. chiede che gli siano vicino, chiede solo l'accenno, niente di più. molti esseri si sarebbero lamentati ma lui niente. non riceve regali e sa che se anche è il suo compleanno, non è infondo diverso da tutti gli altri giorni. anzi tocca pure andare al cimitero.. cosa brutta da fare proprio il giorno in cui si compiono gli anni. io ti ringrazio perché sei la mia forza, sei la mia essenza e anche se non sei del mio stesso sangue, penso di essere in vita solo grazie a due angeli come voi che amo più di ogni altra cosa al mondo. io mi sforzo addirittura di assomigliarvi perché siete la vita, mentre vedo intorno a me tutta la nave che affonda, voi siete pacati e freddi ma con un cuore di fuoco, capaci di uscire dalle peggio evenienze. anche se la superficialità a volte ci confonde e ci intorta il cervello, si vive di questo.. di piccoli gesti e forza d'animo. tanti auguri e grazie infinitamente papà.
Mar
13
Set
2016
Mostri
Sono figlio del mostro di firenze. Bella fregatura. Quello vero, che non hanno mai beccato, ma lo sapeva mezzo mondo. Che sfiga. Mi ha rovinato la vita. Continuo a mandargli accidenti anche da morto.
Gio
08
Set
2016
Odio mio padre.
Mi ha sempre screditato e trattata male, imponendomi i suoi "schemi", anche per quanto riguarda la scuola (vorrebbe che prendessi ingegneria quando per 5 anni ho studiato materie ineretti a tutt'altro settore. Non è mai venuto ai miei colloqui (ma i permessi per fare i cazzi suoi li prende) addirittura la mia insegnantè di italiano credeva che io non avessi un padre (che fosse quindi morto o sparito dopo la mia nascita) mi mette sempre a disagio quando invito gente a caso, perché se si arrabbia (per nulla poi) comincia ad urlare e a dare di matto, neanche volesse far fuori mezzo paese, se poi si parla di politica aiuto, deve necessariamente far sapere a tutti la sua non richiesta opinone. E poi? Mi insulta, appena può. 5 secondi fa ho espresso la mia semplice opinione riguardo un cibo e lui mi ha detto:"certo che non sei normale tu eh." In tono molto serio. E quela rincoglionita di mia madre ci ha riso, capirai. Stupida e sottomessa com'è. (Altre volte mi ha dato della down.)
Che gente. Spero di trovare presto un lavoro che mi consenta di andarmene da qua.
Mar
23
Ago
2016
S.O.S-vi racconto la mia vita
Questo post è chilometrico, ma chiunque avesse la pazienza di leggerlo avrebbe tutta la mia gratitudine. Non sono mai riuscita a farmi capire da nessuno, e lo so che allora è un po' stupido riversare la propria sofferenza in internet...ma il sito dice "sfoghiamoci" e allora io lo faccio in grande, no?
Sono nata da una madre e un padre che all’epoca avevano rispettivamente 39 e 54 anni. Lei con la terza media, proveniente da una famiglia povera del Veneto e con alle spalle gravi abusi fisici e psicologici da parte di mio nonno materno su tutto il suo nucleo famigliare. Mio padre lombardo DOC, proveniente da un paesino bergamasco dell’anteguerra e orfano a pochi anni di mio nonno paterno; passato per la seconda guerra mondiale nei primi anni della sua infanzia dato che è nato nel 1938. Queste condizioni sfavorevoli di vita li hanno portati a essere persone problematiche: ansiosi, angoscianti, freddi, sfiduciati e degli incompetenti emotivi totali. Mio padre non ha mai fatto carezze, dato baci o scherzato su qualcosa, non ha mai fatto un regalo se non precedentemente concordato; mia madre faceva qualche carezza, ma era sempre cupa e vittimistica, e passava il tempo a lavorare o andare a messa e confessarsi, dato che era cattolica estremista.
Nonostante ciò hanno fatto subito un figlio quando si sono conosciuti (mia madre aveva 19 anni…), poi per vent’anni basta, niente più figli, finchè alla soglia della menopausa precoce di mia madre, in quello che mi hanno detto essere stato l’ULTIMO dei loro tristi rapporti sessuali, sono stata concepita per errore.
La prima accoglienza che ho ricevuto in questo mondo, la prima emozione che ho sentito, anziché la classica gioia di due persone che stanno per diventare genitori, sono state la paura terribile di mia madre e la proposta di mio padre di abortire. E il fatto che lei abbia voluto tenermi solo per fare un dispetto a mio padre e perché aveva paura di andare all’inferno se si fosse presa delle libertà col suo embrione… non è di grande consolazione.
