Tag: madre

Mer

30

Nov

2016

Detesto anzi odio mia madre e non so il perche!

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Mia madre ha quasi 49 anni, è un'insegnate di matematica, insegna nella mia stessa scuola. sono mesi che pretende che io studio la sua materia del cazzo , che mi assilla dicendo di trovare uno sport o un hobby che mi piace, ma non è finita, a scuola cinque mesi fa ha comunicato alla preside che c'erano buone probabilità che lei fosse incinta, le colleghe, quando hanno saputo che lei era davvero incinta, quasi la guardano con ammirazione e invidia sia per via dell'età sia perchè loro, molto più giovani, non lo sono. L'altro giorno una mia amica di scuola che è alunna di mia madre ed io scambiavamo quattro chiacchere, lei mi dice che ammira molto mia madre, che è in gamba ecc ecc. poi dice tipo sta frase "fecondare alla sua età è un miracolo" io mi sono sentita a disagio...a scuola tra l'altro sento che parlano di lei ma questo mi crea disagio, una ragazza spudorata mi ha detto tipo sta frase(riferendosi a lei) "la professoressa e' così brava in matematica, e ha saputo fare i calcoli anche per copulare nelle date giuste così si trova a 49 anni incinta" . Insomma, io mia madre non la voglio più tra i piedi, visto che a casa m'insulta e mi opprime ed a scuola devo sentirmi i racconti dei compagni sulla gravidanza e copule di mia madre. Forse è un problema mio,

Tags: madre, mia, detesto

Dom

02

Ott

2016

Madre parassita

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Non sopporto più mia madre. È umanamente impossibile sopportare una donna del genere. È praticamente nata per lamentarsi, non fa altro dal momento in cui si sveglia al momento in cui va a dormire. Una volta è perchè sta male, l'altra è perchè si sente sola, l'altra è perchè il marito non la apprezza. Ma scusami, come vuoi trovare amici se il tuo unico argomento di conversazione sono le tue lamentele? Seriamente, non sa parlare di altro. È la classica casalinga frustrata che pensa solo alla casa e alle pulizie, ma non è nemmeno capace di portarle avanti. Lavora TRE ore al giorno, nella stessa città e vicinissimo a casa, ma comunque non riesce ad organizzarsi. Per tre ore che manca al giorno si ritrovano cumuli da vestiti da stirare, pulizie arretrate a non finire e pranzo inesistente. Cioè lei torna alle 12 e si pranza alle 14, ma cosa fa nel frattempo? Perchè non è che abbia fatto qualcosa eh. Perde tempo al telefono o facendo commissioni per altri. Non è capace di chicchierare e non è capace di divertirsi, sa solo sbraitare sugli altri perchè poverina, nessuno l'aiuta! Eppure ogni volta che torno a casa la trovo a dormire o a chiacchierare a  telefono. Mio padre non fa altro che invitarla ad uscire ogni domenica ma lei non ne vuole sentire: deve pulire adesso!! E io sono una bestia perchè nel mio unico giorno libero non ho voglia di pulire (il pomeriggio si intende, la mattina non me la scampo mica). Pensa che tutto le sia dovuto e che tutti debbano starle dietro. Ha bisogno di aiuto in TUTTO. Si lamenta che è sempre stanca e che fa sempre un mucchio di cose, quando in realtà nel migliore dei casi fa soltanto quello che fa yba qualsiasi casalinga. Lei invece la fa sembrare una cosa da super eroi, come se le dovessimo baciare i piedi per quello che fa. Inoltre è una tirchia a livelli incredibili. I soldi non ci mancano, ma continuiamo comunque a vivere in uno stato di semi povertà. Da quando ho iniziato a lavorare non ho mai più visto un euro da parte sua. Non le interessava se avevo bisogno di vestiti o altro, perfino le visite mediche mi dovevo pagare e questo va avanti da quando avevo 19 anni. Lo stesso vale per il resto dei suoi figli. Se loro hanno risparmiato qualcosa devono usare i loro soldi ma non i suoi. E meno male che sono tutti minorenni! 

È sempre, costantemente negativa. Non riesce mai a fare un complimento o un apprezzamento su qualcuno. Anche quando uno dei suoi figli riesce in qualcosa il massimo che sa dire è "uhm". In cambio però ci va giù di brutto con le critiche. Su quelle non fa mai elemosina. Trova sempre qualcosa da ridire in qualsiasi occasione, anche se è una cosa felice. Vai fuori la domenica per fare una gita in città? "Ah brava e adesso chi mi aiuta a pulire? Sei soltanto un egoista" I figli vanno a giocare con gli amici? "Ah quindi adesso dovrei darvi altri soldi per farvela spassare?"

È solo una vipera e niente di più. Tutto quello che le esce dalla bocca è puro veleno. Se un'altra persona dovesse passare 24 ore con lei uscirebbe fuori di testa. Non ha voglia di fare niente e si lamenta di tutto. Non so se mi fa più schifo o più pena. 

Mar

06

Set

2016

Non se ne può più

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Non se ne può più, pare che tutti si siano messi d'accordo per rovinarmi la vita.

Partiamo da mia madre, che nell'ultimo anno e mezzo ha deciso di dare di testa. Già lei per me non è mai stata una madre ottimale, diciamo che ha fatto il minimo per non essere definita "madre degenere". Solo per fare un esempio che può sembrare idiota, ma che vi assicuro che ha inciso molto sulla mia vita: ho avuto uno sviluppo sessuale precoce e a 8 anni ho avuto il mio primo ciclo. Credete che lei mi abbia spiegato qualcosa? Ma che, ho dovuto imparare tutto da sola, capire tutto da sola. Nonostante avessi il seno fino ai miei 13 anni si è rifiutata di comprarmi reggiseni perché "ero troppo piccola". Quando stavamo insieme non ha mai fatto altro che mortificarmi. Già alle medie non stavo molto bene perché alcuni ragazzi mi prendevano in giro perché non mi truccavo (mi era proibito, perché "ero troppo piccola"), non ero abbastanza carina, non uscivo mai (anche questo, mi era proibito, sempre perché ero troppo piccola), non avevo un cellulare e altro. Mia madre c'ha messo proprio il carico. Ogni volta che usciva per andare a fare shopping con mia sorella portava anche me ed era una tortura, tanto che oggi quando entro nei negozi e ci resto per più di 15-20 minuti mi viene uno sfogo cutaneo (!!!). Non potevo mai provare nulla perché "non mi sarebbe mai stato", perché era roba "troppo femminile" e quindi "non fatta per me". Il risultato è che i miei vestiti erano sempre stati quelli dismessi degli altri, poco importava che fossero da maschio o che non mi stessero bene. Ovviamente quando tornavamo a casa lei e mia sorella avevano comprato questo mondo e quell'altro per loro stesse e ovviamente ero io a dover portare le buste "perché ero più forte". Proprio perché ero più forte ho sempre dovuto farei lavori pesanti insieme a mio padre o al posto suo se stava a lavoro. Mi sarebbe pure andato bene, perché effettivamente sono più forte di mia sorella, per esempio, ma a volte mi vengono richieste cose impossibili da fare da sole. Una volta, avevo 16 anni, mamma mi chiese di andare a comprare QUATTRO CASSE D'ACQUA d'estate. Io le dissi che non potevo comprare tutte quelle casse d'acqua, ma lei insisteva e si lagnava, quindi le ho chiesto di portarmi dietro mia sorella per farle portare UNA cassa d'acqua e lei mi ha trattato come se fossi matta, perché ti pare che mia sorella potesse portare una cassa d'acqua, mica era così forte! Quindi sono uscita, ho comprato le casse d'acqua, ma ovviamente c'ho messo molto tempo, più di un'ora, a fare il percorso fino a casa. Una volta tornata, ovviamente, lei si è lagnata che ci avessi messo troppo. Ma, Dio Santo, erano QUATTRO casse d'acqua e io ero una ragazza di 16 anni, che diamine! Doveva ringraziare Dio che avessi obbedito a una cosa totalmente folle come quella! (Inutile dire che le mani, le braccia e la schiena mi hanno fatto male per un bel po', dopo quell'avventura)

