Tag: valigie

Sab

01

Dic

2018

Non ti ho ancora incontrata (Valigie - terza serie)

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

 

Landing
Ci stiamo preparando alla discesa. La voce dell'hostess, piuttosto flebile e leggermente distorta, giunge dall'altoparlante. A percepirlo solo noi, sparuto gruppo di viaggiatori di un venerdì di fine novembre. Ieri ultimo giorno di lavoro celebrato con un aperitivo a fine giornata in uno dei bar vicino l'ufficio. Poi il mio collega srilankese, che si è comportato da fratello, mi ha accompagnato all'albergo vicino all'aeroporto dove ho passato la notte. Poi questa mattina, all'alba, il check-in. E adesso eccola lì la città che mi ospiterà per diversi mesi. Fa capolino tra le nuvole di una giornata che si preannuncia uggiosa, con i suoi grattacieli e il fiume che l'attraversa: è buffo ma è come se una piccolissima parte di me tornasse a casa. E così, dopo tre settimane, la decisione è operativa: abbandono il lavoro, la famiglia e la patria. Preavviso risicatissimo ma a norma di contratto. E' il lato positivo dell'essere freelance. Del resto avevo avvertito l'azienda che un termine di 15 giorni lavorativi era troppo breve tanto per me quanto per loro. Ho cercato di dar loro un preavviso più ampio, ma il nuovo cliente l'ha tirata per le lunghe con la firma del nuovo contratto e alla fine ci sono rientrato a pelo. Li ho messi un po' nelle pesti, mi spiace: del resto sono passati quattro anni, un record per me.
Ok adesso però cerchiamo di non perderci niente. In questo preciso istante il mio portafoglio e il mio cellulare sono le uniche cose a cui sono agganciato: le chiavi e le tessere che ho in tasca non mi servono più a niente qui. E finalmente arriva il mio valigione, l'unico bagaglio sul nastro trasportatore. E' quello del set che avevo comprato l'anno scorso per andare a Bari, subito dopo la lettera dell'avvocato che ha innescato quella catena di eventi di cui questo non è che l'ultimo anello.

Deja vu
L'aeroporto non dista troppo dal centro città, ma c'è il traffico dell'ora di punta. Il tassista, sulla sessantina e oltre, è certamente del posto. Sfreccia bello agile sulle corsie della tangenziale, non disdegna il sorpasso a destra, considera i limiti alla stregua di amichevoli consigli, guida senza cintura, accetta solo pagamenti cash e non rilascia ricevuta. Meno male che ho fatto bancomat prima di partire, s'è fumato due biglietti da venti così (ma i tedeschi non erano ligi alle regole?).
Il viaggio fino in centro è stato piacevole però. I cartelli dell'autostrada ed il paesaggio invernale mi hanno procurato un tuffo nel passato remoto della mia primissima infanzia, quando quei due pazzi dei miei genitori si facevano la strada in macchina portandosi due bimbi piccolissimi, prima con una volkswagen maggiolino e poi con una Ford Taunus da Berlino fino alla Sicilia, in un periodo in cui l'Autostrada del Sole era percorribile solo per tratti e il passaggio della dogana con la Germania est comportava attese di ore. Quando sono nato io, in quella città, mia mamma aveva da poco compiuto 22 anni e mio padre 26. Lei era arrivata solo l'estate prima, senza conoscere una parola di tedesco e stava tutto il tempo da sola a casa perché spesso mio padre doveva fare anche le notti in ospedale. Ogni tanto racconta che, durante quell'estate in cui era incinta di me, alla radio percepiva, senza capire, che qualcosa di grave stava avvenendo in città. Stavano semplicemente costruendo un muro che avrebbe cambiato il corso della storia.
Nonostante potessi avere due, massimo tre anni, i viaggi li ricordo bene, forse per la fatica ed anche la tensione che evidentemente avvertivo in alcuni frangenti. Mi ricordo in particolare di una notte alla disperata ricerca di un motel dove alla fine siamo riusciti a riposarci. Eppure quelle sensazioni così forti e così ancestrali sono rimaste indelebili dentro di me, ma sono tutte positive. Ed è probabilmente per questo che i viaggi in auto di notte mi piacciono ancora tanto e mi procurano sensazioni così intense. 