Poi se ne sono fatti una ragione e si sono buttati nell’impresa di crescere un altro bambino cadutogli fra capo e collo, ma intanto il danno era già fatto. Da che sono venuta al mondo, già dalla prima settimana in ospedale, mi sono rifiutata di mangiare. Ero deboluccia e non avevo la minima voglia di crescere come gli altri bambini, non passava più di un mese senza che mi venisse qualche malattia. Al nido e all’asilo piangevo e vomitavo tutte le mattine. Vivevo in simbiosi con mia madre, che mi “amava” ma al tempo stesso mi avvelenava col suo attaccamento perverso, con la sua ansia, con le sue paure irrisolte. Ora so che soffriva di depressione clinica e con tutta probabilità anche di psicosi, ma nemmeno questo è granchè consolante. All’epoca non lo sapevo e per me lei era una figura d’attaccamento mostruosa, una fonte di affetto tossica, da cui però dipendevo. Tutte le sere prima di dormire mi raccontava le atrocità che faceva mio nonno alla famiglia, mi faceva guardare i film horror, riteneva normale che io alla richiesta di disegnare “la mia famiglia” producessi una schiera di crocifissi.
Mio padre, invece, era ed è sempre stato assente. A volte provava a giocare con me, ma forse non ne aveva granchè voglia o si sentiva stanco e impacciato, perciò non ci si impegnava molto. Lavorava tutto il giorno, e anche mia madre ha ripreso a lavorare tutto il giorno quando io avevo pochi mesi. Sui suoi diari c’è scritto che ero una bambina buona, socievole, che non cercava granchè le coccole ma intanto saltava in braccio agli sconosciuti. Io aggiungo che già allora dimostravo di essere sveglia e intelligente, che ero curiosa di tutto e mi piaceva scoprire il mondo. Non ero granchè bella ed ero sotto gli standard di crescita normali, infatti credo che lo sviluppo dell’intelligenza sia più che altro una reazione al fatto di non essere ammirati per altre qualità come l’altezza o l’aspetto fisico. Non so se sia così per tutti, ma per me lo è stato di sicuro.
Cercavo in ogni possibile modo di essere amata, di ricevere quell’amore pulito e incondizionato che i bambini dovrebbero avere, e che io non ho mai conosciuto. L’amore che ricevevo era sempre legato a qualcosa che facevo o non facevo, mi veniva detto di darmi una calmata, di smetterla di piangere e star male, di star seduta e buona, di “mettermi nei panni di mia madre” ecc. Mio fratello, ormai grande, è uscito di casa quando io avevo 4 anni, enfatizzando la depressione e l’isteria di mia madre e inasprendo il clima famigliare.
La casa che ricordo è un appartamento che nessuno puliva, pieno di giochi e libri e quindi di stimoli cognitivi (non posso dire che i miei genitori me li abbiano mai fatti mancare), ma pieno anche di inquietudini e odio e vuoto di stimoli emotivi. Mentre io ero una bambina estremamente sensibile, che avrebbe preferito di gran lunga usare il canale emotivo e corporeo più che quello logico.
Appena ho imparato a parlare sono stata tirata in ballo nei litigi di coppia; appena ho avuto la schiena abbastanza dritta per reggermi su un seggiolino della bici sono stata sbolognata tutto il giorno all’asilo nido e poi all’asilo, e quindi fino a sera da mia nonna. Mi sentivo abbandonata e tradita, ma all’epoca queste emozioni non avevano questi nomi. Venivano fuori sotto forma di sintomi psicosomatici e di un senso di dolore e oppressione terribili, che mi facevano scoppiare a piangere disperatamente non appena qualcuno mi spaventava o mi criticava. Perché, pensavo, se non si accorgono nemmeno di me, se non conto abbastanza da valere un po’ del loro tempo, allora sicuramente sono io che ho qualcosa che non va.
Già allora avevo problemi coi coetanei. Da una parte ero un esserino giocoso ed espansivo, coinvolgevo tutti in giochi di ogni tipo e, devo dire, molto fantasiosi; dall’altra ero estremamente insicura e mi appiccicavo tutto il giorno alla porta a vetri per vedere se arrivava la mamma. Questo era dovuto al mio non sentirmi abbastanza amata, ma soprattutto al bisogno patologico che mia madre aveva instaurato nei miei confronti: mancandole il primo figlio e odiando il marito, io ero diventata il suo unico appoggio affettivo. E così si aggrappava a me, in un’età in cui se tiri troppo forte si spezzano le braccine e le mani. Non sono mai riuscita a reggere tutta la sua ombra, ma al contempo avevo un disperato bisogno di guarirla, volevo che stesse bene e che sorridesse, e che mi volesse bene… e nell’ideale di onnipotenza che hanno tutti i bambini, probabilmente mi ero messa in testa che era colpa mia se lei non stava bene, che se mi fossi comportata meglio o adeguata a ciò che mi chiedeva, allora avrei potuto operare il miracolo. Ovviamente non è stato così. Ma quella bambina di pochi anni crede ancora di poterlo fare, di essere la causa delle malattie mentali di una madre che a sua volta è stata maltrattata e abusata dalla famiglia.
