Coleridge

Mer

25

Set

2019

La traversata

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

Stretto
Tra due minuti tocca a voi, tenetevi pronti, preoccupatevi solo di raggiungere la vostra barca e poi affiancatela fino all'arrivo e, mi raccomando, godetevi la nuotata. L'atmosfera è vibrante di adrenalina sulla spiaggia popolata di uomini e donne (poche, stranamente) in costume, occhialini, e cuffia (solo un paio indossano la muta). Le partenze sono scaglionate. Trenta persone seguite, a gruppi di tre, da dieci barche che seguono la rotta delle correnti, in continua variazione, e che delineano quindi percorsi completamente differenti. Nel giro di pochi minuti ci si troverà completamente sparpagliati per lo Stretto. Così mi hanno raccontato poi gli accompagnatori, perché io, come tutti gli altri colleghi forsennati, avrei visto soltanto la fiancata della mia barca e il blu intenso e senza fondo del mare, per quello che mi avrebbe consentito l'appannamento degli occhialini. Difficile stabilire un'età media dei partecipanti. È un umanità abbastanza assortita per provenienza ed età appunto. Molte però sono le persone di mezza età, come ormai è possibile notare in qualsiasi contesto sportivo amatoriale.
Personalmente non ho mai partecipato a queste kermesse. Anzi, mi sono sempre tenuto alla larga da maratone, mezze maratone, raduni ciclistici e altra attività in cui ormai noi vecchi siamo diventati protagonisti, in questa sorta di epidemia sociale che ci vede tutti alla ricerca di una seconda giovinezza. Negli scorsi anni mi sono limitato a tenermi in forma con un po' di palestra. Il caso e le vicende della vita, però, mi hanno portato quest'anno ad intensificare la mia attività fisica. Dalla fine di aprile, per diverse settimane, ho dedicato un paio d'ore alla piscina, un paio di chilometri per quasi ogni giorno. L'idea della traversata dello Stretto mi è stata lanciata da un mio lontano cugino, lui sì dedito a qualsiasi tipo di attività fisica open air, dalla maratona al ciclismo su strada e in montagna. Non mi sono mai sentito troppo coinvolto in questo voler mordere la vita in un'incessante ricerca di una nuova avventura, di un nuovo progetto che ti aiuti a dare un senso a questa esistenza. Questo voler aggiungere qualcosa di epico da poter raccontare e condividere come un novello tassello della continua ridefinizione di un tuo posto nel mondo, man mano che lo senti sbiadire, man mano che ne avverti uno sgretolamento che è soprattutto nella tua mente piuttosto che nei fatti. Del resto è solo lì, nella tua percezione, che abita questa realtà.

Cinquecento
Via! Cazzo ma lo sto facendo veramente? Ho guardato la sponda calabra dalla mia stanza ogni giorno per tutta la mia adolescenza. Spesso, mentre studiavo, mi distraevo col binocolo e guardavo i treni che si formavano alla stazione di Villa S. Giovanni per partire verso il nord Italia, diretti verso un altrove che mi sembrava carico di vita ed occasioni che confusamente avvertivo come necessarie ed improcrastinabili. L'idea della traversata a nuoto era qualcosa di mitologico allora, qualcosa che, nella percezione comune, solo atleti eccezionali erano in grado di compiere. Da tempo non è più così. Come dicevo, e come è noto, la pratica sportiva amatoriale si è diffusa a macchia d'olio e una nuotata su una distanza di tre chilometri e mezzo è qualcosa che chiunque è in grado di affrontare con un minimo di allenamento. Del resto, dalla spiaggia del capo, la distanza con il continente sembra davvero esigua, ci andavamo spesso a  bighellonare da ragazzi, nelle giornate di sciopero. Questa mattina però non mi sembra così a portata di mano e quando mi tuffo, e cerco il ritmo con le prime bracciate, ho ben presente che una vasca così lunga non l'ho mai fatta in vita mia. L'acqua non è così fredda come ricordavo. Del resto settembre è un mese magico, una luce diversa, più intensa, ma anche più riposante, e la temperatura del mare che restituisce il calore incamerato per tutta l'estate.Cinquecento! Lo urlo fuori dall'acqua. Sono i metri che abbiamo percorso e che comunico, come d'accordo, ai miei compagni di avventura. Non ho gadget tecnologici né orologi e non ho mai avuto l'ossessione dei tempi, ma per darmi un obiettivo nelle nuotate a mare ho sempre contato le bracciate, fino ad elaborare un rudimentale metodo di calcolo della distanza percorsa che il barcaiolo, dotato di GPS, mi confermerà essere non così impreciso. La notizia ha un buon effetto sull'umore del nostro compagno di traversata (l'altro è quel mio cugino) che all'impatto con l'acqua era andato in panico totale. Il freddo dell'acqua, la paura per il fondale che in poche bracciate si inabissa fino a non essere più visibile, una sensazione di vomito che altri, più prosaicamente, definiscono caga. Lo abbiamo un po' incoraggiato (non l'ho detto prima, dandolo per scontato, ma la traversata era non competitiva) ed è andato avanti a rana per tutto il primo tratto. Quando ho urlato la distanza pensava di aver percorso solo duecento metri. Radio barcarolo, che ne ha viste tante, lo dava già per ritirato. Il phisique du role del resto non aiutava. Spalle un po' cascanti, vita 'abbondante'... per definirlo, mia cugina, che era tra gli accompagnatori a seguito, aveva ripescato la messinesissima espressione di 'arancinu ch'i pedi'. Ma in acqua io ho imparato a diffidare delle apparenze. Fisici palestratissimi che disperdono potenza in gesti inutili e arancini ch'i pedi, per l'appunto, che vanno come schegge.

Acque profonde
Pensare che, all'inizio dell'anno, mi chiedevo se non fosse il caso di disdire l'abbonamento alla società canottieri dove poi mi sono allenato tutta l'estate, dove sono iscritto da anni e che negli anni è costato una bella cifra per me e per tutta la famiglia. Ma la prospettiva per me era quella di lavorare ormai all'estero, per grandi istituzioni e con ben altri compensi. Quanto avrei potuto sfruttare quell'abbonamento?
 È successo, però, che le cose abbiano preso una spiacevole piega inaspettata. Il mio approccio 'out of the box' in ambito lavorativo non sempre viene apprezzato. Soprattutto in contesti istituzionali di alto livello nei quali mi sono trovato ad operare ed in cui, come spesso succede, le persone vogliono sentirsi confortate da un modo 'strutturato' di affrontare le questioni e dove un metodo fortemente 'orientato alla soluzione' non sempre paga. A volte le figure con cui collabori non si accontentano del fatto che tu sia in grado di fornire una soluzione ma vogliono capire con quale metodo tu l'abbia ottenuta. Perché questo modo di approcciare i problemi può apparire talvota geniale, altre naïf, ed entrambe le visioni sono, per così dire, legittime. È così che, da un giorno all'altro, mi sono trovato senza lavoro con un preavviso che, per usare un eufemismo, potremmo dire risicato. L'istituzione si faceva forte di un scellerato contratto che prevedeva una rottura immediata e senza preavviso con la società di recruitment con cui invece io avevo stipulato un regolare contratto annuale. Siamo andati in causa con la società di recruitment ma, in attesa di ricevere un risarcimento, mi sono trovato, dopo tanto tempo, di nuovo sul mercato. Il curriculum prestigioso è un'arma a doppio taglio. Non puoi abbassare richieste economiche e demansionarti più di tanto senza destare sospetti. Peccato perché per il mio profilo le richieste in Germania fioccavano e fioccano, ma richiedono quasi tutte la conoscenza del tedesco di cui ho acquisito solo pochi insufficienti rudimenti. Ed è così che alla fine di marzo sono rientrato in Italia e ho dato inizio ad un valzer di colloqui per accordi di collaborazione ormai raggiunti e subito dopo saltati, per i motivi più disparati. Un valzer durato fino a prima delle vacanze estive, quando un mio ex-collega, socio di un'azienda di consulenza, mi ha offerto finalmente un contratto. Giusto un nanosecondo prima che esaurissi tutte le mie disponibilità finanziarie.