Fumo e bancarelle
Il residence è in pieno centro, a ridosso della zona pedonale è a due passi dalla mia nuova sede di lavoro. Il tassista non ha beccato il senso unico giusto quindi mi lascia a una ventina di metri dall'ingresso. Non fa niente gli dico, peccato che la numerazione sia di interpretazione abbastanza 'controversa', e le insegne della struttura sono tutt'altro che sbandierate. Quindi buco l'ingresso e vado oltre, giusto per accorgermi di una discreta concentrazione di locali a luci rosse oltre che di un anomalo assembramento di figuri di etnie varie (anche italiani) che bivaccano sui marciapiedi e dall'aspetto abbastanza inquietante. Non me ne curo e finalmente becco l'ingresso giusto. Mentre sbrighiamo le formalità di rito con il tipo della reception, la butto lì chiedendo rassicurazioni sul fatto che la zona sia sicura. Lui capisce l'antifona e mi dice che se non do fastidio, nessuno mi darà fastidio e in ogni caso c'è la security la sera. Ma quindi rientrando tardi possono esserci problemi? "Per il sì e per il no watch your steps" mi risponde. E comunque c'è la security. Annamo bene! La mia stanza al primo piano si trova esattamente sulla strada vista alberghetto equivoco, dal lato opposto, intorno a cui gravita questa umanità un po', come dire, border. Sistemo le mie cose e mi do da fare con Google maps per trovare un po' di destinazioni. Passo al calcolo delle distanze dalla mia posizione solo che non riesco a trovarla. StreetView mi visualizza un mega locale a luci rosse con insegne fatte pure male, quindi di bassissima lega. Solo che non lo vedo, dev'essersi sbagliato. Porca troia, vuoi vedere che è qua sotto. Mi accorgo che la dotazione dell'albergo include anche dei tappi per le orecchie. Cioè fatemi capire, io il sabato sera mi troverò gli ubriaconi infoiati tedeschi che fanno a botte con gli scoppiati? Azz pensavo di essere in Germania e mi ritrovo a Saigon? La realtà per fortuna non è così drammatica. La foto di Streetview è vecchia, il locale non esiste più e questo residence ha tutta l'aria di essere parte di un'operazione di 'bonifica' più generale. Girando poi per la città avrò conferma che si tratta veramente di un'eccezione (un'eccezione sotto il mio balcone, wow). Tra l'altro non ho mica capito che tipologia di drogati siano, sembrano degli eroinomani fuori tempo. Comunque gironzolo per la città. Il centro è magnificamente vivo e pieno di bancarelle. Wurstel come se piovesse, ma anche zuppe da mangiare in piedi. Street food di qualità ed una piacevole sensazione di vitalità. Va per la maggiore una specie di vin brulé fatto col sidro. Ne assaggio una versione con Calvados. Squisita e beverina , me la faccio fuori a stomaco semivuoto. Dopo mezzora di passeggiata vedo i dinosauri (gli stessi di quella mamma che ha fumato erba dello sfogo di qualche settimana fa). Vorrei poter fumare una pipa da qualche parte in pace, visto che a casa non posso. Faccio una ricerca su google per trovare qualche cigar/pipe lounge. Mi imbatto in un articolo che parla diffusamente di altro tipo di pipa che da queste parti viene fumato, indovinate un po' da chi? proprio da quell'umanità che bivacca sotto casa di cui si parla in dettaglio come di un problema della città. Sono fumatori/spacciatori di crack e stanno messi veramente male. Loro. Io invece vorrei non demoralizzarmi. La notte per fortuna si svolge tranquilla e silenziosa. Il giorno successivo, oggi per voi che leggete, faccio qualcosa che scaccia i cattivi pensieri. Cerco subito la palestra. Ne visito una spettacolare nello splendido centro commerciale in pieno centro città. La piscina e la sauna dominano i tetti della città vecchia con vista panoramica sui grattacieli. Prezzi non esorbitanti, anche meno di quello che pagavo in Italia. Cominciamo a ragionare.