Inevitabilmente, insieme alla voglia di prendermi cura di lei, in un’età inappropriata in cui avrei avuto io per prima bisogno di cure, è germogliato un senso potente di risentimento e di rabbia nei confronti di questa famiglia incompetente che mi lasciava maltrattare dalle suore (forse il termine corretto è abusare, dato che suor Giuliana mi portava in una stanza vuota, mi tirava giù i pantaloni e mi sculacciava per vari minuti sulla pelle nuda; oppure mi metteva al centro della classe e ordinava agli altri bambini di umiliarmi finchè non avessi smesso di piangere), che mi lasciava soffrire senza offrirmi un appoggio sicuro e fingeva di non vedere il mio dolore -o forse non lo vedeva davvero-, che mi diceva che il mio malessere era una sciocchezza, che mi faceva dubitare di me stessa e di ciò che avvertivo dentro di me (ancora adesso ho un grande bisogno che le persone mi credano quando gli dico le cose, tanto che mi sento in dovere di spergiurargliele anche quando sono vere e quindi sembra che io stia raccontando cavolate…), che non offriva nessun tipo di contenitore e di esempio per la mia personalità in formazione.
Credo sia per questo che dentro di me c’è sempre stato un lato libero, indipendente e selvaggio; e insieme un altro molto instabile e impaurito, tipico di chi non ha avuto delle fondamenta stabili all’inizio della sua vita. La terza cosa che è nata in me in quel periodo, oltre al desiderio di guarire la mia famiglia e all’odio, è il senso di colpa per non essere riuscita nel mio intento. E’ da lì che nasce la mia idea di essere sbagliata. Non sono riuscita a compiacere la mia famiglia abbastanza da farmi desiderare e amare… abbastanza da farmi quantomeno accettare per quello che sono… e quindi ne ho concluso che se nella mia vita qualcosa va male l'imputato sono sempre io.
Dopo l’asilo è arrivata la scuola. A scuola stavo bene. Facevo amicizia abbastanza facilmente, ero più sicura che all’asilo, mi piaceva studiare e mi stavano simpatiche le maestre. Le elementari sono state effettivamente il periodo più tranquillo della mia infanzia. Avevo dei momenti in cui ancora piangevo a dirotto o manifestavo un’insolita timidezza, però nei miei ricordi sono molti di più i momenti belli di quelli negativi. Il mio disagio si era momentaneamente addormentato e veniva fuori solo nei disegni e nelle tematiche macabre dei miei giochi. Il resto erano compiti, attività in classe, intervalli in giardino. Ero molto creativa, molto brava in tutte le materie (tranne educazione fisica, cosa comprensibile dato che la mia famiglia non ha mai considerato il corpo o l’ha mortificato, e mi diceva sempre di star seduta e non essere “irruenta”, anche se magari stavo facendo una semplice corsa per casa o al parco come fanno tutti i bambini…). Non sono sicura che siano nati qui i primi problemi di invidia dei miei compagni verso di me, ma probabilmente dalla quinta elementare ho iniziato a rendermi conto che io ero più avanti degli altri e che se “esageravo” nel mostrare la mia intelligenza loro ci rimanevano male e mi escludevano.
Questa cosa è invece esplosa alle medie, soprattutto gli ultimi due anni. Le medie sono state in assoluto il periodo peggiore della mia vita. Nei primi mesi no, non ancora, perchè ci dovevamo tutti ambientare e a me piaceva l’idea di studiare materie un po’ più “difficili”, anche se in classe quasi sempre mi annoiavo dato che la mia testa correva avanti e (senza falsa modestia) molte cose le sapevo già. All’inizio infatti alzavo la mano continuamente per rispondere alle domande, facevo temi lunghi e dettagliati, sproloquiavo di materie scientifiche e, a parte la solita ora di educazione fisica dove i miei coetanei si prendevano tutte le loro rivincite, ero la migliore della scuola.