Tornare indietro
Dalla Germania ero tornato in tempo per la laurea di Figlio. Dopo la separazione i rapporti con Laura si erano ulteriormente deteriorati. Non voleva più sentirmi nemmeno per telefono. Avevo fatto passare del tempo nella speranza che le cose si appianassero. Non avevo in mente di tornare indietro ma avevo una confusa voglia di mantenere un feticcio di rapporto civile. Era solo questo? Davvero non volevo tornare indietro?
Niente era cambiato nelle dinamiche e soprattutto nella percezione di Laura riguardo al nostro rapporto. Ricominciare sarebbe significato ritornare, presto o tardi, sugli stessi problemi, quelli che ci avevano nuovamente allontanato dopo esserci riconciliati mille volte. Ma mi mancava. Mi mancava moltissimo, lei, Figlio, la mia vita familiare. Improvvisamente mi ero ritrovato con molto tempo libero, nella mia bella casina ed in un quartiere delizioso. Dovevo restare in zona su consiglio dell'avvocato e del resto l'affitto era già stato pagato. Mi godevo l'inverno mite andando a fare jogging lungo il fiume o a leggere al parco sulle panchine al sole tra pensionati, studenti, clochard e lavoratori in pausa pranzo. La chitarra che mi ero portato si era rivelata insospettabilmente preziosa. Dopo decenni avevo ripreso a scrivere canzoni e, non contento, le avevo cominciate ad incidere con la strumentazione acquistata in un bel negozio di strumenti musicali. Il ricordo di quel mese e mezzo è molto dolce e malinconico. Qualche volta mi concedevo una cena al ristorante peruviano vicino casa che era estremamente accogliente. La ragazza simpaticissima, con cui parlavamo un misto di inglese, spagnolo e una spruzzatina di quel poco tedesco che avevo imparato, mi faceva accomodare sempre allo stesso tavolo. Mi ritrovavo a passeggiare sulla Berger Straße con i suoi negozietti. Avevo messo gli occhi su un delizioso trench nero che sarebbe stato una favola addosso a Laura. Già Laura. Lei era prossima al compimento dei suoi cinquant'anni. Decido di azzardare e di chiamarla il giorno del suo compleanno. Mi risponde. Il tono è finalmente conciliante. I messaggi sono più distesi. La prospettiva della laurea di Figlio contribuisce a smussare gli spigoli della comunicazione che, fino a quel momento, verteva quasi esclusivamente sui soldi. E lei che mi parla della necessità di parlare a quattr'occhi. Le propongo di venire a trovarmi per un weekend. Mi ringrazia ma oppone motivi di impegni di lavoro e di opportunità di risparmiare da parte mia. Non insisto.
Offro il viaggio a mia mamma con il quale il rapporto è piuttosto difficoltoso da molti anni. Lei in Germania ha passato i primi anni del suo matrimonio, quando sono nato io. Passiamo qualche giorno insieme in serenità. È stata una buona idea. Prima di tornare in Italia faccio la pazzia e passo al negozietto a comprare il trench. Ci si vedrà alla laurea di Figlio. Incontro lì anche i miei suoceri ed i miei cognati in un'atmosfera un po' imbarazzata. Al pranzo di laurea Laura ed io sediamo accanto al centro della tavola. L'atmosfera è moderatamente gioviale anche se in un sottofondo di disagio. Con mia suocera ci si scambia qualche sguardo di intesa. Ci siamo sempre voluti bene. Con Laura, nei giorni precedenti, ci eravamo incontrati per un aperitivo e le avevo consegnato il mio regalo. Era sorpesa e confusa. Le dico di aprirlo a casa, proposta che accetta comunicandomi con un messaggio il suo gradimento e ringraziamento. Nei giorni successivi alla laurea c'è un suo concerto in associazione. Le propongo di rivederci lì. Lei replica che la cosa è prematura e la metterebbe in imbarazzo. Imbarazzo. A Messina c'è un espressione che solitamente viene transcodificata con il modo di dire "Fare il pesce in barile". Si dice fare "u sceccu 'nto lenzolo", ossia l'asino nel lenzuolo. Non ne conosco la genesi ma io sono convinto che il significato sia molto più raffinato. Il pesce in barile si mimetizza alla grande e ci vuole un occhio fino per poterlo individuare. L'asino nel lenzuolo non si mimetizza affatto, se non nella sua convinzione di non essere visto perché dall'esterno è perfettamente individuabile. Imbarazzo. Eccolo il lenzuolo dietro il quale si nascondeva Laura pensando di far riferimento ad un generale imbarazzo di amici e persone che conosciamo in fondo superficialmente. Rispondo di non giocare con la parole e a questo punto di dirmi di chi sarebbe questo imbarazzo. Mi risponde dicendomi che l'imbarazzo ci sarebbe stato anche senza la presenza di Michele. Michele. E chi cazzo è Michele. Credeva che fossi al corrente di tutto e la volessi provocare, non si è resa conto che le sue stesse parole avevano reso, per me che la conosco da mezza vita, tutto lampante. Una storia che andava avanti dall'inizio dell'anno. Lei aveva voltato pagina. Io l'avevo lasciata in sospeso.
Da quel momento tutto è cambiato. C'è stato un incontro in cui le ho chiesto di parlarci chiaramente. L'incontro è stato burrascoso. Da quel momento i toni sono tornati ad inasprirsi. A quel punto sono stato io a togliere tutte le occasioni e non volerle parlare né guardarla più in faccia. E di occasioni ce ne sono state. Perché ci si incontrava proprio alla piscina della canottieri. Lei da sola o con Figlio, io per il tempo della mia nuotata - che poi si è trasformata in allenamento - oppure a leggere sulla sdraio. A volte nuotando nella corsia accanto ed ignorandosi. Un giorno, previo accordo, sono anche passato da casa per prendere le cose residue. Le avevo chiesto invano di evitare di incontrarci ma lei ha voluto presenziare. Ci parlavamo ma io non l'ho mai guardata. Sono passate settimane e mesi. Io ho cominciato a metabolizzare. Michele lo conoscevo di vista. Prima di conoscere lei. Mi è sempre sembrato un tipo a posto devo dire. In quell'incontro lei mi ha detto che tutto è successo per caso e che aveva la sensazione di aver incontrato una persona che finalmente la capisce. Durissima da digerire ma il bicarbonato fa miracoli.