Ultimamente mia madre ha dato di matto. Ha deciso che lei deve avere la sua indipendenza, che è libera di fare quello che vuole, che mio padre le ha sempre tarpato le ali e cazzate del genere. Ha deciso che lei davvero non fa più nulla e, se prima io dovevo spesso occuparmi dei pasti, della spesa e di altre piccole cose, ora, che sono all'università, ha deciso che devo fare tutto io e che lei non fa più nulla. Io faccio ingegneria meccanica, dovrei studiare, invece sono tutto il giorno a fare i lavori di casa e, quando finalmente riesco a studiare, lei, puntualmente, mi chiama per qualcos'altro, o si mette lì vicino a parlare al telefono, a sentire la musica oppure, fra le due stanze della casa dove c'è la tv, lei si deve mettere proprio dove sono io a guardarla, SEMPRE. A volte mi sposto in un'altra stanza, ma lei viene comunque dopo qualche minuto a rompere. Lei non ha mai fatto l'università, quindi non so se lo sta facendo apposta oppure semplicemente non si rende conto del danno. Ovviamente, anche se sono solo al primo anno, sono già indietro con gli esami. Se rimango in università a studiare, mi chiamano in continuazione perché mi chiedono quando torno a casa, quando faccio le cose, perché mia sorella non sa farle (lei non sa fare nemmeno l'uovo al tegamino, eppure è solo 3 anni più piccola di me!).

A proposito di mia sorella, lei è terrificante. Ha avuto da sempre subito tutto quello che io ho dovuto sudarmi (perfino la storia dei reggiseni per lei non è valso e lei li ha avuti anche quando era piatta e mancava ancora molto alle sue prime mestruazioni). Lei a 12 anni poteva uscire e tornare a prima serata, io a 14 sono potuta cominciare a uscire e tornare alle 16; lei ha sempre avuto tutti i vestiti, i trucchi, i tacchi fin da quando era alle medie, io certe cose non posso averle neppure adesso che ho 20 anni senza sentire mia madre che rompe (ancora adesso non mi trucco mai perché non ho mai imparato); i soldi lei li ha sempre avuti a richiesta, senza dire quello che doveva farci, io ogni soldo che guadagnavo dovevo darlo a mia madre e dovevo spiegarle molto bene quello che ci dovevo fare, altrimenti me li potevo scordare. Le feste? Lei ci può rimanere quanto le pare, io se non esco entro mezzanotte e accompagnata mi devo sorbire il mazzo! Senza contare la maleducazione di quella ragazza perché "non mi posso permettere di dirle cose deve o non deve fare". E va be', capisco la libertà di scelta, ma sinceramente che tu non faccia niente dalla mattina alla sera a 17 anni, mentre io a 20 devo fare qualunque cosa, mi sembra un po' esagerato, ecco. Spesso capitava che io le preparassi da mangiare e la aspettassi per il pranzo o la cena e poi lei non tornava perché aveva deciso all'ultimo di mangiare con le sue amiche e non mi aveva avvertito. È da cinque anni che va avanti questa storia e io ogni volta come una scema continuo a prepararle da mangiare e ogni volta sono costretta a buttare metà delle cose che ho preparato perché non riesco a consumare io tutto il cibo per due.

Per la questione dei soldi, comunque, ho provato a lavorare (ho iniziato a 16 anni, fin troppo tardi, per quel che mi riguarda), ma ogni giorno quando tornavo a casa mia madre mi diceva che non dovevo farlo, che non serviva a nulla, che non aveva senso per me, che era "una tortura per lei vedermi ridotta in quello stato per il lavoro" (ma che stato, poi? Ero solo stanca!)... A volte mi prendeva appuntamenti o visite mediche in orario di lavoro apposta per farmelo saltare. Ancora adesso che ho 20 anni le ho dovuto tenere nascosto il lavoro, perché sennò mi avrebbe rotto le scatole.

Da un lato vorrei andarmene da qui, però, sinceramente, non riesco a lasciare mio padre (che invece è sempre stato un uomo di buon senso, che mi ha sempre consigliato e sostenuto) in mano a queste due folli.

Poi si sono aggiunti i problemi sentimentali a causa di uno dell'università. Questo qui mi si era dichiarato e visto che sono sempre stata single (SEMPRE, manco il fidanzatino all'asilo ho avuto) e mi sono sempre lamentata ho deciso di dargli una possibilità, chiarendo che comunque era, appunto, una POSSIBILITÀ. All'inizio sembrava andasse tutto bene, tanto che mi ero convinta a dirgli definitivamente di sì, ma poi tutto è degenerato in una spirale di follia pura. Vi dico solo che abbiamo avuto una discussione perché ci dovevamo vedere, io ho detto che sarei stata un po' libera un x giorno a una x ora e lui mi ha fatto "Ah, ma c'è la partita" e allora io gli ho detto "Scusa, non lo sapevo, vediti la partita perché tanto ci vediamo in università e poi decidiamo un altro giorno" e lui no, doveva per forza saltare la partita perché sennò io gliel'avrei rinfacciato e io che gli dicevo di vederla perché tanto che me ne fregava, ci vedevamo tutti i giorni! Una cosa di surreale. Lui alla fine la partita non l'ha vista ed è sempre stato lui a rinfacciarmi di averla saltata per me (!!!!). Dopodiché, cercava di pagarmi sempre tutto e io ti direi "Oh, grazie, molto gentile", ma se mi venisse presentato come un favore, come qualcosa che fai per farmi contenta, non che poi paghi e ti lamenti che sei un pezzente, perché allora non è una gentilezza, è un baratto: mi vuoi far pesare che hai pagato, perché così mi sento in debito con te. Allora, se vuoi una che quando paghi te la dà, vai dalle prostitute, non da me. Io credo credesse di star parlando a una matta scocciata, perché ogni cosa era "Eh, ma poi me lo rinfacci", "Eh, ma poi ti rigiri la frittata", "Eh, ma poi-" POI NIENTE. Non c'è nessuna frittata, non ti devo rinfacciare nulla. Era la persona più pesante che io avessi incontrato in tutta la mia vita! Tutti i giorni più volte al giorno doveva essere aggiornato su cosa pensavo di lui e perché. Mi metteva fretta, ansia, stress, in una maniera assurda. Capisco che la situazione in parte era colpa mia, lo ammetto a mani alzate, lo so, ma diamine, ci si è messo anche lui a peggiorarla! Ogni volta che litigavamo lui stava così male che non mangiava, non dormiva, non beveva, perché avevamo litigato e non è che lo nascondesse, no, andava in giro a sbandierarlo, come se io gli avessi fatto chissà che torto quando gli avevo semplicemente detto di andare a farsi la partita con gli amici perché tanto io avevo da fare e quindi ci saremmo visti per solo pochi minuti. Ha pure minacciato di ammazzarsi!! Mi ha messo uno stress così forte che mi sono venuti a me disturbi psicosomatici! Mi cadevano i capelli, perdevo peso a vista d'occhio e velocemente anche se mangiavo una marea di schifezze per tirarmi su il morale, dormivo di meno, facevo gli incubi (non mi succedeva da molto tempo)... Quindi stress per l'università + stress per questo tizio + stress per la mia situazione familiare = disastro, casino totale.