E’ stato allora che i miei compagni hanno iniziato a odiarmi. Prima gli davo solo fastidio, col passare del tempo l’intera classe (tranne le mie uniche due amiche) ha deciso che era ora di mettermi un freno. Così tutti hanno iniziato col parlarmi alle spalle, poi in faccia apertamente; a prendermi in giro per qualunque cosa mi mettessi addosso o mi piacesse (poteva essere un libro, un astuccio, una felpa, una musica… qualunque cosa). Non mi invitavano più alle feste, e se io gli portavo comunque un regalo di compleanno loro lo buttavano nel cestino davanti a me; mi scrivevano offese sul banco, mi nascondevano le cose o le buttavano via, una volta sono tornata dall’ora di educazione fisica e ho visto che qualcuno mi aveva vomitato nello zaino. I maschi più violenti mi minacciavano anche fisicamente, chiedendomi se volessi botte, facendo cricca all’ingresso della scuola e spaventandomi quando uscivo. Fra loro e fra mia madre che mi ripeteva continuamente di quanta gente ci fosse nascosta dietro i cespugli pronta a saltarmi addosso, il semplice tragitto casa-scuola per me si trasformava in un bagno di paura.
Il risultato è che io mi sono isolata sempre di più e, come difesa, ho idealizzato la mia intelligenza. Mi ritenevo un essere superiore, troppo particolare per scendere a patti con gente del genere e col loro mondo fatto di parolacce, fotografie di attori, sputi, bigiate e minacce. La mia prima adolescenza è costellata di ricordi solitari, di me che mi chiudevo in classe a leggere anche quando c’era l’intervallo, di me da sola nella mia stanza che facevo i compiti e mi intrattenevo con le mie fantasie, di me che scrivevo e vincevo premi letterari e partecipavo a show televisivi, ma intanto non avevo praticamente nessuno con cui parlare senza essere giudicata, senza la preoccupazione di dover essere “simpatica, easy, una ragazzina come gli altri”.
Quello è anche il periodo in cui ho ricevuto un sacco di critiche sul fatto che ero troppo seria, che dovevo muovermi a farmi degli amici e uscire per fare “cose da ragazzi” con loro, che dovevo vestirmi da adolescente e ascoltare musica da adolescenti e -per piacere!- non eccellere in ogni cosa, altrimenti tutti mi avrebbero odiato a morte!
E io invece, col carattere guerriero che ho, anche se dentro ero spezzata in due e mi sentivo triste come non so cosa, ho perseverato nel prendere tutti voti massimi, nell’ascoltare la musica che volevo e nel vestirmi come cavolo mi pareva. Era quel meraviglioso periodo in cui non accettavo di scendere a patti con le critiche. Non mi scivolavano addosso: le prendevo tutte in pancia come delle frecce e mi ferivano tantissimo, ma quantomeno non gli sottostavo. In quel periodo ho iniziato ad andare dalla psicologa, perché non sapevo dove sbattere la testa e mi sentivo un alieno totale rispetto al mondo che mi circondava.
A scuola era uno schifo, tornavo a casa e trovavo una situazione sempre più degenerata, con due persone ormai quasi estranee che si urlavano contro e mi coinvogevano nei loro meccanismi malati; con mio fratello distante e con un figlio da crescere, un fratello a cui non veniva detto mai niente su quello che stava succedendo in casa; senza un vero amico se non quelli che stavano dentro la mia testa e senza nessuno che mi desse un esempio o un modello da seguire.
La psicologa è stata una benedizione per me, e probabilmente grazie a lei ho imparato ad avere fiducia nella psicologia. Mi ha aiutato a finire le medie senza rimanerci secca, anche quando i miei compagni sono passati dalle parole ai fatti e, l’ultimo giorno di scuola, mi hanno lanciato un banco addosso. Anche quando per urlare il mio odio ai miei genitori e al mondo ho bevuto un flacone di detersivo e sono finita in ospedale. Quando finalmente è passato quel periodo, ho fatto un anno di liceo classico, buttandomi nello studio in un modo talmente maniacale che sono crollata appena finito un semestre. La situazione a casa era sempre peggio. Litigavamo tutti con tutti, tutti i giorni. Mia madre faceva gesti teatrali come inseguirmi con un martello o lanciare oggetti per terra, mio padre faceva la “roccia” e la ignorava, facendole venir voglia di strillargli dietro ancora di più per smuoverlo e fargli dire qualcosa (un comportamento che purtroppo capisco, dato che lo sto attuando pari pari a mia volta…).