Terra!
Ci ricompattiamo al traguardo dei tre chilometri. Arancinu ch'i pedi si è abbastanza rinfrancato e nuota alla mia sinistra mentre mio cugino è rimasto un po' indietro. Ho continuato a chiamare le distanze percorse ogni cinquecento metri ma adesso, adesso la costa è lì davanti. Le macchine che passano sulla statale sopra il costone di roccia, il pilone sopra di noi. Fino a quel momento non mi ero mai soffermato a guardarmi né indietro né avanti, se non per una fugace occhiata. Sempre e solo blu del mare e fiancata della barca di accompagnamento. Ma adesso mi sembra incredibile, dopo una nuotata, aver acquisito una prospettiva di cui, fino a quel momento, avevo potuto godere solo dal traghetto al momento dell'attracco. Mancheranno un cinque-seicento metri. Ce l'abbiamo fatta, ci diciamo felici e un po' increduli. Il giorno prima lo scirocco sollevava delle belle onde, il cielo coperto. Sarebbe stato proibitivo in quelle condizioni ma il vento è calato improvvisamente nel cuore della notte e per quel braccio di mare è sufficiente a riportare la calma. Questa mattina di primo autunno è luminosa e meravigliosa. Passato il primo attimo di leggero sgomento, quando il fondale sparisce dalla tua visuale, è impagabile nuotare nel blu profondo. Non so spiegare con precisione cosa mi abbia portato a decidere di intraprendere questa sfida. Ho deciso solo alla fine di agosto, ho contattato l'organizzazione e ho trovato un buco lasciato dalla rinuncia di altri. Pensavo di conferire a questo evento una sorta di catarsi, di simboleggiare un passaggio. In queste settimane, il pensiero di questo appuntamento, mi è stato di aiuto per digerire una solitudine che la sera comincia a pesarmi. Non ho più la stessa ansia di qualche mese fa. Riprendere a lavorare mi ha ridato quella stabilità che mi serviva. Ho ottenuto il risarcimento dalla Germania. Le notti ho ripreso a dormire e anche gli incontri con Laura, in cui ci si ignora, non fanno male. Ma lei ha cominciato a venirmi a trovare più o meno ogni notte in sogno e io mi sveglio con una sensazione mista di vuoto rabbia e dolcezza prima di alzarmi e andare incontro al mio giorno. Che però affronto senza rivolgermi indietro e scacciando sapientemente tutte le varie circostanze in cui mi sovviene un momento del passato legato a un luogo, una luce, una frase, un'immagine, un silenzio. Solo qualche sera fa mi è capitato di emozionarmi. Ero all'Osteria del Ciliegio dove prima andavamo assieme con Laura e dove ogni tanto faccio capolino da solo per una birra. Era una serata abbastanza fiacca. Il titolare aveva cominciato a mettere della musica assurda, Giuni Russo, Loretta Goggi. Quando vado per pagare mi fa. Dai scegli un brano. Non mi viene in mente niente. Dai possibile. Alla fine non so neanche perché mi viene in mente Amarsi un po' di Battisti. Le parole mi accoltellano. Amarsi un po' è come bere, difficile come respirare... però volersi bene no, partecipare, è difficile, quasi come volare. Devo nascondermi alla vista quando prendo il resto. Poi esco a piedi e la musica mi accompagna per un bel pezzo quando esplodo in un singhiozzo che dura una decina di secondi. Spesso riconosciamo i nostri errori tardi e poniamo riparo in un'altro contesto. Laura mi aveva tra le righe confessato che non era tutto rose e fiori nel nuovo rapporto e che sapeva benissimo che era anche lei ad avere un problema. Ed è così che può capitare di far tesoro delle brutte esperienze e poi migliorarsi in un nuovo contesto. Questo pensiero mi uccide quando mi sfiora ma in qualche modo ho imparato a conviverci.
Arancinu ch'i pedi s'è ripreso alla grande e adesso ci dà dentro. Ha uno stile assurdo, nervoso, a strappi, tutto di braccia, le gambe immobili, ma in qualche modo è efficace perché prende la testa del gruppo e si dirige spedito verso la costa rocciosa. Il mio stile? Avessi nella vita questa regolarità di bracciata. Ritmo sempre uguale, respirazione destra sinistra ogni tre bracciate, senza pretese ma che fa il suo onesto lavoro. Seguo un po' distanziato. e finalmente riappare il fondale alla vista. Basterebbe toccare uno scoglio ma io mi voglio proprio sedere. Mi infilo in un'insenatura mentre da dietro mi urlano tocca! tocca! E alla fine arrivo anch'io. Ultimo del mio gruppo visto che mio cugino ha tagliato a sinistra e si è accomodato su uno scoglio un po' più al largo. Raggiungo la barca e riattraversiamo lo Stretto per tornare al punto di partenza. La traversata è compiuta. Ha richiesto meno sforzo del previsto e, una volta completata, è già evaporata rapida come un sogno, tanto per infilarci una scontata citazione di Calderon de la Barca. A questo punto dovrei fare un paragone con la traversata della vita, quella di un amore finito in attesa di un nuovo che può sbocciare ma se c'è una lezione che ho imparato da questa esperienza è che, durante il tragitto, non hai mai la minima percezione di quello da cui ti allontani e di ciò a cui ti avvicini. L'unica cosa che vedi è il blu del mare e la fiancata della barca che ti guida, sperando e fidando che ti porti a destinazione. Mi toccherà cominciare a credere in Dio?

Ven

08

Mar

2019

Se ne va un grande

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Posso dirle una parola. Certo anche due. Peggio per lei. Cornuto e sdisanuratu.

L'ho trovata in rete e ho riso per cinque minuti come cretino. L'autore è Pino Caruso. I più giovani non se lo ricorderanno ma era un comico di un'eleganza fuori dal comune. Oggi se n'è andato.

Da anni bazzico la rete per trovare un vecchio sketch degli anni sessanta su una surreale guerra tra catanesi e palermitani. Io ero bambino e ricordo mio padre che si cappottava dalle risate. Confu, Inno voi non potete darmi una mano?

Sab

01

Dic

2018

Non ti ho ancora incontrata (Valigie - terza serie)

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Landing
Ci stiamo preparando alla discesa. La voce dell'hostess, piuttosto flebile e leggermente distorta, giunge dall'altoparlante. A percepirlo solo noi, sparuto gruppo di viaggiatori di un venerdì di fine novembre. Ieri ultimo giorno di lavoro celebrato con un aperitivo a fine giornata in uno dei bar vicino l'ufficio. Poi il mio collega srilankese, che si è comportato da fratello, mi ha accompagnato all'albergo vicino all'aeroporto dove ho passato la notte. Poi questa mattina, all'alba, il check-in. E adesso eccola lì la città che mi ospiterà per diversi mesi. Fa capolino tra le nuvole di una giornata che si preannuncia uggiosa, con i suoi grattacieli e il fiume che l'attraversa: è buffo ma è come se una piccolissima parte di me tornasse a casa. E così, dopo tre settimane, la decisione è operativa: abbandono il lavoro, la famiglia e la patria. Preavviso risicatissimo ma a norma di contratto. E' il lato positivo dell'essere freelance. Del resto avevo avvertito l'azienda che un termine di 15 giorni lavorativi era troppo breve tanto per me quanto per loro. Ho cercato di dar loro un preavviso più ampio, ma il nuovo cliente l'ha tirata per le lunghe con la firma del nuovo contratto e alla fine ci sono rientrato a pelo. Li ho messi un po' nelle pesti, mi spiace: del resto sono passati quattro anni, un record per me.
Ok adesso però cerchiamo di non perderci niente. In questo preciso istante il mio portafoglio e il mio cellulare sono le uniche cose a cui sono agganciato: le chiavi e le tessere che ho in tasca non mi servono più a niente qui. E finalmente arriva il mio valigione, l'unico bagaglio sul nastro trasportatore. E' quello del set che avevo comprato l'anno scorso per andare a Bari, subito dopo la lettera dell'avvocato che ha innescato quella catena di eventi di cui questo non è che l'ultimo anello.

Deja vu
L'aeroporto non dista troppo dal centro città, ma c'è il traffico dell'ora di punta. Il tassista, sulla sessantina e oltre, è certamente del posto. Sfreccia bello agile sulle corsie della tangenziale, non disdegna il sorpasso a destra, considera i limiti alla stregua di amichevoli consigli, guida senza cintura, accetta solo pagamenti cash e non rilascia ricevuta. Meno male che ho fatto bancomat prima di partire, s'è fumato due biglietti da venti così (ma i tedeschi non erano ligi alle regole?).
Il viaggio fino in centro è stato piacevole però. I cartelli dell'autostrada ed il paesaggio invernale mi hanno procurato un tuffo nel passato remoto della mia primissima infanzia, quando quei due pazzi dei miei genitori si facevano la strada in macchina portandosi due bimbi piccolissimi, prima con una volkswagen maggiolino e poi con una Ford Taunus da Berlino fino alla Sicilia, in un periodo in cui l'Autostrada del Sole era percorribile solo per tratti e il passaggio della dogana con la Germania est comportava attese di ore. Quando sono nato io, in quella città, mia mamma aveva da poco compiuto 22 anni e mio padre 26. Lei era arrivata solo l'estate prima, senza conoscere una parola di tedesco e stava tutto il tempo da sola a casa perché spesso mio padre doveva fare anche le notti in ospedale. Ogni tanto racconta che, durante quell'estate in cui era incinta di me, alla radio percepiva, senza capire, che qualcosa di grave stava avvenendo in città. Stavano semplicemente costruendo un muro che avrebbe cambiato il corso della storia.
Nonostante potessi avere due, massimo tre anni, i viaggi li ricordo bene, forse per la fatica ed anche la tensione che evidentemente avvertivo in alcuni frangenti. Mi ricordo in particolare di una notte alla disperata ricerca di un motel dove alla fine siamo riusciti a riposarci. Eppure quelle sensazioni così forti e così ancestrali sono rimaste indelebili dentro di me, ma sono tutte positive. Ed è probabilmente per questo che i viaggi in auto di notte mi piacciono ancora tanto e mi procurano sensazioni così intense. 