Non ti ho ancora incontrata
E così mi trovo per un attimo ad immaginarmi davvero una vita da solo, in un paese diverso dall'Italia, con persone nuove, mai conosciute prima nella mia vita. Per certi versi trovo la cosa stimolante. Ma non era questo che ho ricercato in tutti questi anni in cui pure non ho vissuto in modo esaltante. Un disagio che, guardandomi all'indietro, per me appare ancora più evidente. Anni a combattere con la precarietà innescata dall'insoddisfazione di una persona che non si sente mai veramente amata, mai completamente e davvero voluta, sempre come se fosse messa in discussione. Eppure ho sempre fatto affidamento sul fatto che l'amore avrebbe trionfato o, quanto meno, non avrebbe permesso che ci allontanassimo davvero. Perché nei momenti in cui la paura cedeva il passo alla fiducia reciproca tutto filava liscio e perfetto. E ci si ritrovava uniti in un'intensità mai sperimentata prima nella mia ormai non breve vita e non priva di grandi amori vissuti. Per non dire della sua. Ma non è stato sufficiente.
La mattina del giorno in cui ho firmato il contratto che mi sta rivoluzionando la vita, di fronte al giudice, ho sottoscritto la mia separazione. Che combinazione curiosa. Qualcuno dei miei amici ci ha rintracciato una sorta di disegno divino. Io non l'ho mai sentita così. Ricordo perfettamente come in quella mattina facessi un parallelo con il giorno in cui mi sono svegliato nel mio appartamento da single per andare a sposarmi in Comune. Una follia la cui fine immediata era quotata dai bookmaker con percentuali ridicole. Fidanzati da meno di sei mesi, differenza di età, nessuno dei due con un lavoro remunerato in modo continuativo. Per usare un eufemismo. Io ormai più che trentenne e senza alcuna prospettiva di carriera. Eppure ne siamo usciti, è arrivato il figlio, abbiamo fatto salti mortali assurdi, pagando baby sitter che ci costavano un occhio della testa senza che i genitori lontani potessero darci una mano, indebitandoci con loro e le banche. Tutto questo lo abbiamo affrontato e risolto stando uniti in tutti questi anni. La giudice sembrava avvertire questa intensità e ci ha chiesto più di un volta se eravamo certi. Sembrava qualcosa di più di una prassi rituale. Ho percepito con chiarezza il suo rammarico per un vissuto la cui intensità è impossibile da non percepire anche nel desiderio di voler chiudere tutto senza ripensamenti. Che è quello che in definitiva ha detto Laura, mentre io ho dovuto ricacciare in gola un attimo di commozione quando venivano snocciolati i dati anagrafici con la data di matrimonio ed il luogo. Lei non lo so. Non mi sono girato mai verso di lei se non dopo una fugace occhiata in cui ho scorto i lineamenti tesi come corde di violino. Tornando dal tribunale del capoluogo verso casa, percorrendo con calma la statale avevo messo su la mia solita compilation. Ultimamente ero entrato in fissa con una vecchi canzone di Michael Bublé I haven't met you yet. Mi era piaciuto il video sul tubo. Semplicissimo, banale. Girato in un supermercato in cui lui immagina di incontrare la donna dei suoi sogni e l'evento viene festeggiato dal macellaio, gli inservienti, la cassiera e tutti i clienti che piano piano si mettono a ballare. Una roba che più natalizia non si può. Come natalizio è il piccolo moto di nostalgia quando vedo le coppie che impazziscono a gestire il bimbo in carrozzina al bar o per strada. O addirittura all'Ikea, quel moto di tenerezza verso le coppie in procinto di sposarsi che litigano per le dimensioni della scarpiera, o del mobile tv da mettere in sala, mentre io scelgo i miei suppellettili per la mia casa da separato che adesso ho dovuto pure abbandonare e mi manca un po' anche quella. Il rammarico perché un'occasione come quella che mi è capitata avrei solo voluto condividerla e farla diventare un'opportunità di crescita per entrambi. Con la prospettiva di una vita più serena e, magari, più appagante, a patto di imparare la difficile arte di godersi la vita. Perché la felicità, in verità, non è un obiettivo da raggiungere. La felicità si vive giorno per giorno e il vero segreto è accorgersi di essere felici in quel momento e non solo dopo, tornando indietro con la mente e rivisitando con occhio benevolo situazioni che non si reputava così importanti, appaganti, belle. E tutto questo va bene se ne fai tesoro per una nuova occasione. Ma devi soffrire per capirlo. E quanto devi soffrire Laura. E poi sarà così davvero? Sarà così per te? Sarà cosi per me? Non mi resta che cantare a squarciagola con il buon Michael, nel viaggio di ritorno dal tribunale (lasciandomi andare per l'unica volta a un pianto con un accenno di singhiozzo) I haven't met you yet, Non ti ho ancora incontrata, e pensare per quell'attimo di illusione, che possa parlare di te.

Tags: valigie

Lun

04

Dic

2017

Valigie. El regreso - Un anno dopo

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

Io aspetto da solo,  tutti lasciano la sala, il ragazzo che pulisce i popcorn dalla moquette mi guarda di sottecchi con laria scocciata... Aspetto La fine dei titoli... Magari c'è quel pezzettino alla fine.. Come si chiama? Contenuto extratitoli... Ho un sapore di dolce in bocca, ho un bisogno estremo di lietofine come questo. 