Gli ho detto a questo ragazzo che forse potevamo continuare a vederci in università con calma, che non aveva funzionato e amen, si andava avanti, ma noooo, lui doveva fare per forza la vittima, ero IO che avevo sbagliato, la colpa era mia e lui non mi voleva vedere più. Mi ha tolto pure il gusto di andare in università perché ogni volta che lo incontro per caso è l'imbarazzo puro perché io lo saluto come faccio con tutti e lui non risponde e fa di TUTTO per far sentire che sono indesiderata. Ma sinceramente, 'sti cazzi, va bene? È andata male, pazienza, si va avanti come tutte le persone sane di mente fanno, non che continui a dovermi fare sentire in colpa per la vita. Perché poi, mentre io non avevo nessuno con cui confidarmi perché non volevo far pesare questo problema agli altri, lui lo raccontava al mondo, indi per cui TUTTI sapevano quello che stava succedendo, ma dal suo punto di vista, quindi pare che io fossi una stronza e basta, punto, fine del discorso, perché ignoravo il suo malessere quando discutevamo o sul fatto che non gli davo una risposta definitiva e cose del genere. Sinceramente, io ci ho messo tutta la mia buona volontà: ho cercato in tutte le maniere di farlo contento, davvero, gli ho perfino cucinato delle cose perché sapevo l'avrebbe reso felice, per fargli capire che non me ne importava nulla se era un pezzente e cose del genere. Poi ho capito. "Eh, ma è insicuro", INSICURO 'STA MINCHIA, è un pazzo psicotico, se curasse in testa! Se dovessimo contare tutte le volte che io sono stata rifiutata (una volta in maniera anche piuttosto brutale, anche se molto genuina, c'è da dire), allora io dovrei essermi sparata in testa da una vita e che diamine.

Scusate per lo sfogo lunghissimo, ma ne avevo bisogno perché mi serve per non dare di matto anche io. Lo so che ci sta gente che sta peggio e ci sono problemi ben più pesanti, ma, ecco, tutti abbiamo bisogno di uno sfogo, a prescindere.

Mer

31

Ago

2016

Mia madre mi sta uccidendo

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Ragazzi, potrà sembrarvi strano, ma ho solo 12 anni e ho già una madre fuori di testa. Soltanto xke gioco a pokemon mi ha tolto tutto ciò che avevo: cellulare, ds, tablet e ora vuole togliermi anke il pc. ogni volta che faccio un qualcosa di sbagliato deve sempre dare la colpa al pokemon che c'è in me e poi mi dice che una notte verrano i pokemon che mi graffierano le gambe. mi dice poi che sto al pc a fare solo cretinate e a pensare poi, che da piccolo mi usava una cinghia che faceva malissimo. poi qualsiasi cosa abbia io a lei gli fa schifo. poi mi dice che i miei capelli sono brutti e che sembrano una scatola quadrata. poi dice che mi vorrebbe mandare via a vita oppure mandarmi in un collegio. pensare poi che a giugno nn mi ero neanke svegliato che già questa sbraita e continua finke nn scendo x andare in bagno e gli dico stai zitta cn coraggio. poi arrivo in macchina respiro normalmente e mi dice che sbuffo. poi ha fatto un incidente e ha dato la colpa a me, A DATO LA COLPA A ME CAZZO. poi ogni talvolta che pulisce il bagno, vuole sempre che centri il water (sn maschio). qualke giorno fa mi ha controllato le unghie e solo xkè vedeva che avevo un pò di sangue diceva che era opera dei pokemon. lei nn ha mai capito niente e sn sempre io a doverla aiutare. poi quando è mia sorella a fare qualcosa senza senso, va bene, se lo faccio io son guai. poi mi mette sempre me a differenza degli altri. e ora arriva il bello: lei nn sa manko le cose che le spara e vuole anke aver ragione.

P.S: mamma, se stai leggendo questo post, ricordati ke nn ti ho mai voluto bene e che tu DEVI MORIRE MALE, DEVI MORIRE MALEEEEEEEE 

Mar

23

Ago

2016

S.O.S-vi racconto la mia vita

Sfogo di Avatar di stufastufa | Categoria: Ira

Questo post è chilometrico, ma chiunque avesse la pazienza di leggerlo avrebbe tutta la mia gratitudine. Non sono mai riuscita a farmi capire da nessuno, e lo so che allora è un po' stupido riversare la propria sofferenza in internet...ma il sito dice "sfoghiamoci" e allora io lo faccio in grande, no?

 

Sono nata da una madre e un padre che all’epoca avevano rispettivamente 39 e 54 anni. Lei con la terza media, proveniente da una famiglia povera del Veneto e con alle spalle gravi abusi fisici e psicologici da parte di mio nonno materno su tutto il suo nucleo famigliare. Mio padre lombardo DOC, proveniente da un paesino bergamasco dell’anteguerra e orfano a pochi anni di mio nonno paterno; passato per la seconda guerra mondiale nei primi anni della sua infanzia dato che è nato nel 1938. Queste condizioni sfavorevoli di vita li hanno portati a essere persone problematiche: ansiosi, angoscianti, freddi, sfiduciati e degli incompetenti emotivi totali. Mio padre non ha mai fatto carezze, dato baci o scherzato su qualcosa, non ha mai fatto un regalo se non precedentemente concordato; mia madre faceva qualche carezza, ma era sempre cupa e vittimistica, e passava il tempo a lavorare o andare a messa e confessarsi, dato che era cattolica estremista.

 

Nonostante ciò hanno fatto subito un figlio quando si sono conosciuti (mia madre aveva 19 anni…), poi per vent’anni basta, niente più figli, finchè alla soglia della menopausa precoce di mia madre, in quello che mi hanno detto essere stato l’ULTIMO dei loro tristi rapporti sessuali, sono stata concepita per errore.

La prima accoglienza che ho ricevuto in questo mondo, la prima emozione che ho sentito, anziché la classica gioia di due persone che stanno per diventare genitori, sono state la paura terribile di mia madre e la proposta di mio padre di abortire. E il fatto che lei abbia voluto tenermi solo per fare un dispetto a mio padre e perché aveva paura di andare all’inferno se si fosse presa delle libertà col suo embrione… non è di grande consolazione.