Fumo e bancarelle
Il residence è in pieno centro, a ridosso della zona pedonale è a due passi dalla mia nuova sede di lavoro. Il tassista non ha beccato il senso unico giusto quindi mi lascia a una ventina di metri dall'ingresso. Non fa niente gli dico, peccato che la numerazione sia di interpretazione abbastanza 'controversa', e le insegne della struttura sono tutt'altro che sbandierate. Quindi buco l'ingresso e vado oltre, giusto per accorgermi di una discreta concentrazione di locali a luci rosse oltre che di un anomalo assembramento di figuri di etnie varie (anche italiani) che bivaccano sui marciapiedi e dall'aspetto abbastanza inquietante. Non me ne curo e finalmente becco l'ingresso giusto. Mentre sbrighiamo le formalità di rito con il tipo della reception, la butto lì chiedendo rassicurazioni sul fatto che la zona sia sicura. Lui capisce l'antifona e mi dice che se non do fastidio, nessuno mi darà fastidio e in ogni caso c'è la security la sera. Ma quindi rientrando tardi possono esserci problemi? "Per il sì e per il no watch your steps" mi risponde. E comunque c'è la security. Annamo bene! La mia stanza al primo piano si trova esattamente sulla strada vista alberghetto equivoco, dal lato opposto, intorno a cui gravita questa umanità un po', come dire, border. Sistemo le mie cose e mi do da fare con Google maps per trovare un po' di destinazioni. Passo al calcolo delle distanze dalla mia posizione solo che non riesco a trovarla. StreetView mi visualizza un mega locale a luci rosse con insegne fatte pure male, quindi di bassissima lega. Solo che non lo vedo, dev'essersi sbagliato. Porca troia, vuoi vedere che è qua sotto. Mi accorgo che la dotazione dell'albergo include anche dei tappi per le orecchie. Cioè fatemi capire, io il sabato sera mi troverò gli ubriaconi infoiati tedeschi che fanno a botte con gli scoppiati? Azz pensavo di essere in Germania e mi ritrovo a Saigon? La realtà per fortuna non è così drammatica. La foto di Streetview è vecchia, il locale non esiste più e questo residence ha tutta l'aria di essere parte di un'operazione di 'bonifica' più generale. Girando poi per la città avrò conferma che si tratta veramente di un'eccezione (un'eccezione sotto il mio balcone, wow). Tra l'altro non ho mica capito che tipologia di drogati siano, sembrano degli eroinomani fuori tempo. Comunque gironzolo per la città. Il centro è magnificamente vivo e pieno di bancarelle. Wurstel come se piovesse, ma anche zuppe da mangiare in piedi. Street food di qualità ed una piacevole sensazione di vitalità. Va per la maggiore una specie di vin brulé fatto col sidro. Ne assaggio una versione con Calvados. Squisita e beverina , me la faccio fuori a stomaco semivuoto. Dopo mezzora di passeggiata vedo i dinosauri (gli stessi di quella mamma che ha fumato erba dello sfogo di qualche settimana fa). Vorrei poter fumare una pipa da qualche parte in pace, visto che a casa non posso. Faccio una ricerca su google per trovare qualche cigar/pipe lounge. Mi imbatto in un articolo che parla diffusamente di altro tipo di pipa che da queste parti viene fumato, indovinate un po' da chi? proprio da quell'umanità che bivacca sotto casa di cui si parla in dettaglio come di un problema della città. Sono fumatori/spacciatori di crack e stanno messi veramente male. Loro. Io invece vorrei non demoralizzarmi. La notte per fortuna si svolge tranquilla e silenziosa. Il giorno successivo, oggi per voi che leggete, faccio qualcosa che scaccia i cattivi pensieri. Cerco subito la palestra. Ne visito una spettacolare nello splendido centro commerciale in pieno centro città. La piscina e la sauna dominano i tetti della città vecchia con vista panoramica sui grattacieli. Prezzi non esorbitanti, anche meno di quello che pagavo in Italia. Cominciamo a ragionare.

Non ti ho ancora incontrata
E così mi trovo per un attimo ad immaginarmi davvero una vita da solo, in un paese diverso dall'Italia, con persone nuove, mai conosciute prima nella mia vita. Per certi versi trovo la cosa stimolante. Ma non era questo che ho ricercato in tutti questi anni in cui pure non ho vissuto in modo esaltante. Un disagio che, guardandomi all'indietro, per me appare ancora più evidente. Anni a combattere con la precarietà innescata dall'insoddisfazione di una persona che non si sente mai veramente amata, mai completamente e davvero voluta, sempre come se fosse messa in discussione. Eppure ho sempre fatto affidamento sul fatto che l'amore avrebbe trionfato o, quanto meno, non avrebbe permesso che ci allontanassimo davvero. Perché nei momenti in cui la paura cedeva il passo alla fiducia reciproca tutto filava liscio e perfetto. E ci si ritrovava uniti in un'intensità mai sperimentata prima nella mia ormai non breve vita e non priva di grandi amori vissuti. Per non dire della sua. Ma non è stato sufficiente.
La mattina del giorno in cui ho firmato il contratto che mi sta rivoluzionando la vita, di fronte al giudice, ho sottoscritto la mia separazione. Che combinazione curiosa. Qualcuno dei miei amici ci ha rintracciato una sorta di disegno divino. Io non l'ho mai sentita così. Ricordo perfettamente come in quella mattina facessi un parallelo con il giorno in cui mi sono svegliato nel mio appartamento da single per andare a sposarmi in Comune. Una follia la cui fine immediata era quotata dai bookmaker con percentuali ridicole. Fidanzati da meno di sei mesi, differenza di età, nessuno dei due con un lavoro remunerato in modo continuativo. Per usare un eufemismo. Io ormai più che trentenne e senza alcuna prospettiva di carriera. Eppure ne siamo usciti, è arrivato il figlio, abbiamo fatto salti mortali assurdi, pagando baby sitter che ci costavano un occhio della testa senza che i genitori lontani potessero darci una mano, indebitandoci con loro e le banche. Tutto questo lo abbiamo affrontato e risolto stando uniti in tutti questi anni. La giudice sembrava avvertire questa intensità e ci ha chiesto più di un volta se eravamo certi. Sembrava qualcosa di più di una prassi rituale. Ho percepito con chiarezza il suo rammarico per un vissuto la cui intensità è impossibile da non percepire anche nel desiderio di voler chiudere tutto senza ripensamenti. Che è quello che in definitiva ha detto Laura, mentre io ho dovuto ricacciare in gola un attimo di commozione quando venivano snocciolati i dati anagrafici con la data di matrimonio ed il luogo. Lei non lo so. Non mi sono girato mai verso di lei se non dopo una fugace occhiata in cui ho scorto i lineamenti tesi come corde di violino. Tornando dal tribunale del capoluogo verso casa, percorrendo con calma la statale avevo messo su la mia solita compilation. Ultimamente ero entrato in fissa con una vecchi canzone di Michael Bublé I haven't met you yet. Mi era piaciuto il video sul tubo. Semplicissimo, banale. Girato in un supermercato in cui lui immagina di incontrare la donna dei suoi sogni e l'evento viene festeggiato dal macellaio, gli inservienti, la cassiera e tutti i clienti che piano piano si mettono a ballare. Una roba che più natalizia non si può. Come natalizio è il piccolo moto di nostalgia quando vedo le coppie che impazziscono a gestire il bimbo in carrozzina al bar o per strada. O addirittura all'Ikea, quel moto di tenerezza verso le coppie in procinto di sposarsi che litigano per le dimensioni della scarpiera, o del mobile tv da mettere in sala, mentre io scelgo i miei suppellettili per la mia casa da separato che adesso ho dovuto pure abbandonare e mi manca un po' anche quella. Il rammarico perché un'occasione come quella che mi è capitata avrei solo voluto condividerla e farla diventare un'opportunità di crescita per entrambi. Con la prospettiva di una vita più serena e, magari, più appagante, a patto di imparare la difficile arte di godersi la vita. Perché la felicità, in verità, non è un obiettivo da raggiungere. La felicità si vive giorno per giorno e il vero segreto è accorgersi di essere felici in quel momento e non solo dopo, tornando indietro con la mente e rivisitando con occhio benevolo situazioni che non si reputava così importanti, appaganti, belle. E tutto questo va bene se ne fai tesoro per una nuova occasione. Ma devi soffrire per capirlo. E quanto devi soffrire Laura. E poi sarà così davvero? Sarà così per te? Sarà cosi per me? Non mi resta che cantare a squarciagola con il buon Michael, nel viaggio di ritorno dal tribunale (lasciandomi andare per l'unica volta a un pianto con un accenno di singhiozzo) I haven't met you yet, Non ti ho ancora incontrata, e pensare per quell'attimo di illusione, che possa parlare di te.