Io mi chiudevo nella mia camera e scrivevo. Nell’estate tra le medie e il liceo ho scritto il mio primo romanzo, senza dire niente a nessuno. I miei genitori non hanno saputo niente, se non quando un editore l'ha pubblicato a proprie spese tre anni dopo… quando l’ho finito ho brindato da sola con me stessa, in cucina, nel buio della notte. E' stato il momento più felice della mia vita.
Mi ricordo tantissimo, ma proprio sulla pelle, quanto soffrivo in quel periodo a causa della mia età. Nessuno mi dava retta perché dicevano che ero troppo giovane, ero minorenne e quindi per lo Stato non esistevo e non potevo firmare da nessuna parte, quando scrivevo su internet mi scambiavano per un troll che si “spacciava per una ragazzina”. Mi sono sentita dire che le mie poesie erano troppo complicate e troppo tristi per una della mia età, che le femmine non devono scrivere cose così paurose o violente, che sembravo depressa o autistica, che mi dovevo vivere la mia vita e imparare a godermela. Tutto questo ovviamente detto da gente che non aveva la minima idea di quanto fosse vasta la gamma delle emozioni che provavo, di quanto fossi sensibile e di come godessi di cose che loro nemmeno capivano, come l’estasi della bellezza di una musica, trovare un buon libro in biblioteca, stare nella natura che mi è sempre piaciuta da morire, stare coi miei due amici a PARLARE di noi stessi e condividere le nostre giornate e il nostro affetto, anziché a ubriacarci e drogarci.
Mi piaceva viaggiare, mi piaceva vedere i quadri e i musei, adoravo leggere e giocavo ai videogiochi (di tutti i tipi, dai medievali e fantasy al simulatore d’aerei) come se non ci fosse stato un domani. A guardarmi da fuori adesso, a distanza di tempo, avrei detto a me stessa che ero una ragazza assolutamente normale, che magari si vestiva con tute larghe o maglie etniche anziché stivaletti e calzamaglie, che traeva nutrimento e vita da cose più “mature”, che era un po’ taciturna ma quando si trovava nell’ambiente che le piaceva allora si trasformava nella più solare delle persone.
Ma allora ero davvero convinta di essere diversa, e dannata. Non sapevo cosa fare per piacere di più agli altri, non sopportavo più di vivere in casa coi miei genitori, non sopportavo la mia vita. Ho iniziato un altro periodo di protesta verso la mia famiglia, con un comportamento anoressico che in realtà era un vero e proprio sciopero della fame, in cui mi sono ridotta a poco più di 30 kg e sono finita di nuovo in ospedale con la chiara intenzione di morirci.
Ma non è successo. In ospedale è scattato qualcosa e ho ripreso a mangiare. Sono andata a casa e ho espresso chiaramente ai miei che me ne volevo andare. Ho preso possesso dei soldi che mi aveva lasciato mia nonna e a 16 anni ho comprato una piccola casa, la MIA casa. Ho trovato lavoro in panificio, cosa che mi costringeva ad alzarmi all’alba e spararmi tre ore complessive di treno e pullman al giorno, ma ero felice. Vivevo come volevo io, mangiavo quello che mi piaceva (ero vegetariana da un paio d’anni e mia madre era sempre stata contraria a questa scelta), potevo usare i soldi che guadagnavo per tutto quello che mi serviva. I primi tempi ho avuto paura di non farcela, mi sono scontrata con le bollette da pagare e il fatto che io non potessi avere un conto in banca poiché minorenne; con la solitudine di una casa vuota, col fatto che ovviamente la gente non si risparmiava i commenti sul fatto che solo una disadattata o una sfigata va a vivere da sola a quell’età…
Dopo un anno e mezzo di quella vita, ho deciso che lavorare andava bene, ma forse era meglio anche finire le superiori e prendermi un diploma. Così ho messo in pausa il lavoro serio e ho fatto solo lavoretti saltuari, mentre recuperavo gli anni come privatista. E’ stato davvero, davvero difficile. Ero stanca morta, avevo pochi soldi, ma ce l’ho fatta comunque. Sono uscita con 97 su 100.
Il diploma mi aveva caricato molto. Ormai mi ero stabilizzata in casa mia, stando separata dai miei genitori riuscivo a parlarci di più, avevo deciso che avrei provato il test di medicina e che intanto per quell’estate avrei fatto una festa e viaggiato. La festa del diploma è stato l’ultimo momento di pace che ricordo. Eravamo tutti nel giardino a casa di mia madre, con fiori e candele, un sacco di cibo e persino un illusionista che avevo invitato per intrattenere gli ospiti. Ho delle foto di tutti noi con corone di foglie in testa e dei bellissimi sorrisi, sorrisi che non ho mai visto nella mia famiglia.