Poi se ne sono fatti una ragione e si sono buttati nell’impresa di crescere un altro bambino cadutogli fra capo e collo, ma intanto il danno era già fatto. Da che sono venuta al mondo, già dalla prima settimana in ospedale, mi sono rifiutata di mangiare. Ero deboluccia e non avevo la minima voglia di crescere come gli altri bambini, non passava più di un mese senza che mi venisse qualche malattia. Al nido e all’asilo piangevo e vomitavo tutte le mattine. Vivevo in simbiosi con mia madre, che mi “amava” ma al tempo stesso mi avvelenava col suo attaccamento perverso, con la sua ansia, con le sue paure irrisolte. Ora so che soffriva di depressione clinica e con tutta probabilità anche di psicosi, ma nemmeno questo è granchè consolante. All’epoca non lo sapevo e per me lei era una figura d’attaccamento mostruosa, una fonte di affetto tossica, da cui però dipendevo. Tutte le sere prima di dormire mi raccontava le atrocità che faceva mio nonno alla famiglia, mi faceva guardare i film horror, riteneva normale che io alla richiesta di disegnare “la mia famiglia” producessi una schiera di crocifissi.

Mio padre, invece, era ed è sempre stato assente. A volte provava a giocare con me, ma forse non ne aveva granchè voglia o si sentiva stanco e impacciato, perciò non ci si impegnava molto. Lavorava tutto il giorno, e anche mia madre ha ripreso a lavorare tutto il giorno quando io avevo pochi mesi. Sui suoi diari c’è scritto che ero una bambina buona, socievole, che non cercava granchè le coccole ma intanto saltava in braccio agli sconosciuti. Io aggiungo che già allora dimostravo di essere sveglia e intelligente, che ero curiosa di tutto e mi piaceva scoprire il mondo. Non ero granchè bella ed ero sotto gli standard di crescita normali, infatti credo che lo sviluppo dell’intelligenza sia più che altro una reazione al fatto di non essere ammirati per altre qualità come l’altezza o l’aspetto fisico. Non so se sia così per tutti, ma per me lo è stato di sicuro.

Cercavo in ogni possibile modo di essere amata, di ricevere quell’amore pulito e incondizionato che i bambini dovrebbero avere, e che io non ho mai conosciuto. L’amore che ricevevo era sempre legato a qualcosa che facevo o non facevo, mi veniva detto di darmi una calmata, di smetterla di piangere e star male, di star seduta e buona, di “mettermi nei panni di mia madre” ecc. Mio fratello, ormai grande, è uscito di casa quando io avevo 4 anni, enfatizzando la depressione e l’isteria di mia madre e inasprendo il clima famigliare.

La casa che ricordo è un appartamento che nessuno puliva, pieno di giochi e libri e quindi di stimoli cognitivi (non posso dire che i miei genitori me li abbiano mai fatti mancare), ma pieno anche di inquietudini e odio e vuoto di stimoli emotivi. Mentre io ero una bambina estremamente sensibile, che avrebbe preferito di gran lunga usare il canale emotivo e corporeo più che quello logico.

Appena ho imparato a parlare sono stata tirata in ballo nei litigi di coppia; appena ho avuto la schiena abbastanza dritta per reggermi su un seggiolino della bici sono stata sbolognata tutto il giorno all’asilo nido e poi all’asilo, e quindi fino a sera da mia nonna. Mi sentivo abbandonata e tradita, ma all’epoca queste emozioni non avevano questi nomi. Venivano fuori sotto forma di sintomi psicosomatici e di un senso di dolore e oppressione terribili, che mi facevano scoppiare a piangere disperatamente non appena qualcuno mi spaventava o mi criticava. Perché, pensavo, se non si accorgono nemmeno di me, se non conto abbastanza da valere un po’ del loro tempo, allora sicuramente sono io che ho qualcosa che non va.

Già allora avevo problemi coi coetanei. Da una parte ero un esserino giocoso ed espansivo, coinvolgevo tutti in giochi di ogni tipo e, devo dire, molto fantasiosi; dall’altra ero estremamente insicura e mi appiccicavo tutto il giorno alla porta a vetri per vedere se arrivava la mamma. Questo era dovuto al mio non sentirmi abbastanza amata, ma soprattutto al bisogno patologico che mia madre aveva instaurato nei miei confronti: mancandole il primo figlio e odiando il marito, io ero diventata il suo unico appoggio affettivo. E così si aggrappava a me, in un’età in cui se tiri troppo forte si spezzano le braccine e le mani. Non sono mai riuscita a reggere tutta la sua ombra, ma al contempo avevo un disperato bisogno di guarirla, volevo che stesse bene e che sorridesse, e che mi volesse bene… e nell’ideale di onnipotenza che hanno tutti i bambini, probabilmente mi ero messa in testa che era colpa mia se lei non stava bene, che se mi fossi comportata meglio o adeguata a ciò che mi chiedeva, allora avrei potuto operare il miracolo. Ovviamente non è stato così. Ma quella bambina di pochi anni crede ancora di poterlo fare, di essere la causa delle malattie mentali di una madre che a sua volta è stata maltrattata e abusata dalla famiglia.

 

Inevitabilmente, insieme alla voglia di prendermi cura di lei, in un’età inappropriata in cui avrei avuto io per prima bisogno di cure, è germogliato un senso potente di risentimento e di rabbia nei confronti di questa famiglia incompetente che mi lasciava maltrattare dalle suore (forse il termine corretto è abusare, dato che suor Giuliana mi portava in una stanza vuota, mi tirava giù i pantaloni e mi sculacciava per vari minuti sulla pelle nuda; oppure mi metteva al centro della classe e ordinava agli altri bambini di umiliarmi finchè non avessi smesso di piangere), che mi lasciava soffrire senza offrirmi un appoggio sicuro e fingeva di non vedere il mio dolore -o forse non lo vedeva davvero-, che mi diceva che il mio malessere era una sciocchezza, che mi faceva dubitare di me stessa e di ciò che avvertivo dentro di me (ancora adesso ho un grande bisogno che le persone mi credano quando gli dico le cose, tanto che mi sento in dovere di spergiurargliele anche quando sono vere e quindi sembra che io stia raccontando cavolate…), che non offriva nessun tipo di contenitore e di esempio per la mia personalità in formazione.

Credo sia per questo che dentro di me c’è sempre stato un lato libero, indipendente e selvaggio; e insieme un altro molto instabile e impaurito, tipico di chi non ha avuto delle fondamenta stabili all’inizio della sua vita. La terza cosa che è nata in me in quel periodo, oltre al desiderio di guarire la mia famiglia e all’odio, è il senso di colpa per non essere riuscita nel mio intento. E’ da lì che nasce la mia idea di essere sbagliata. Non sono riuscita a compiacere la mia famiglia abbastanza da farmi desiderare e amare… abbastanza da farmi quantomeno accettare per quello che sono… e quindi ne ho concluso che se nella mia vita qualcosa va male l'imputato sono sempre io.