Mi piace ricordare questo commento di Gage con cui si concludeva la telenovela Valigie, lo sfogo con cui ho esordito. Non so se è stato l'editore (un tipo con la barba bianca e un triangolo sulla testa) a insistere per il sequel. Personalmente avrei volentieri fatto a meno. Il punto è che, per diverse cisrcostanze, dopo quasi un anno si ripropone lo stesso scenario, con molte analogie ma anche alcune significtive differenze. No questa volta niente defenestrazione. Questa volta ho fatto a tempo a comprarle delle valigie nuove di zecca. E ho programmato io un lungo periodo fuori casa, sollecitando una trasferta di lavoro che, di fatto, mi sto pagando io. La speranza sarebbe quella che la lontanza forzata possa favorire opzioni che attualmente non sono nemmeno prese in considerazoine. E tuttavia il caso sembra avere allineato le palline in modo inaspetato. Ho prenotato il mio soggiorno quasi un mese fa. Ho ristretto le possibli opzioni selezionando host che rilasciano fattura o almeno ricevuta fiscale. Do solito scelgo opzione appartamento, ma stavolta visto anche il numero ristretto di risulatti ho considerato anche gli affittacamere. Mi è sembrata un'idea non male considerando il periodo lungo da passare da solo, finesettimana compresi.

Ho trovato una soluzione ottima, in pieno centro città. L'unico problema è il parcheggio ma per il resto il posto è perfetto. Accoglientissimo. Pulito, anzi profumato, arredato con gusto, accogliente, luminoso immagino (ancora non lo so, sono arrivato di sera). Per il resto mi aspetta un mese molto meno stressante del solito. Niente pendolarismo estremo (lo sport che pratico abitualmente), raggiungerò l'ufficio in città in macchina, credo in una ventina di minuti. Città sul mare, negozietti in centro. Insomma un bel colpo. Per quanto riguarda la sistemazione pensavo fosse in un contesto più isolato rispetto a chi ci abita. Invece si tratta proprio di una stanza della casa dove vive il proprietario. Anzi la proprietaria. Credo che abbia qualche anno meno di me. Molte sue foto in giro a tutte le età, Capperi non male da giovane. Però si difende ancora. Che in fondo è esattamente la stessa cosa che si può dire del sottoscritto. Fuma qualche sigaretta la sera. Non solo sigarette, quando sono arrivato ho visto un posacenere sulle scale dove c'erano ancora dei mozziconi e l'odore inconfondibile di una canna. Andiamo bene, porco giuda, forse ho un po' esagerato: mi fermerò qui fino alle vacanze di Natale. In questo momento questa è proprio casa mia, stamattina Laura ha già voluto le chiavi di casa. Non le ho detto niente della soluzione abitativa trovata . Sto rivendicando il mio diritto di farmi i cazzi miei. Se venisse a saperlo andrebbe giù di testa. Si prospettano giorni agitati, così a naso.

Riprendo lo stile narrativo del vecchio sfogo: un diario giorno per giorno. Potrebbe essere una noia. Oppure no. Stay tuned

Sab

18

Feb

2017

Valigie - Sliding doors

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

Ho appena finito di scrivere il mio ultimo commento al mio sfogo-diario "Valigie". Sono molto incerto se inviarlo e sono anche molto turbato da quando CuriosityKiledTheCat mi ha chiesto l'amicizia.

Mi accorgo che, pian piano, da quando abito in questa casa, in una situazione non più precaria, le cose vanno meglio. E se vanno meglio da un lato dall'altro vanno peggio. Ho ripeso i miei spazi, ho ricreato delle nuove routine. L'appartamento è molto più comodo per i miei spostamenti in città rispetto a casa mia che si trova fuori. Non vedo mio figlio da due settimane, è già tornato e domani (oggi per chi legge) ci vedremo finalmente. Ma stasera mio filgio esce con un'amica e Laura vuole assolutamente evitare di andare da qualche parte in città con il rischio di incontrarlo. Penso si senta in colpa per aver dato la chiusura del rapporto con me come definitiva e adesso non vuole dare troppo a vedere di ritornare sui suoi passi, come già accaduto troppe volte. Prima mi propone di passare qui, poi suggerisce un film sul divano a casa, visto che ormai è troppo tardi per il cinema. Non trovo l'idea esaltante e la cosa la indispettisce. Ci sono già tutti i segnali che la serata di stasera sancirà la fine della luna di miele di questi giorni. E, maledizione, io mi trovo anche in questa imprevista tempesta senil-ormonale. 