Tags: valigie

Lun

13

Ago

2018

Cotturotti

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Quest'anno ho deciso di andare a casa mia per le vacanze. Non lo faccio da anni nonostante la casa della mia famiglia sia sul mare in una località balneare. Mi sparo milleduecento km in macchina, ho deciso. Me la prendo molto comoda il mio primo giorno di ferie, non ho deciso quando partire ma approfitto dell'unico fatto positivo di non avere nessuno con cui sincronizzarmi. Mio figlio doveva venire con me, ma all'ultimo momento ha deciso di no. Alla fine mi muovo verso le sette di sera. Con il ricorso ad opportune soste in autogrill, si rivelerà una scelta azzeccata. Viaggiare di notte da soli, tra l'altro, ha sempre il suo fascino. Passato e futuro si mescolano nella nostra mente in modo molto più potente di quanto non avvenga di solito, mentre i contorni dei vari scenari si avvicendano sotto uno spicchio di luna. In un modo o nell'altro diventa un momento in cui, quasi inconsapevolmente, si fa il punto sulla propria esistenza, almeno fino all'arrivo delle prime luci dell'alba. Ho ripensato a tutto quello che è successo in quest'anno.
Alla fine di questo mese, difatti, sarà passato esattamente un anno da quella fatidica cena in Liguria con Laura. Questo periodo di separazione è stato un ottovolante di stati d'animo. Ci sono stati riavvicinamenti promettenti e picchi di tensione e incomprensione altissimi. Mai come quello che stiamo vivendo dall'inizio di luglio e soprattutto da un paio di settimane. Nel frattempo altre cose sono accadute. La vita ha seguito inevitabilmente un suo corso. Nuove persone sono diventate importanti. Ci sono stati incontri. Non ho vissuto male questo anno. Sto vivendo male questi giorni, nonostante mi trovi a casa mia a mare, in contatto quotidiano con i miei cugini che sono soprattutto miei amici storici.

 

L'inguaribile monogama
Fine della A1. Imbocco la Caserta-Salerno. Sono le tre di notte e mi sono appena fatto due  ore di sonno in un'area di servizio. Non molte ma sufficienti per scacciare i colpi di sonno per le tre ore successive. Nell'oscurità si stagliano chiari i contorni del Vesuvio e non può non tornarmi in mente la mia grande amica vulcaniana. Anche stasera ci siamo sentiti al telefono e mi ha accompagnato per una parte del viaggio. Avevo parlato di lei durante l'ultimo sfogo dichiarandomene innamorato. Ci siamo tenuti compagnia per tutto l'inverno e tutta la primavera. Sempre rigorosamente per messaggi. Lunghi messaggi di un carteggio che se fosse fisico riempirebbe un bauletto. Poi a un certo punto è stata lei a suggerire di passare su Whatsapp. E da lì abbiamo cominciato a sentirci anche per telefono. Avevo sperato in una svolta di altro tipo per un certo periodo, ma mi sono scontrato con la sua determinazione. Vive una storia disperata di dipendenza affettiva da una persona. Un rapporto a distanza i cui elementi di disfunzionalità sono chiari soprattutto a lei. Ma non meno chiara per lei è l'inesorabilità del suo stato. Quando parla razionalmente del suo amato è la prima a stupirsi e rammaricarsi del fatto di essersi fatta rovinare la vita così. Tutto la divide da questa persona. Cultura, interessi, determinazione, Tutto tranne la chimica che, al contrario, la lega a lui in un modo quasi inesorabile. Si definisce perdutamente monogama. Quando la storia con lui è cominciata ha praticamente mandato all'aria il proprio matrimonio unilateralmente, entrando in una situazione di limbo affettivo che ancora perdura. Sembra la plastica rappresentazione (ma portata alle estreme conseguenze) di quello che qui abbiamo sostenuto tante volte. Non è vero che il sesso è secondario in un rapporto. Il sesso è tutto. E' il resto che va in subordine. Adesso il nostro è diventato un rapporto da vecchi amici. Conosciamo le rispettive inflessioni di voce, i tic comunicativi. Ce le cantiamo chiare, ci diciamo tutto, ci prendiamo in giro e ci sosteniamo. Non potrei mai rinunciare alla sua amicizia e non ho intenzione di farlo. Abbiamo deciso anche che ci incontreremo tra qualche tempo. Senza fretta. Nessuno ci corre dietro.

La mia giovane amica
E poi c'è lei, la mia giovane amica. Un lungo periodo di contatti sul virtuale. Parlando di sé stessi, leggendo le proprie storie ed i propri problemi. Un passato e un presente difficili per lei che ha dovuto lottare con disordini alimentari e con altri guai abbastanza seri che deve combattere con l'assunzione quotidiana di farmaci. Conduce la propria vita normalmente, con un coraggio e una determinazione da leonessa, ma è attraversata da un senso di precarietà della vita che mi impressiona per la sua giovane età che è davvero solo anagrafica. Il passaggio in chat con lei mi fa conoscere una persona nuova. Spiritosa, uso dello strumento praticamente professionale. Conia hashtag come panini e se li uso io mi impone una tassa sui diritti. Sto siparietto è andato avanti per settimane. Abbiamo cominciato a sentirci in qualsiasi momento del giorno. Per definire il nostro rapporto adottiamo la brillante definizione di squirrel-friends (sua trovata dall'idioma urban che lei padroneggia). Nei miei confronti lei è dolce è spietata. Dice di me che la definizione di narcisista mi calza a pennello. Ma almeno mi risparmia il patologico e non mi dà del manipolatore (un passo avanti decisivo rispetto a come mi vede la mia ex).
L'incontro nella piazza della sua città lo ricordo ancora come un momento magico. Uno incontro all'altro, avanzando lentamente dai due lati opposti della piazza guardandosi dritti negli occhi. Tre ragazzi che ci tagliano inconsapevolmente la strada e noi che, subito dopo, ci ritroviamo in un lungo abbraccio senza dirci nemmeno una parola. Ci eravamo sentiti protetti dalla diversità di orientamento sessuale, dall'età e dal fatto che nessuno di noi due cercava nell'altro qualcosa di diverso da una bella amicizia. Non è andata così. Le cose ci hanno preso la mano.
Ci siamo incontrati altre volte, condividendo qualcuna della cose buffe che abbiamo detto ci piacerebbe fare assieme come giocare a scacchi e dama o leggere brani di libri ad alta voce. Altro ancora rimane nella lista delle buone intenzioni, tipo una lista sterminata di film da vedere assieme. Ma il punto è che, alla fine, ci siamo incontrati anche su un altro piano, il più inaspettato. E' capitato già più di una volta. E' diventato un gioco da adulti che non sappiamo definire e non sappiamo con precisione come né quando si concluderà. Non si è creata una vera e propria intesa su questo piano. O quantomeno va a sprazzi. Ci sono stati dei momenti anche molto intensi, ma poi ogni tanto lei si aiuta con la buona volontà e io con il tad@l@fil (ormai un compagno quasi fisso da vari mesi). Allo stesso tempo c'è un legame. Difficile definirlo amore, però è qualcosa di profondo. Io adoro le piccole cose che facciamo insieme come, ad esempio, l'ultima volta che ci siamo visti, quando ci siamo messi a ballare come scemi sulle note di Soul sister (https://www.youtube.com/watch?v=kVpv8-5XWOI).
Il fatto è che, in fondo, anch'io non mi sono ancora affrancato da quella perduta monogamia di cui mi parla la mia amica vulcaniana. Il fatto è che la mia giovane amica non ha affatto cambiato orientamento. Il fatto è che abbiamo piazzato la parentesi aperta e sembra che non sappiamo con precisione dove e quando infilare la chiusa. Il fatto è che, comunque, tengo a lei e le voglio un gran bene.