Dopo l’asilo è arrivata la scuola. A scuola stavo bene. Facevo amicizia abbastanza facilmente, ero più sicura che all’asilo, mi piaceva studiare e mi stavano simpatiche le maestre. Le elementari sono state effettivamente il periodo più tranquillo della mia infanzia. Avevo dei momenti in cui ancora piangevo a dirotto o manifestavo un’insolita timidezza, però nei miei ricordi sono molti di più i momenti belli di quelli negativi. Il mio disagio si era momentaneamente addormentato e veniva fuori solo nei disegni e nelle tematiche macabre dei miei giochi. Il resto erano compiti, attività in classe, intervalli in giardino. Ero molto creativa, molto brava in tutte le materie (tranne educazione fisica, cosa comprensibile dato che la mia famiglia non ha mai considerato il corpo o l’ha mortificato, e mi diceva sempre di star seduta e non essere “irruenta”, anche se magari stavo facendo una semplice corsa per casa o al parco come fanno tutti i bambini…). Non sono sicura che siano nati qui i primi problemi di invidia dei miei compagni verso di me, ma probabilmente dalla quinta elementare ho iniziato a rendermi conto che io ero più avanti degli altri e che se “esageravo” nel mostrare la mia intelligenza loro ci rimanevano male e mi escludevano.

Questa cosa è invece esplosa alle medie, soprattutto gli ultimi due anni. Le medie sono state in assoluto il periodo peggiore della mia vita. Nei primi mesi no, non ancora, perchè ci dovevamo tutti ambientare e a me piaceva l’idea di studiare materie un po’ più “difficili”, anche se in classe quasi sempre mi annoiavo dato che la mia testa correva avanti e (senza falsa modestia) molte cose le sapevo già. All’inizio infatti alzavo la mano continuamente per rispondere alle domande, facevo temi lunghi e dettagliati, sproloquiavo di materie scientifiche e, a parte la solita ora di educazione fisica dove i miei coetanei si prendevano tutte le loro rivincite, ero la migliore della scuola.

E’ stato allora che i miei compagni hanno iniziato a odiarmi. Prima gli davo solo fastidio, col passare del tempo l’intera classe (tranne le mie uniche due amiche) ha deciso che era ora di mettermi un freno. Così tutti hanno iniziato col parlarmi alle spalle, poi in faccia apertamente; a prendermi in giro per qualunque cosa mi mettessi addosso o mi piacesse (poteva essere un libro, un astuccio, una felpa, una musica… qualunque cosa). Non mi invitavano più alle feste, e se io gli portavo comunque un regalo di compleanno loro lo buttavano nel cestino davanti a me; mi scrivevano offese sul banco, mi nascondevano le cose o le buttavano via, una volta sono tornata dall’ora di educazione fisica e ho visto che qualcuno mi aveva vomitato nello zaino. I maschi più violenti mi minacciavano anche fisicamente, chiedendomi se volessi botte, facendo cricca all’ingresso della scuola e spaventandomi quando uscivo. Fra loro e fra mia madre che mi ripeteva continuamente di quanta gente ci fosse nascosta dietro i cespugli pronta a saltarmi addosso, il semplice tragitto casa-scuola per me si trasformava in un bagno di paura.

Il risultato è che io mi sono isolata sempre di più e, come difesa, ho idealizzato la mia intelligenza. Mi ritenevo un essere superiore, troppo particolare per scendere a patti con gente del genere e col loro mondo fatto di parolacce, fotografie di attori, sputi, bigiate e minacce. La mia prima adolescenza è costellata di ricordi solitari, di me che mi chiudevo in classe a leggere anche quando c’era l’intervallo, di me da sola nella mia stanza che facevo i compiti e mi intrattenevo con le mie fantasie, di me che scrivevo e vincevo premi letterari e partecipavo a show televisivi, ma intanto non avevo praticamente nessuno con cui parlare senza essere giudicata, senza la preoccupazione di dover essere “simpatica, easy, una ragazzina come gli altri”.

 

Quello è anche il periodo in cui ho ricevuto un sacco di critiche sul fatto che ero troppo seria, che dovevo muovermi a farmi degli amici e uscire per fare “cose da ragazzi” con loro, che dovevo vestirmi da adolescente e ascoltare musica da adolescenti e -per piacere!- non eccellere in ogni cosa, altrimenti tutti mi avrebbero odiato a morte!

E io invece, col carattere guerriero che ho, anche se dentro ero spezzata in due e mi sentivo triste come non so cosa, ho perseverato nel prendere tutti voti massimi, nell’ascoltare la musica che volevo e nel vestirmi come cavolo mi pareva. Era quel meraviglioso periodo in cui non accettavo di scendere a patti con le critiche. Non mi scivolavano addosso: le prendevo tutte in pancia come delle frecce e mi ferivano tantissimo, ma quantomeno non gli sottostavo. In quel periodo ho iniziato ad andare dalla psicologa, perché non sapevo dove sbattere la testa e mi sentivo un alieno totale rispetto al mondo che mi circondava.

 

A scuola era uno schifo, tornavo a casa e trovavo una situazione sempre più degenerata, con due persone ormai quasi estranee che si urlavano contro e mi coinvogevano nei loro meccanismi malati; con mio fratello distante e con un figlio da crescere, un fratello a cui non veniva detto mai niente su quello che stava succedendo in casa; senza un vero amico se non quelli che stavano dentro la mia testa e senza nessuno che mi desse un esempio o un modello da seguire.

La psicologa è stata una benedizione per me, e probabilmente grazie a lei ho imparato ad avere fiducia nella psicologia. Mi ha aiutato a finire le medie senza rimanerci secca, anche quando i miei compagni sono passati dalle parole ai fatti e, l’ultimo giorno di scuola, mi hanno lanciato un banco addosso. Anche quando per urlare il mio odio ai miei genitori e al mondo ho bevuto un flacone di detersivo e sono finita in ospedale. Quando finalmente è passato quel periodo, ho fatto un anno di liceo classico, buttandomi nello studio in un modo talmente maniacale che sono crollata appena finito un semestre. La situazione a casa era sempre peggio. Litigavamo tutti con tutti, tutti i giorni. Mia madre faceva gesti teatrali come inseguirmi con un martello o lanciare oggetti per terra, mio padre faceva la “roccia” e la ignorava, facendole venir voglia di strillargli dietro ancora di più per smuoverlo e fargli dire qualcosa (un comportamento che purtroppo capisco, dato che lo sto attuando pari pari a mia volta…).

 

Io mi chiudevo nella mia camera e scrivevo. Nell’estate tra le medie e il liceo ho scritto il mio primo romanzo, senza dire niente a nessuno. I miei genitori non hanno saputo niente, se non quando un editore l'ha pubblicato a proprie spese tre anni dopo… quando l’ho finito ho brindato da sola con me stessa, in cucina, nel buio della notte. E' stato il momento più felice della mia vita.