E poi la mazzata, perché quell’anno del cazzo era il 2011. L’anno in cui ho fallito il test di medicina per un punto e mezzo. L’anno in cui non sapendo cosa fare come università, anche perché quasi tutte erano col test di ingresso e ormai le date erano passate, ho deciso di trasferirmi vicino a Bologna per fare erboristeria e ho affittato la mia preziosa casa a un ragazzo che si è rivelato essere un delinquente. L’anno in cui la mia famiglia mi ha taciuto il tumore mortale di mia madre, per abbastanza tempo da farmi portare tutte le mie cose a centinaia di chilometri da Milano per poi farmi cadere dal pero in una serata di settembre, quando l’ho trovata in bagno che vomitava feci e siamo corsi immediatamente in ospedale, e allora sono stati costretti a dirmi cosa stava succedendo.
Immaginatevi me, in una casa in affitto in Emilia-Romagna, che inizio un’università nuova senza il minimo appoggio morale di nessuno, e intanto provo a cercare lavoro a Bologna, e nel mentre vengo a sapere che mia madre sta morendo e che il mio inquilino, che non mi paga e mi sta sfasciando la casa, va sfrattato con una procedura legale lunga e costosa.
Le uniche cose che mi hanno salvato in quel periodo sono state la scrittura e la spiritualità. Frequentavo un gruppo neopagano, una cosa che mi ha arricchito molto e che mi ha aiutato a pensare alla morte come una porta che da un’esistenza conduce a un’altra. Che mi ha aiutato a vedere un po’ di magia e di sacro in ogni angolo del mondo e in ogni stadio della vita umana, anche quelli più difficili.
Mia madre è morta quasi subito, il giorno di Natale del 2011. Sono stata io la prima a trovarla morta. Già da un bel po’ le somministravano morfina e quindi non si rendeva conto delle cose, ma ricordo che quella mattina aveva gli occhi perfettamente assennati, anche se immobili, e un’unica lacrima che le scendeva da una palpebra. Sono sicura che si sia resa conto di cosa stava capitando. Proprio il giorno dopo è morto anche il mio coniglietto, dopo dieci anni di onorata vita. Ho sempre detto che me li immagino insieme nell’aldilà, con lei che cerca il trifoglio per il suo piccolo amico. Finalmente libera. Finalmente sana. Finalmente se stessa.
Io ho retto il colpo abbastanza bene, anche se pure a distanza di anni continuo a piangere. Credo invece che mio fratello non si sia più ripreso. Nella mia famiglia le donne non sono mai state molto considerate e il loro “posto” è sempre stato la pelatura delle patate in cucina, ma sotto sotto tutti i maschilisti venerano la propria madre e, in sua mancanza, affibbiano le sue competenze (anche affettive) alla diretta erede. Cioè io. L’ultima donna rimasta fra i parenti stretti.
Questo è un ruolo che io ho rifiutato subito. Secondo i fratelli di mia madre, io avrei dovuto prendermi cura di loro come faceva lei, anche se ormai sono belli che adulti; secondo mio fratello, io avrei dovuto fare la badante di mio padre e prendermi cura di lui ora che lei non c’era più, nonostante loro due si fossero detestati apertamente e negli ultimi mesi prima che lei si ammalasse avessero (finalmente!) scelto di vivere separati anche se la religione cattolica vieta il divorzio.
Io ho detto a tutti che nessuna di queste “mansioni” mi passava nemmeno per la testa.
Sono tornata a Milano, sentendomi dire da mio fratello che ero una pazza che non finiva mai quello che portava a termine (eh sì, contorto il ragazzo… da una parte voleva che io mi prendessi cura di mio padre, ma dall’altra non gli stava bene che io tornassi a Milano. Bah). Ho trovato un lavoro che pagava bene e ho preso una casa in affitto in città, nel mentre che sfrattavo l’inquilino imbecille.
E intanto ho provato, per la seconda volta, il test di medicina. Però stavolta ho voluto andare sul sicuro e ho fatto anche quelli di professioni sanitarie e di psicologia, sperando che almeno in uno sarei entrata…medicina no. Inarrivabile. Ma sono entrata negli altri due, fisioterapia e psicologia. E ho scelto psicologia. Così sono passati i miei primi due anni di università, un anno con un po’ di lavoro, poi un periodo senza lavoro, poi un periodo massacrante di lavoro in un ristorante in cui ho perso un sacco di esami. La vita non andava bene, anche se avevo pubblicato il mio secondo romanzo, facevo teatro ed ero riuscita a riprendere possesso della mia casa. Non ero riuscita a farmi un solo amico all’università, odiavo Milano e abitavo comunque a più di un’ora di treno+pullman dalla città. Mi sentivo isolata e molto, molto sola.