Laura
Il mio mese di esilio a Bari, alla fine dello scorso anno, doveva servire a calmare gli animi e a non prendere decisioni affrettate. Ha sortito l'effetto esattamente opposto. Punta nell'orgoglio Laura si è incattivita come non mai. All'inizio di quest'anno ho cercato casa e mi ci sono trasferito. La sto ancora arredando con una lentezza estenuante. Un po' perché voglio fare le cose per bene e creare un posto accogliente, un po' perché questo processo è diventato la mia personale Tela di Penelope. Dopo i primi due mesi di battaglie, per la definizione del ricorso, gli animi si calmano e un po' alla volta ci riavviciniamo. Il giorno della festa del Papà viene a casa mia e mi porta le zeppole di San Giuseppe. Per il suo compleanno le regalo una sottoveste di seta che inauguriamo quella sera stessa e che poi nel giro di un paio di giorni mi restituisce (si trova ancora in un mio cassetto). Ci allontaniamo di nuovo. Lei mi dice che non metterà più piede a casa mia. Si passa al silenzio stampa, non ci sentiamo per settimane. Poi ci riavviciniamo, facciamo di nuovo l'amore e litighiamo di nuovo. Il ricorso è ancora lì in ballo. Finalmente decidiamo di sottoscriverlo. Ci vediamo a ridosso del mio compleanno. Scegliamo un ristorante. La discussione, inizialmente serena, ritorna sulle solite tematiche e gli animi si accendono. Le suggerisco di archiviare la pratica prima di cominciare a mangiare. Diventa un pranzo di lavoro. Una firma qui, una sigla qui. Mangiamo sempre alternando discussioni amene e discussioni accese. Quando torniamo in macchina mi chiede di fermare, mi da il suo regalo di compleanno e lo arricchisce con un bracciale di cuoio che mi lega personalmente al polso ingiungendomi di non toglierlo mai più. Piange. La riaccompagno a casa e facciamo l'amore con una passione quasi senza precedenti nel nostro ventennale matrimonio. Tutti i problemi e le incomprensioni che avevano condito quella rottura plateale lo scorso anno in Liguria, quell'esasperazione manesca che aveva innescato quella mia maledetta reazione, tutto completamente svanito. Il satiro perverso e la fanciulla pudica non esistono più, sostituiti da due amanti che finalmente si donano completamente e senza remore, godendosi reciprocamente in modo finalmente pieno e dolcemente osceno. Ma il tempo passa e io adesso sono confuso ed incerto sul da farsi. Nello stesso tempo provo delle sensazioni nei confronti di qualcun altro. Sensazioni che non so ancora definire. Nei giorni successivi le cose si fanno ancora più ingarbugliate. Ci riavviciniamo, ma io continuo a mantenere i miei rapporti epistolari e non solo più epistolari di cui sopra. Vedo la mia giovane amica e per la prima volta dopo vent'anni ho rapporti intimi con qualcun altro. In occasione dell'appuntamento mi invento una scusa che lei non digerisce fino in fondo. E' disorientata. Mi sente vicino e sfuggente perché, in realtà, sono vicino e sono sfuggente. Ci rivediamo e lei è visibilmente contrariata e preoccupata. Però sento che sta crescendo in lei la determinazione di superare tutto. Infatti la sera ci lasciamo sotto casa mia con un bel bacio. Non vuole salire. Mi propone di andare da lei ma declino con la scusa dell'alzataccia il giorno successivo. Il giorno dopo, la sera, prova a chiamarmi, ma io sono al telefono con la mia giovane amica. Mi messaggia dopo, dicendomi che era in giro e che sarebbe voluta passare a casa da me. Nel frattempo sto per avere la mia prima telefonata con la mia amica vulcaniana. Dopo sei mesi passati a scriversi sto per sentirla al telefono per la prima volta e non ci rinuncerei per niente al mondo. La telefonata è lunghissima e piacevolissima. Ma Laura nel frattempo stava continuando a chiamarmi. Capisce che c'è qualcosa di nuovo: il mio record di durata nelle telefonate non era mai andato oltre i dieci minuti e lei era abbondantemente più di un'ora che provava a telefonarmi senza successo. Mi chiede con chi parlassi. Bofonchio qualche scusa che palesemente non regge. Mi risparmio la patetica arrampicata sugli specchi e le dico che devo parlarle. Non lo avrei più fatto perché lei non ha mai più voluto sapere cosa avevo da dirle.


Il mio collega tamil
Il giorno prima della partenza per le vacanze vado al cinema all'aperto per rilassarmi. Ci sono rimasto male perché, come ho detto, il giorno precedente mio figlio mi aveva comunicato la decisione di non venire con me e francamente ci speravo, anche se un po' me l'aspettavo. Film mai sentito prima che si rivela una bella scoperta: The Big Sick, sul problematico amore tra un attore comico pakistano e una studentessa americana bianca. Le difficoltà sono legate soprattutto alle abitudini familiari di lui che prevedono matrimoni combinati. Una galleria di ragazze che si presentano all'ora di cena invitate per caso. Alcune anche molto belle e interessanti. Mi fanno tornare in mente il mio nuovo collega Srilankese. Un tipo davvero in gamba.  E' arrivato in Italia a 12 anni, di etnia tamil, non cingalese. E' cresciuto in sicilia e ha un accento catanese marcatissimo. Già questo me l'aveva reso simpatico. Ma è una persona di un'eleganza rara. Sa il fatto suo ma non sgomita per mettersi in mostra. Al contrario è sempre molto collaborativo e comunicativo. La sua presenza ha reso migliori i rapporti in ufficio. E' anche elegante nel modo di vestire, con abbigliamento, acconciatura e rasatura sempre sorvegliatissimi, ma esibiti con molta disinvoltura. La settimana di lavoro passata insieme in Svizzera ha cementato i nostri rapporti. Ci ha portato a mangiare in un ristorante srilankese. Cibi molto piccanti tra i quali mi è rimasto impresso questo Khottu Roti (una specie di piadina con pollo verdure e spezie piccanti), soprattutto per il nome, che da allora in poi è diventato un tormentone. Cotturotti per colazione, si si tutto molto buono, ma certo dopo il cappuccino  ci vorrebbe un bel Cotturotti. E cose così. Lui a casa lo prepara personalmente e, a base di Cotturotti, era il pranzo per un evento al quale ci aveva invitato. Il primo compleanno della sua bambina. Una roba che manco un pranzo di nozze. Proprio nei giorni in Svizzera aveva speso un capitale in abbigliamento tradizionale, orecchini d'oro a 900 carati, tutto finalizzato a questa festa. La moglie è una bella donna della stessa etnia. Lui in precedenza aveva avuto storie con altre donne anche italiane ma alla fine è rimasto nel solco della tradizione. Alla festa non sono andato alla fine, ma un po' me ne sono pentito. Una roba pletorica con duecento invitati, ristorante con piscina. Speso un capitale, ma senza battere ciglio. Gli eventi sociali legati alla famiglia sono una voce irrinunciabile del suo bilancio familiare. Da allora ho ribattezzato questo stile di vita come lo stile di vita Cotturotti, in cui tutto viene canalizzato all'interno di rigidi binari che ti imprigionano ma che ti guidano in un percorso di saggezza. Lo paragono al mio anno all'insegna delle passioni e delle incomprensioni che hanno fatto deflagrare la mia vita e la mia serenità. Non farei il cambio, intendiamoci, ma certe volte mi sorprendo a farmi delle domande.