Mi ricordo tantissimo, ma proprio sulla pelle, quanto soffrivo in quel periodo a causa della mia età. Nessuno mi dava retta perché dicevano che ero troppo giovane, ero minorenne e quindi per lo Stato non esistevo e non potevo firmare da nessuna parte, quando scrivevo su internet mi scambiavano per un troll che si “spacciava per una ragazzina”. Mi sono sentita dire che le mie poesie erano troppo complicate e troppo tristi per una della mia età, che le femmine non devono scrivere cose così paurose o violente, che sembravo depressa o autistica, che mi dovevo vivere la mia vita e imparare a godermela. Tutto questo ovviamente detto da gente che non aveva la minima idea di quanto fosse vasta la gamma delle emozioni che provavo, di quanto fossi sensibile e di come godessi di cose che loro nemmeno capivano, come l’estasi della bellezza di una musica, trovare un buon libro in biblioteca, stare nella natura che mi è sempre piaciuta da morire, stare coi miei due amici a PARLARE di noi stessi e condividere le nostre giornate e il nostro affetto, anziché a ubriacarci e drogarci.

 

Mi piaceva viaggiare, mi piaceva vedere i quadri e i musei, adoravo leggere e giocavo ai videogiochi (di tutti i tipi, dai medievali e fantasy al simulatore d’aerei) come se non ci fosse stato un domani. A guardarmi da fuori adesso, a distanza di tempo, avrei detto a me stessa che ero una ragazza assolutamente normale, che magari si vestiva con tute larghe o maglie etniche anziché stivaletti e calzamaglie, che traeva nutrimento e vita da cose più “mature”, che era un po’ taciturna ma quando si trovava nell’ambiente che le piaceva allora si trasformava nella più solare delle persone.

Ma allora ero davvero convinta di essere diversa, e dannata. Non sapevo cosa fare per piacere di più agli altri, non sopportavo più di vivere in casa coi miei genitori, non sopportavo la mia vita. Ho iniziato un altro periodo di protesta verso la mia famiglia, con un comportamento anoressico che in realtà era un vero e proprio sciopero della fame, in cui mi sono ridotta a poco più di 30 kg e sono finita di nuovo in ospedale con la chiara intenzione di morirci.

Ma non è successo. In ospedale è scattato qualcosa e ho ripreso a mangiare. Sono andata a casa e ho espresso chiaramente ai miei che me ne volevo andare. Ho preso possesso dei soldi che mi aveva lasciato mia nonna e a 16 anni ho comprato una piccola casa, la MIA casa. Ho trovato lavoro in panificio, cosa che mi costringeva ad alzarmi all’alba e spararmi tre ore complessive di treno e pullman al giorno, ma ero felice. Vivevo come volevo io, mangiavo quello che mi piaceva (ero vegetariana da un paio d’anni e mia madre era sempre stata contraria a questa scelta), potevo usare i soldi che guadagnavo per tutto quello che mi serviva. I primi tempi ho avuto paura di non farcela, mi sono scontrata con le bollette da pagare e il fatto che io non potessi avere un conto in banca poiché minorenne; con la solitudine di una casa vuota, col fatto che ovviamente la gente non si risparmiava i commenti sul fatto che solo una disadattata o una sfigata va a vivere da sola a quell’età…

 

Dopo un anno e mezzo di quella vita, ho deciso che lavorare andava bene, ma forse era meglio anche finire le superiori e prendermi un diploma. Così ho messo in pausa il lavoro serio e ho fatto solo lavoretti saltuari, mentre recuperavo gli anni come privatista. E’ stato davvero, davvero difficile. Ero stanca morta, avevo pochi soldi, ma ce l’ho fatta comunque. Sono uscita con 97 su 100.

Il diploma mi aveva caricato molto. Ormai mi ero stabilizzata in casa mia, stando separata dai miei genitori riuscivo a parlarci di più, avevo deciso che avrei provato il test di medicina e che intanto per quell’estate avrei fatto una festa e viaggiato. La festa del diploma è stato l’ultimo momento di pace che ricordo. Eravamo tutti nel giardino a casa di mia madre, con fiori e candele, un sacco di cibo e persino un illusionista che avevo invitato per intrattenere gli ospiti. Ho delle foto di tutti noi con corone di foglie in testa e dei bellissimi sorrisi, sorrisi che non ho mai visto nella mia famiglia.

E poi la mazzata, perché quell’anno del cazzo era il 2011. L’anno in cui ho fallito il test di medicina per un punto e mezzo. L’anno in cui non sapendo cosa fare come università, anche perché quasi tutte erano col test di ingresso e ormai le date erano passate, ho deciso di trasferirmi vicino a Bologna per fare erboristeria e ho affittato la mia preziosa casa a un ragazzo che si è rivelato essere un delinquente. L’anno in cui la mia famiglia mi ha taciuto il tumore mortale di mia madre, per abbastanza tempo da farmi portare tutte le mie cose a centinaia di chilometri da Milano per poi farmi cadere dal pero in una serata di settembre, quando l’ho trovata in bagno che vomitava feci e siamo corsi immediatamente in ospedale, e allora sono stati costretti a dirmi cosa stava succedendo.

 

Immaginatevi me, in una casa in affitto in Emilia-Romagna, che inizio un’università nuova senza il minimo appoggio morale di nessuno, e intanto provo a cercare lavoro a Bologna, e nel mentre vengo a sapere che mia madre sta morendo e che il mio inquilino, che non mi paga e mi sta sfasciando la casa, va sfrattato con una procedura legale lunga e costosa.

Le uniche cose che mi hanno salvato in quel periodo sono state la scrittura e la spiritualità. Frequentavo un gruppo neopagano, una cosa che mi ha arricchito molto e che mi ha aiutato a pensare alla morte come una porta che da un’esistenza conduce a un’altra. Che mi ha aiutato a vedere un po’ di magia e di sacro in ogni angolo del mondo e in ogni stadio della vita umana, anche quelli più difficili.

Mia madre è morta quasi subito, il giorno di Natale del 2011. Sono stata io la prima a trovarla morta. Già da un bel po’ le somministravano morfina e quindi non si rendeva conto delle cose, ma ricordo che quella mattina aveva gli occhi perfettamente assennati, anche se immobili, e un’unica lacrima che le scendeva da una palpebra. Sono sicura che si sia resa conto di cosa stava capitando. Proprio il giorno dopo è morto anche il mio coniglietto, dopo dieci anni di onorata vita. Ho sempre detto che me li immagino insieme nell’aldilà, con lei che cerca il trifoglio per il suo piccolo amico. Finalmente libera. Finalmente sana. Finalmente se stessa.

 

Io ho retto il colpo abbastanza bene, anche se pure a distanza di anni continuo a piangere. Credo invece che mio fratello non si sia più ripreso. Nella mia famiglia le donne non sono mai state molto considerate e il loro “posto” è sempre stato la pelatura delle patate in cucina, ma sotto sotto tutti i maschilisti venerano la propria madre e, in sua mancanza, affibbiano le sue competenze (anche affettive) alla diretta erede. Cioè io. L’ultima donna rimasta fra i parenti stretti.

Questo è un ruolo che io ho rifiutato subito. Secondo i fratelli di mia madre, io avrei dovuto prendermi cura di loro come faceva lei, anche se ormai sono belli che adulti; secondo mio fratello, io avrei dovuto fare la badante di mio padre e prendermi cura di lui ora che lei non c’era più, nonostante loro due si fossero detestati apertamente e negli ultimi mesi prima che lei si ammalasse avessero (finalmente!) scelto di vivere separati anche se la religione cattolica vieta il divorzio.