Che faccio posto o non posto? Rileggo? Troppo lungo e troppo piccolo il carattere. Messaggio di Laura, un secondo dopo aver abbandonato tutte le remore e cliccato su Inserisci commento: appuntamento tra un quarto d'ora. A casa atmosfera gelidina, lei stanca per il lavoro, io emotivamente spossato. Penso in continuazione all'effetto che potrà aver avuto il post e mi rendo conto di quanto questa nuova realtà del forum sia entrata nelle mia quotidianità e piano paino la stia invadendo, occupando tutti gli interstizi di tempo libero e man mano allargandosi anche al resto. Sul divano sonnecchiamo, io ogni tanto allungo la mano per accarezzarle un piede. Alla fine della serata mi dice scusami, io come un deficiente, invece di lasciar correre e tranquillizzare, mi impunto e dico che l'avevo detto che non era una buona idea. Finale burrascoso discutiamo, poi io vado a casa, ansioso de conoscere l'esito del mio gesto avventato. Messaggi: CuriosityKiledTheCat ha letto il post ed è rimasta evidentemente sconcertata:

mi scrive

Scusa...mi devi delle spiegazioni...perché hai scritto quel commento in cui parli di me? Perché l'hai fatto? Non ne capisco il senso.

Le dovrei sì delle spiegazioni cazzo, ma ormai ho deciso di troncare questa cosa sul nascere e non posso non comportarmi da pezzo di merda. Penso di troncare senza nemmeno rispondere poi non me la sento e almeno posto uno straccio di saluto

Nessuna spiegazione Curiosity. Solo un grossisimo mi dispiace e le mie scuse per averti coinvolto. Devo difendermi da qualcosa che mi devasterebbe: scriverne è l'unica maniera. Mi sarebbe piaciuto davvero conoscerti meglio, per quel poco che ho capito sei esattamente il mio tipo. Sarà per un'altra vita

Buona fortuna per tutto. Sto per disabilitarti i messaggi.  

Disabilito i messaggi ma mi accorgo che non basta perché me ne arriva un altro

Mi dispiace, volevo solo fare amicizia con una persona che mi sembrava interessante. L'hai presa malissimo questa cosa è non so il perché. Non vedo come io possa devastarti...Cmq fa come desideri. 

Devo proprio rimuovere l'amicizia. Che faccio maledizione?

Vabbè ci penserò domani 

Tags: valigie

Mar

07

Feb

2017

Valigie

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

Ci si lascia. Vabbè ma come ci si lascia.

Sì ok, la cosa migliore è la ragionevolezza. Evitare drammi e isterismi; pianificare per tempo l'uscita di uno dei componenti  della coppia (ok vabbè non proprio uno a caso); tenere d'occhio le spese e ritararsi gradatamente in maniera da starci dentro. 

Tutto giusto. Ma vuoi mettere la goduria di prender su, afferare i primi trolley che cadono giù dallo scaffale in cima all'armadio e infilarci, con studiata casualità, tutte le sue stramaledettissime cianfrusaglie: troppo tempo le hai tollerate, troppe volte hai accarezzato l'idea di prendere e gettarle fuori dalla finestra. Troppe, per resistere a questa tentazione. Pigiama usato con camicie stirate, calzini puliti e calzini barzotti, pantaloni arrotolati in un unico immenso fagotto, mutande con elastico lento che stavano lì da anni, relegate ad inutile accessorio da cassetto. E poi, vuoi mettere: i suoi regali, quel cazzo di intimo rosso regalato a capodanno, le lettere bugiarde, i pensierini riparatori e quelli fuori tempo massimo. Fuori tutto. Fuori da me. Fuori dalla mia vita. Fuori da questa casa. Fuori dai coglioni.

Non è pensabile saltare questo passaggio, non abbandonarsi alla catarsi di un rito che celebri la fuorisucita dalla tua vita della persona responsabile della tua infelicità, della tua insoddisfazione e della tua insicurezza, quella che ti ha rubato la gioventù e alla quale hai dedicato i miglior anni della tua esistenza. E' una ghigliottina virtuale che celebra la fine di una lunga agonia e l'inizio di una nuova era. E tu potevi rinunciarci?

Certamente no, dico tra me e me mentre, in questo esatto momento, sto nel mio letto d'albergo con tutte le valigie aperte, ma non disfatte (ma che scherzi?) rimandando a domattina la disperata ricerca di qualcosa da mettere abbinata a cazzo di cane il meno possibile.

E così anche per me inizia una nuova vita.

Nel frattempo buona notte