Metti una sera a cena
Il mio collega ha notato la mia sregolatezza che ogni tanto, ultimamente, si riflette anche in ambito lavorativo, ma abbiamo imparato ad apprezzarci reciprocamente. Ogni tanto mi guarda e si mette a ridere. Che cazzo ti ridi, gli chiedo divertito. E lui continua sornione scuotendo leggermente la testa. Ah e stasera non torni a casa, mi chiede. No, stasera vado in centro, esco a cena. Sorride sotto i baffi mentre esce dall'ufficio dopo avermi augurato buona serata.
E già stasera  cena sui Navigli. Ho dovuto chiedere il consiglio di Borromeo per andare sul sicuro. Un blind date con una persona che non ho mai visto che non mi ha mai visto e con cui abbiamo scambiato solo pochi messaggi. Così tanto per aumentare l'entropia e magari incasinarmi ulteriormente la vita. Cerco di derogare per un volta alla mia maledetta scarsa puntualità. Mi parrebbe pochissimo carino fare aspettare una donna in una circostanza simile.
Ristorante delizioso con un piccolo patio e un giardino interno, ma fino alle otto di sera battenti chiusi. Mi accomodo sul patio e osservo le persone che man mano arrivano. Ogni donna, mi chiedo se sia lei. Sarà mica lei! Vabbè ma anche se fosse. No, ma comunque non è lei. Mi avvisa che è un po' in ritardo. Del resto è coi mezzi e il ristorante è un po' distante dalla prima fermata utile. A un certo punto mi sembra di individuarla. Una figura non particolarmente appariscente che cammina di buon passo, che è già cosa degna di nota considerando la serata afosa. Noto che si guarda intorno non appena arriva e la chiamo. Mi sorride e ci salutiamo ma nel frattempo bisogna aspettare un attimo perché si è creato un po' di assembramento. La invito a sedersi accanto sul patio e lei, nel sedersi accaldata, sfodera un ventaglio per rinfrescarsi. Wow. E' un oggetto che trovo terribilmente seducente, mi riconduce a Catherine Zeta Jones in Zorro. E così ho modo di osservarla un attimo. Stile elegantemente etnico zingaresco con un top abbastanza succinto, pantaloni all'odalisca, infradito e un girocollo cromatico con una predominanza di turchesi. In pochissime parole un pezzo di figliola da paura. Espressione solare e sguardo intenso e sempre vivo, capelli sulle spalle che ogni tanto non riesce a contenersi dal tormentare con le dita. Tratti regolari con qualche imperfezione che ne aumenta l'interesse in modo esponenziale. Io al contrario penso di avere un'espressione da coglione stampata sul volto. Mi sforzo di essere naturale ma penso che l'effetto risulti più o meno come un'emiparesi. E' una chiacchierona che sa fermarsi ad ascoltare. Entrambi non amiamo il rosée (Borromeo fattene una ragione :P). Per il menu scegliete voi o vi affidate alle proposte dello chef? Beh visto lo stile della serata non possiamo che scegliere la seconda. Parliamo, tanto e di tutto. Conosciamo già abbastanza delle nostre cose intime per cui parliamo di quelle più superficiali e di quelle più dolorose e ci raccontiamo un po' di vicende della vita. Mi rammarico e allo stesso tempo sono contento di non avere qualche anno in meno. Se l'avessi incontrata da giovane scapolo penso che ci avrei tranquillamente perso la testa. E' caparbia, tiene il punto, ma stempera subito con l'ironia. E' aperta, terribilmente aperta mentalmente e sessualmente. Ha il piglio di chi prende la vita a morsi. Adoro ed invidio quel suo sguardo ardente di chi è ansioso di vivere il proprio futuro, nonostante sappia già quanto dura ed indigesta sa essere la vita. Le propongo di offrirle la cena ma capisco che non le va di fare la bambolina. Quindi le propongo il compromesso per il secondo giro da bere che offrirà lei in qualche locale verso il centro. Non riesco a non manifestarle quanto mi piaccia. Ci lasciamo andare a qualche contatto un po' più intimo. Le dita, le mani sui fianchi. Non rientriamo troppo tardi. La riporto a casa intorno a mezzanotte. Il bacio di saluto è enigmatico. Non dura molto ma è combattivo sul darsi e sul ritrarsi. Mi fa partire la brocca e devo metterci qualche minuto per riprendermi dopo che scende dalla macchina. Capisco che si è trattato di un bel capitolo aperto e chiuso e dubito che ci sarà un seguito. Ma che meraviglia di serata per il mio povero vecchio cuore.


Ferragosto! Ferragosto!
Credo che quel giorno di fine giugno in cui Laura mi ha cercato per telefono fosse, nelle sue intenzioni, destinato a segnare una svolta. Il fatto stesso che avesse deciso di passare da casa mia significava qualcosa di molto preciso. Credo davvero che lei volesse dirmi qualcosa rispetto al ricominciare. Era nell'aria da giorni. Andavamo spesso al pub insieme e parlavamo. Lei aveva deciso di sorvolare su una quantità di cose che non la convincevano pur di darsi un'altra possibilità. Ma sentirmi dire che dovevo parlarle era troppo. Si era già fatta tutti i film ed aveva deciso che, qualsiasi fosse lo scenario reale, non lo avrebbe accettato. I giorni immediatamente successivi, ai miei inviti rispondeva molto sinceramente dicendomi che, se avesse ascoltato il suo cuore, avrebbe accettato, ma che riteneva più opportuno evitare. Decide di partire in vacanza qualche giorno insieme a Figlio. I contatti diventano più rarefatti e si limitano al formale. In vacanza cambia le foto del profilo whatsapp sostituendole con dei selfie da cui traspare tutto il suo dolore nonostante il tentativo di apparire serena. Tornano e poi ripartono per il campo estivo che lei tiene ed in cui Figlio fa da assistente. Siamo ai primi di agosto. Io mi trovo in uno stato di totale lucido sbalestramento. Faccio una cosa stupida. Per passare una mia foto appena scattata in cui sono nudo, utilizzo temporaneamente la cartella condivisa con Laura. Non la utilizziamo quasi mai e non ho idea di quali notifiche sono legate al salvataggio di foto. In realtà non ho più voglia di essere prudente. Questa è la verità. Questo è il centro di tutti i problemi che si sono scatenati dal momento della possibile riappacificazione. Non avevo alcuna intenzione di tornare nelle vecchie dinamiche. Sono stato fedele marito per 21 anni e non avevo né intenzione né voglia di provare qualcosa di diverso. Mi sono trovato catapultato in una realtà in cui mi sono dovuto reinventare un orizzonte esistenziale almeno accettabile. Non l'ho trovato. Ma allo stesso tempo sono cambiato e non è pensabile ricominciare dallo stesso punto in cui ci eravamo lasciati. E quindi le telefonate con le mie nuove amiche fatte senza curarsi del fatto che lei potesse sospettare qualcosa. E quindi anche una cosa stupida come utilizzare la cartella condivisa comune per trasferire temporaneamente una mia foto nudo. Dovresti fare attenzione a dove condividi le tue foto. Che schifo. Il messaggio whatsapp fa evaporare qualsiasi dubbio. Le foto condivise vengono immediatamente notificate. Dico la prima cazzata che mi viene in mente. Era per te. Me la sarei dovuta risparmiare. Nei giorni successivi provo a contattarla per avere conferma della ricezione del regalo che le avevo fatto (lo striscione dedicato alla nuova edizione della manifestazione). Non aspettava altro. Mi manda a cagare e mi blocca su Whatsapp. Al ritorno e a ridosso della mia partenza scopro che ha coinvolto anche Figlio in questa riprovazione. Lui viene a chiedermi conto di come mi sono permesso di fare una cosa del genere a mamma. Gli dico che non sono affari suoi e mi comunica che non sarebbe venuto con me in Sicilia. Una sceneggiata già preparata: Laura l'ha accompagnato e lo aspettava giù forse senza nemmeno spegnere il motore come mi ha suggerito qualcuno. Io sentivo da tempo che questa nostra partenza insieme non si sarebbe concretizzata, aspettavo di sapere solo quale potesse essere il pretesto. Glielo ho offerto io, su un piatto d'argento. Non avrebbe mai dovuto coinvolgere nostro figlio in tutto questo. A prescindere da tutto, questo era un errore che non avrebbe dovuto commettere.

Ed è così che in questo momento sto in vacanza con un buco nel cuore. Faccio molta vita sociale. I miei numerosi cugini e perfino una rimpatriata con la mia classe del liceo dopo quasi quarant'anni. Nel frattempo fervono i preparativi per ferragosto. Grande tavolata con una trentina di persone. Ci stiamo distribuendo le varie pietanza. Quasi quasi chiamo il mio collega srilankese e gli chiedo la ricetta del Cotturotti.

Gio

01

Mar

2018

Che coss'รจ l'amor

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Non è facile sopravvivere in amore
se non sai dire bugie
quindi devo solo fare un'inchino
e dire addio

Non è facile sopravvivere in amore
quando dici bugie
quindi devo solo fare un'inchino
e dire addio

 

Norah Jones "Say Goodbye"

 

Tre, due, uno

Sono passati esattamente tre mesi da quando sono uscito di casa.
Ne sono passati due dal mio ritorno in città dopo aver girovagato per il sud italia fra trasferte di lavoro, visita ai miei luoghi d'origine, casa, famiglia,  ecc.
Ne è passato uno da quando sono entrato a pieno titolo nella mia nuova casa, dopo aver passato il mese di gennaio tra quella che è ormai casa di Laura e il residence dove mi ero già trasferito l'anno scorso, ai miei esordi in sfoghiamoci.
Sono ancora circondato da scatoloni ma pian pianino c'è un arredamento che comincia ad assumere una fisionomia. Ci spendo un sacco di soldi e non ho ancora praticamente preso niente. Non è molto denaro in assoluto per un arredamento. Lo è in relazione al momento della vita in cui, se pensavo di spendere soldi per un cosa del genere, avrebbe avuto senso farlo per rinnovare l'arredamento della nostra casa. Ed è un cosa che, quando ci penso, mi manda ai matti visto che è ancora tutto sospeso. Il ricorso per la separazione non è stato depositato. Per la legge siamo ancora marito e moglie a pieno titolo. Dopo essersi aspettata che io firmassi in quattro e quattr'otto non siamo più riusciti ad andare avanti. Adesso è lei a fare difficoltà. La mia controproposta iniziale l'ho modificata e limata al punto che è ormai per me più onerosa di quella che mi era stata proposta a dicembre. Ma ancora niente.