Io ho detto a tutti che nessuna di queste “mansioni” mi passava nemmeno per la testa.

Sono tornata a Milano, sentendomi dire da mio fratello che ero una pazza che non finiva mai quello che portava a termine (eh sì, contorto il ragazzo… da una parte voleva che io mi prendessi cura di mio padre, ma dall’altra non gli stava bene che io tornassi a Milano. Bah). Ho trovato un lavoro che pagava bene e ho preso una casa in affitto in città, nel mentre che sfrattavo l’inquilino imbecille.

E intanto ho provato, per la seconda volta, il test di medicina. Però stavolta ho voluto andare sul sicuro e ho fatto anche quelli di professioni sanitarie e di psicologia, sperando che almeno in uno sarei entrata…medicina no. Inarrivabile. Ma sono entrata negli altri due, fisioterapia e psicologia. E ho scelto psicologia. Così sono passati i miei primi due anni di università, un anno con un po’ di lavoro, poi un periodo senza lavoro, poi un periodo massacrante di lavoro in un ristorante in cui ho perso un sacco di esami. La vita non andava bene, anche se avevo pubblicato il mio secondo romanzo, facevo teatro ed ero riuscita a riprendere possesso della mia casa. Non ero riuscita a farmi un solo amico all’università, odiavo Milano e abitavo comunque a più di un’ora di treno+pullman dalla città. Mi sentivo isolata e molto, molto sola.

 

E’ stato in quel periodo che ho conosciuto su internet un’amica torinese. Siamo entrate subito in sintonia, eravamo molto curiose di conoscerci e scambiare esperienze. Lei era una persona un po’ triste e anche lei con una famiglia del cavolo, ma abbiamo allacciato subito una di quelle amicizie intime, brucianti, praticamente da sorelle. Dunque mi sono trasferita a Torino a finire la triennale, sia perché avevo sentito parlare bene dell’università di psicologia e avevo l’intenzione di farci la magistrale, sia per stare vicino a lei. Ho fatto abbastanza fatica coi documenti per l’università, ho fatto una grande fatica a dirlo a mio padre e a mio fratello.

 

Entrambi erano assolutamente scettici sul fatto che io finissi l’università, mio fratello mi ha proprio detto in faccia che tanto sarei tornata a Milano dopo qualche mese con la coda fra le gambe, proprio com’era successo con Bologna. Ma non l’ho fatto. Ho affittato prima una mansarda in centro e poi una casa più grande, dove sto scrivendo in questo momento. Ho incontrato finalmente delle amiche serie che facevano psicologia come me, e con loro posso dire di aver vissuto veramente i momenti di apprensione, follia e giovinezza della vita universitaria. Penso che loro, in particolare una, siano state le uniche persone al mondo ad accettarmi veramente, con tutti i miei casini e il mio passato problematico, senza volermi aggiustare, cambiare o distruggere.

 

L’anno scorso mi sono messa a dare esami a raffica per recuperare il tempo perso e riuscire a laurearmi. Ho ottenuto il mio risultato, mi sono laureata in corso e con un voto più che dignitoso. Ma intanto mi sono lasciata indietro un sacco di momenti di vita, di rapporti umani non vissuti, di giorni sereni che ho riempito solo con ansia e stress.

Mio padre e mio fratello hanno reagito alla mia laurea con un “ah ok, brava…”. Niente regalo, niente festa. Ovviamente. Non so bene per cosa mi voglia punire mio fratello, so solo che da quando sono a Torino non è mai venuto a trovarmi e non mi parla più nemmeno al telefono. E i suoi figli non vogliono vedermi. Quelle rare volte che ci vediamo dicono che io sono la zia “pazza e strana”. 

E mio padre…ho cercato con tutta me stessa di aggiustare le cose, parlarci, provarci, risvegliare UN MINIMO di calore in lui. Ma non serve a niente. Lo odio. Lo odio in un modo antico, potente, vulcanico che è molto difficile da controllare. Non riesco a starci insieme per più di un giorno senza avere il desiderio di spaccargli la faccia, di ucciderlo pur di rompere quel cazzo di guscio che si è costruito attorno e non lascia uscire né entrare niente, né il calore di un qualsiasi rapporto umano, né le parole, né le emozioni o la vita.

Sto andando nuovamente da uno psicologo da un anno, ma non sento molti miglioramenti e fra noi c’è tantissima distanza. Lo vedo come un rapporto professionale, ma empatico solo a tratti. E sono cambiata, tanto cambiata. L’amicizia con la mia amica torinese si è arrestata quando ho capito che mi faceva più male che bene, perché non era quello che era stato all’inizio: era una relazione a senso unico in cui lei stava sempre male e voleva che io mi prendessi cura di lei (un po’ come mia madre insomma).

Per il resto sono una creatura morta. Ho buttato via i mei vestiti etnici perché ero stufa di come mi guardava la gente quando li mettevo e perché mi ricordavano tutte le prese in giro delle medie, respiro aria orribile, dopo ben 10 anni di felice vegetarianesimo ho ripreso a mangiare la carne solo per fermare quel fiume di gente che ogni volta che mi sedevo a tavola mi faceva il processo sulle carote che soffrono, mi tempestava di domande che non erano curiosità ma frecciate, e augurava il cancro a me e ai miei poveri figli (quali figli poi non si sa, dato che non ne ho e non ne voglio…); che mi dava dell’idiota, della malata di testa, della persona mentalmente chiusa o della puritana.

Ho iniziato a bere e ubriacarmi per lo stesso motivo. Se prima bevevo una birra artigianale o un liquorino ogni tanto perché gradivo il gusto che avevano, l’anno scorso ho iniziato a mandar giù qualunque roba alcolica e ubriacarmi fradicia, girovagando per serate e locali che odiavo, solo perché così sono “come tutti gli altri ragazzi giovani”.

Ho dimenticato completamente la spiritualità, non scrivo più da un anno, non promuovo i miei libri e le mie capacità teatrali non sono state più coltivate. Sto diventando un’ombra, triste, aggressiva, piatta come il resto delle teste di minchia che popolano questa nazione. Non riesco a capacitarmi che qualcuno mi voglia bene e infatti do ingiustamente addosso anche alle poche persone che me lo dimostrano, facendo gaffe bestiali e buttando su di loro i miei sbalzi di umore.

 

Ho 24 anni e mi sento vecchia e stanca, non ne posso più di dover curare la casa, di dover cercare lavoro mentre studio, di dover fare l’adulta e poi passare subito in modalità ragazzina scialla se no ai miei coetanei non piaccio. Mi sento male perché sono l’unica della mia età a non pensare sempre a scopare, non ho un ragazzo o una ragazza, ho una sessualità tutta particolare e non ho ancora trovato nessun partner che la capisca o che veramente sia in grado di volermi bene e instaurare con me una relazione paritaria. Ho bisogno d'affetto come tutti gli altri, anche se sono indipendente e matura, ma i miei coetanei (diciamo pure anche quelli fino a 35) sono dei ragazzini mentalmente limitati, e se sono più in là con l'età mi vedono solo come una dolce "bambina" da fottersi- scusate il francese-.