E’ stato in quel periodo che ho conosciuto su internet un’amica torinese. Siamo entrate subito in sintonia, eravamo molto curiose di conoscerci e scambiare esperienze. Lei era una persona un po’ triste e anche lei con una famiglia del cavolo, ma abbiamo allacciato subito una di quelle amicizie intime, brucianti, praticamente da sorelle. Dunque mi sono trasferita a Torino a finire la triennale, sia perché avevo sentito parlare bene dell’università di psicologia e avevo l’intenzione di farci la magistrale, sia per stare vicino a lei. Ho fatto abbastanza fatica coi documenti per l’università, ho fatto una grande fatica a dirlo a mio padre e a mio fratello.
Entrambi erano assolutamente scettici sul fatto che io finissi l’università, mio fratello mi ha proprio detto in faccia che tanto sarei tornata a Milano dopo qualche mese con la coda fra le gambe, proprio com’era successo con Bologna. Ma non l’ho fatto. Ho affittato prima una mansarda in centro e poi una casa più grande, dove sto scrivendo in questo momento. Ho incontrato finalmente delle amiche serie che facevano psicologia come me, e con loro posso dire di aver vissuto veramente i momenti di apprensione, follia e giovinezza della vita universitaria. Penso che loro, in particolare una, siano state le uniche persone al mondo ad accettarmi veramente, con tutti i miei casini e il mio passato problematico, senza volermi aggiustare, cambiare o distruggere.
L’anno scorso mi sono messa a dare esami a raffica per recuperare il tempo perso e riuscire a laurearmi. Ho ottenuto il mio risultato, mi sono laureata in corso e con un voto più che dignitoso. Ma intanto mi sono lasciata indietro un sacco di momenti di vita, di rapporti umani non vissuti, di giorni sereni che ho riempito solo con ansia e stress.
Mio padre e mio fratello hanno reagito alla mia laurea con un “ah ok, brava…”. Niente regalo, niente festa. Ovviamente. Non so bene per cosa mi voglia punire mio fratello, so solo che da quando sono a Torino non è mai venuto a trovarmi e non mi parla più nemmeno al telefono. E i suoi figli non vogliono vedermi. Quelle rare volte che ci vediamo dicono che io sono la zia “pazza e strana”.
E mio padre…ho cercato con tutta me stessa di aggiustare le cose, parlarci, provarci, risvegliare UN MINIMO di calore in lui. Ma non serve a niente. Lo odio. Lo odio in un modo antico, potente, vulcanico che è molto difficile da controllare. Non riesco a starci insieme per più di un giorno senza avere il desiderio di spaccargli la faccia, di ucciderlo pur di rompere quel cazzo di guscio che si è costruito attorno e non lascia uscire né entrare niente, né il calore di un qualsiasi rapporto umano, né le parole, né le emozioni o la vita.
Sto andando nuovamente da uno psicologo da un anno, ma non sento molti miglioramenti e fra noi c’è tantissima distanza. Lo vedo come un rapporto professionale, ma empatico solo a tratti. E sono cambiata, tanto cambiata. L’amicizia con la mia amica torinese si è arrestata quando ho capito che mi faceva più male che bene, perché non era quello che era stato all’inizio: era una relazione a senso unico in cui lei stava sempre male e voleva che io mi prendessi cura di lei (un po’ come mia madre insomma).
Per il resto sono una creatura morta. Ho buttato via i mei vestiti etnici perché ero stufa di come mi guardava la gente quando li mettevo e perché mi ricordavano tutte le prese in giro delle medie, respiro aria orribile, dopo ben 10 anni di felice vegetarianesimo ho ripreso a mangiare la carne solo per fermare quel fiume di gente che ogni volta che mi sedevo a tavola mi faceva il processo sulle carote che soffrono, mi tempestava di domande che non erano curiosità ma frecciate, e augurava il cancro a me e ai miei poveri figli (quali figli poi non si sa, dato che non ne ho e non ne voglio…); che mi dava dell’idiota, della malata di testa, della persona mentalmente chiusa o della puritana.
Ho iniziato a bere e ubriacarmi per lo stesso motivo. Se prima bevevo una birra artigianale o un liquorino ogni tanto perché gradivo il gusto che avevano, l’anno scorso ho iniziato a mandar giù qualunque roba alcolica e ubriacarmi fradicia, girovagando per serate e locali che odiavo, solo perché così sono “come tutti gli altri ragazzi giovani”.
Ho dimenticato completamente la spiritualità, non scrivo più da un anno, non promuovo i miei libri e le mie capacità teatrali non sono state più coltivate. Sto diventando un’ombra, triste, aggressiva, piatta come il resto delle teste di minchia che popolano questa nazione. Non riesco a capacitarmi che qualcuno mi voglia bene e infatti do ingiustamente addosso anche alle poche persone che me lo dimostrano, facendo gaffe bestiali e buttando su di loro i miei sbalzi di umore.
Ho 24 anni e mi sento vecchia e stanca, non ne posso più di dover curare la casa, di dover cercare lavoro mentre studio, di dover fare l’adulta e poi passare subito in modalità ragazzina scialla se no ai miei coetanei non piaccio. Mi sento male perché sono l’unica della mia età a non pensare sempre a scopare, non ho un ragazzo o una ragazza, ho una sessualità tutta particolare e non ho ancora trovato nessun partner che la capisca o che veramente sia in grado di volermi bene e instaurare con me una relazione paritaria. Ho bisogno d'affetto come tutti gli altri, anche se sono indipendente e matura, ma i miei coetanei (diciamo pure anche quelli fino a 35) sono dei ragazzini mentalmente limitati, e se sono più in là con l'età mi vedono solo come una dolce "bambina" da fottersi- scusate il francese-.
E io, in sostanza, non so più chi cazzo sono.
Ho scritto questo bel papiro perché voglio urlare che le cose stanno così. CHE IO STO MALE, e non è una “boiata”, un “lamentarsi a vuoto”, è un dolore atroce che probabilmente neanche conoscete e io non permetto più a nessuno di sminuirlo dicendo che “boh, forse un giorno passerà, sei così giooovaneeee”. E’ tutta la vita che sto male e io non ne posso più. Non so cosa fare, veramente certe volte non vedo via d'uscita e vorrei soltanto addormentarmi dolcemente.
Se sei arrivata/o fino a qui, hai veramente una grande pazienza e probabilmente la curiosità o la voglia di ascoltare e capire. Magari dimmi cosa ne pensi di tutto ciò, che cosa faresti tu… anche solo una riga o due. Mi aiuterebbe davvero, davvero tantissimo in questo momento buio.
Grazie mille...
Ven
05
Ago
2016
Molte persone non conoscono il valore della vita.
Ho quasi 21 anni, e soffro come quando avevo 9 anni. La parola "papà" mi simboleggiava amore, affetto, felicità, divertimento. Separato con mia madre però non mi faceva mancare nulla. Avevamo molte passioni in comune, la gente ci invidiava del nostro rapporto. Era l'amico e stimato da tutti. Da quando si è messa con la nuova compagna il nostro rapporto si è distrutto a pezzi. Lei pretendeva che la chiamassi "mamma" in cambio le sue figlie chiamassero "papà" a mio padre. Io non ero d'accordo perchè di mamma ce n'è una sola e le loro figlie hanno il padre. Lui ha consentito di farsi chiamare papà dalle figlie altrui. I miei nonni e zii paterni non erano d'accordo della loro scelta e magicamente si è dimenticato della nostra famiglia. Nel frattempo sono cresiuto, ho fatto la comunione, lui non è venuto. Mi sono diplomato e gli anni passano. Quando avevo 16 anni lo ricercai, per capire il suo stupidissimo comportamento. Per non parlare della risposta "perché mi hai cercato? cosa vuoi da me?" gli dissi che mi mancava, e che non le avevo fatto nulla di male. Cercando di ricostriure un rapporto. Mi porta a casa sua, sua "moglie" mi invita a cena (come se non fosse successo nulla) scopro che si sono sposati e ho un fratellino. Mio fratellino mi ha subito voluto bene e mi cerca sempre. Allo stesso tempo mi accorgo che mio padre non ha più il comportamento, il carattere, l'affetto, l'amore di una volta. E' diventato volgare (prima non lo era) pieno di malignità (come lei) e ha un rapporto troppo confidenzale con le figlie della moglie. Pochi mesi dopo vengo di nuovo allontanato. Cercando più volte spiegazioni da loro. Lei dice di non voler intromettersi e allo stesso tempo mi mette contro mio padre. Io sono disposto a perdonare, a chiedere scusa ma a questo punto non saprei più cosa fare. Lo vedo in giro e si abbassa la testa. L'unico a salutarmi è mio fratellino.
*Un messaggio generale per un padre: E' giusto che vi fate una nuova famiglia ma non dimenticate di vostro figlio!*Un messaggio generale per una madre: Se il vostro compagno ha figli, lasciatelo amare. Non siate gelose.
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