 

E io, in sostanza, non so più chi cazzo sono.

Ho scritto questo bel papiro perché voglio urlare che le cose stanno così. CHE IO STO MALE, e non è una “boiata”, un “lamentarsi a vuoto”, è un dolore atroce che probabilmente neanche conoscete e io non permetto più a nessuno di sminuirlo dicendo che “boh, forse un giorno passerà, sei così giooovaneeee”. E’ tutta la vita che sto male e io non ne posso più. Non so cosa fare, veramente certe volte non vedo via d'uscita e vorrei soltanto addormentarmi dolcemente.

 

Se sei arrivata/o fino a qui, hai veramente una grande pazienza e probabilmente la curiosità o la voglia di ascoltare e capire. Magari dimmi cosa ne pensi di tutto ciò, che cosa faresti tu… anche solo una riga o due. Mi aiuterebbe davvero, davvero tantissimo in questo momento buio.

 

Grazie mille... 

Lun

22

Ago

2016

non ce la faccio più..

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Altro

Sono stanca..

ho 17 anni, quasi 18, ma non ce la faccio più, vivere in questa casa mi sta uccidendo.

Mia madre mi sta troppo addosso, mi opprime, non vuole che mi veda sempre col mio fidanzato o che gli parli troppo tempo, ancora le devo chiedere il permesso per uscire (dandomi anche determinati giorni per uscire, tipo 3/4 volte a settimana, mentre in inverno solo sabato e domenica) mi da un certo orario per ritornare, ma per lei sono grande solo quando mi conviene (visto che mi dice "hai quasi 18 anni, sei abbastanza grande e matura) ma per fare le mie esperienze a quanto pare sono ancora piccola.Non posso provare a discutere di questo problema con lei, per la paura di essere minacciata (vietarmi di uscire, togliermi il telefono o altro..). Tra noi non c'è mai stato un dialogo e non so cosa fare, vorrei solo andare via da lei per un po', scappare di casa..

Ven

05

Ago

2016

Mia madre

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Altro

Oggi, per l'ennesima volta ho litigato con mia madre. Ho 16 anni, e ho sempre cercato di essere perfetta in tutto. L'anno scorso i miei si suono separati (meno male, litigavano molto) e ho sempre cercato di aiutare mia madre perché era lei ad essere stata lasciata. Mio padre mi ha confessato che voleva molto bene a mia madre ma che non ce la faceva più. Sono sempre andata bene a scuola, faccio un sacco di sport, sono abbastanza brava a scrivere temi (ne è più fiera lei di me), perciò partecipo a tutti i concorsi che vuole, ecc., ecc... Il problema è che non andiamo d'accordo. Io sono un po' con la testa fra le nuvole, sono meno pratica di lei, sono un po' ritardataria ma se mi chiede di fare qualcosa in casa, obbedisco sempre. Ora siamo al mare ed è arrabbiata perché non sono venuta a camminare con lei. È vero, avevo fatto una mezza promessa, ma quando mi ha detto che voleva andare da un'altra parte, ho rifiutato. Quando ho visto che si era arrabbiata ho provato a dirle che andava bene, ma lei ha detto che non ha bisogno della carità di nessuno. Mi sembra un motivo molto stupido. Il problema è che entrambe ingoiamo la rabbia e il dolore, ma, mentre lei ha qualcuno con cui sfogarsi, io vivrò nel costante terrore che legga questo pensiero che ho scritto. Spero che commentiate perché ho bisogno di sapere un parere diverso dal mio.

Ven

29

Lug

2016

Chi se ne va fa spazio 2

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Salve, sono la ragazza dello sfogo di qualche settimana fa. L'ultima volta ho parlato di questa mia "amica" apprifitratrice e che vuole, con fare quasi morboso legarmi a lei contro la mia volontà.  Le ho spiegato che anche i miei genitori e il mio psicologo mi hanno sconsigliato di frequentarla, sia per come è lei (egocentrica, superficiale, apprifitratrixe,  facilmente trascinabile da tutti..) sia per il fatto che anche la madre ha un atteggiamento MORBOSO (Ed è dir  poco) nei miei confronti! Arrivavo in casa e mi portava in camera sua (la madre) per raccontarmi delle sue scopate! Non sto scherzando, mi parlava di argomenti con cui di solito si parla si e no tra coetanee, non tra una ragazzina di 18 anni ed una donna di 54!

Mi invitava a casa sua quando la figlia non c'era! Una volta mi ha anche chiesto di tornare prima da scuola per andare da lei questa donna! Che dovevo fare? Continuare ad essere la sfruttata di turno da parte della figlia e l'amichetta del cuore di una 50 enne? (Contesto che mi ha provocato molta ansia e mi ha fatto finire in ospedale.) E come se non bastasse questa donna si ripresenta quasi "minacciando" di denunciare i miei perché pensano male della figlia.

Mi ha praticamente detto "io non lo faccio se tu torni a frequentare me è mia figlia!" Ovviamente non ha nulla contro la mia famiglia,quindi non può denunciare nessuno (per questo ho evitato di dire tutto ai miei che sono già molto occupati) ma mi fa una tale rabbia! Non sono una prigioniera cavolo, dovete sparire!  

Ven

15

Lug

2016

Quella bastarda di mia madre

Sfogo di Avatar di AngryMeAngryMe | Categoria: Ira

NON LA SOPPORTO PIÙ!!!!!!!!!!!!Quella bastarda del cazzooooo!!! Mi tratta sempre come una merda!!

 Dice sempre che è stanca morta pur non facendo niente e stando a casa sul cellulare!! oggi ha avuto il coraggio di dirmi che sono pigra solo perché non ho voluto cucinare la cena (lei si lamentava della sua presunta "stanchezza")! Cioè io ho appena camminato 9km perché ho perso l'autobus!!! Poi in cucina apre il barattolo del miele che si rovescia e mi che si inventa? che dato che sta mattina ho usato il miele è colpa mia (io non l'ho toccato quel coso!!) che cazzo di scusa è QUESTAAAA!! E poi prende e chiama mio padre al telefono x fare la vittima inventandosi tutto e facendomi passare per la stronza!!! Poi alla fine ha deciso che dato che son stata "puttana" (???!) domani non mi porta in vacanza, altrimenti lei è una bastarda (??? WTF!!??)

Aiutoooooooo sto esplodendoooo!!!!! È pazzaaaaaaa

Tags: madre

Ven

15

Lug

2016

La sbronzona cerca di incolparmi

Sfogo di Avatar di Anonimo | Categoria: Ira

Il b___ di mi ma' è ospite a casa mia da 2 gg

Mi sveglia col televisore acceso con volumi da sordi. Sento urlare santankè, salvini, sallusti.

Sempre mentre dormo mi sveglio e me la trovo in camera che mi frega le sigarette a tutte l'ore.

Ora si è stancata della vacanza al mare, forse promette pioggia, allora la sua soddisfazione è quella di poter dire a tutti che l'ho trattata male, sicché cerca la lite.

Se la mando affankulo dice che sono un figliolo di melma.

Madre di melma. Vacca da riproduzione.

La sua presenza e soprattutto le sue stronzate mi stressano l'apparato cardiocircolatorio.