 

Surprise, surprise

Sì sono in fissa con Norah Jones in questo periodo. Niente tv a casa nuova. Ho chiuso pure l'abbonamento a Netflix e aperto quello su Deezer. Sento molta musica. La citazione iniziale è presa da Little Broken Hearts un concept album scritto un po' di anni fa (ma io lo scopro solo ora) dopo la separazione dal compagno, con canzoni tutte dedicate a questo evento. Non è solo una grande musicista e interprete la ragazza: riflessioni profonde, spunti poetici di grande qualità. Da qui la scelta di utilizzare anche il titolo di in una delle sue canzoni più note per questo paragrafo. E quale sarebbe la sorpresa? Avete presente, nei film, quei momenti in cui si inverte il rapporto tra azione e colonna sonora e sono le immagini a commentare una canzone. In genere è un trucco per dare un'idea sintetica di cosa è successo in un periodo di tempo più o meno lungo. Se è un anno si ricorre al passaggio delle stagioni. Se invece è una settimana, un mese o una stagione si tratta di scene di carattere diverso che cercano di dare il senso di un vissuto quotidiano. Quali sarebbero le scene che potrebbero simboleggiare questo mese per noi? Ad esempio il suo messaggio Whatsapp in cui mi propone una birra all'Osteria del Ciliegio, quella che ci ha visto spesso durante tutto il periodo della nostra precedente separazione. E poi noi con le birre sul tavolo del plateatico coperto con le stufe in cortile, mentre ci abbracciamo e ci baciamo in mezzo ai ragazzini dell'età di nostro figlio che sbirciano incuriositi dagli altri divanetti. E l'uscita successiva in cui invece discutiamo sui soliti triti refrain e ce ne usciamo con la faccia incazzata dopo mezz'ora tornandocene alle rispettive case e salutandoci a malapena. Oppure il nostro primo e per adesso unico incontro casuale al supermercato. Ci incrociamo coi carrelli. Non comprarlo il phon, mi dice, quello del bagno di sotto non lo uso mai. E poi io che la raggiungo al reparto dell'ortofrutta dove finiamo a discutere di recriminazioni vecchie di vent'anni, così, tra conoscenti che si incontrano per caso. Io che vado a casa in anticipo a prendere Figlio. Lei che si incazza e dice che devo avvisare e io che esco e lo aspetto al freddo in macchina per un quarto d'ora. Sempre a casa, stavolta per darle una mano su un depliant per i corsi di quest'estate. Lei che mi ringrazia di persona e per messaggio e si dichiara debitrice di una cena che dovrà risarcire proprio questa sera.

 

Che coss'è l'amor

E nel frattempo. E nel frattempo tutto il resto è tempo che passa. Solco che si scava, distanza che unisce, legaccio che allenta, legaccio che stringe. Ci siamo abituati a passare le sere in solitudine ognuno a casa propria. Di tanto in tanto qualche messaggio. Cosa fai? sto sul divano, preparo da mangiare, muoio dal sonno, vado a letto, bacio. Frammenti di condivisione delle nostre nuove solitudini. Oggi mi sono soffermato a fare i conti sul mio periodo di astinenza, cosa che non faccio mai. Siamo ormai sui 6/7 mesi. Non me ne cruccio, non ho una verginità da scrollarmi né un'urgenza da soddisfare. Laura pensava che avrei ricontattato vecchie fiamme occasionali che ancora bazzicano in città, alcune probabilmente in cerca. Non l'ho fatto. Potrei arrivare a una scopazzata a uno scambio di rapporto orale, ma, nel mio letto, non sopporterei un nanosecondo la presenza di una persona di cui non mi frega niente, subito dopo l'amplesso/orgasmo o quello che sarebbe. Mi guardo intorno con juicio. Lancio segnali con parsimonia. Con la titolare del panificio da cui ci riforniamo da anni di pane in pasta madre, gli ordini adesso li faccio via whatsapp, e ci scappa anche qualche carineria. Poi c'è la board di sfoghiamoci. Alcuni amici, alcune amiche. Si parla di noi, a volte si va nell'intimo. Mi è capitato di fare da spalla a donne sull'orlo di una crisi di nervi, incappate nelle grinfie di giuratori seriali d'amore eterno per persone che non hanno mai visto in vita propria. Qui nel virtuale tutto rischia di diventare malato e ossessivo. Mi faccio sfiorare da tutto questo ma mi sembra di aver imparato a restarne comunque fuori. Non sento Cinerea da tanto tempo. Per lei sono un po' preoccupato. L'età di mio figlio, un'intelligenza acuta, una bravura che immagino di grande livello, precipitata nel gorgo di un'autodistruzione cieca. Cinerina se ci sei batti un colpo, non so come dirtelo più.

Epperò, eppoi m'è capitato pure di innamorarmi. Anch'io, alla fine nel virtuale, anch'io per una persona mai vista in vita mia. Che coss'è l'amor? chiede Capossela. Tra tutte le definizioni mi piace di più quella dell'amaca gelata che aspetta il suo gazebo. No, io non giuro amore eterno. Io mi limito a cullarmi di tanto in tanto questa piacevole sensazione della presenza, nell'universo, di una persona che forse è la tua anima gemella, che forse incontrerai o forse no ma intanto esiste e finché questa sensazione dura è bello sapere che è lì. I pochissimi messaggi che ci siamo scambiati, il piacere di gustare e distillare le cose che scrive di sè e di me, tutto questo finisco col trovarlo appagante. E' questo l'amore dopo i cinquanta anni? Un pensiero che ti affianca e ti tiene compagnia e ti punge solo di tanto in tanto con molta leggiadria. Ammazza m'è uscita la rima. Questa la metto in versi.

 

Progetti per il futuro?

Nell'immediato ho una cena stasera a casa di mia moglie (ancora non posso dire nemmeno la ex). Per il resto non so. Ho ripreso a scrivere canzoni e sono soddisfatto del risultato. Forse inviterò la fornarina. Forse ricontaterò vecchie fiamme. Forse riprendo tango. Forse, per giugno organizzerò la prima cena ufficiale sfoghiamoci per inaugurare la casa nuova non appena sarà presentabile.Per tutto il resto c'è Mastercard.

Abbraccio da Coleridge


Mer

13

Dic

2017

Olderone, e allora?

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

Ti ho contattato anche in pvt e non hai risposto. Sparito così improvvisamente. Il più assiduo commentatore, quello che rincasava per ultimo, chiudendo le trasmissioni e serrando il portone di sfoghiamoci a quadrupla mandata la notte tardi.

Mica mi devo preoccupare, no?

Tags: oldjoe

Lun

04

Dic

2017

Valigie. El regreso - Un anno dopo

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Io aspetto da solo,  tutti lasciano la sala, il ragazzo che pulisce i popcorn dalla moquette mi guarda di sottecchi con laria scocciata... Aspetto La fine dei titoli... Magari c'è quel pezzettino alla fine.. Come si chiama? Contenuto extratitoli... Ho un sapore di dolce in bocca, ho un bisogno estremo di lietofine come questo. 

Mi piace ricordare questo commento di Gage con cui si concludeva la telenovela Valigie, lo sfogo con cui ho esordito. Non so se è stato l'editore (un tipo con la barba bianca e un triangolo sulla testa) a insistere per il sequel. Personalmente avrei volentieri fatto a meno. Il punto è che, per diverse cisrcostanze, dopo quasi un anno si ripropone lo stesso scenario, con molte analogie ma anche alcune significtive differenze. No questa volta niente defenestrazione. Questa volta ho fatto a tempo a comprarle delle valigie nuove di zecca. E ho programmato io un lungo periodo fuori casa, sollecitando una trasferta di lavoro che, di fatto, mi sto pagando io. La speranza sarebbe quella che la lontanza forzata possa favorire opzioni che attualmente non sono nemmeno prese in considerazoine. E tuttavia il caso sembra avere allineato le palline in modo inaspetato. Ho prenotato il mio soggiorno quasi un mese fa. Ho ristretto le possibli opzioni selezionando host che rilasciano fattura o almeno ricevuta fiscale. Do solito scelgo opzione appartamento, ma stavolta visto anche il numero ristretto di risulatti ho considerato anche gli affittacamere. Mi è sembrata un'idea non male considerando il periodo lungo da passare da solo, finesettimana compresi.

Ho trovato una soluzione ottima, in pieno centro città. L'unico problema è il parcheggio ma per il resto il posto è perfetto. Accoglientissimo. Pulito, anzi profumato, arredato con gusto, accogliente, luminoso immagino (ancora non lo so, sono arrivato di sera). Per il resto mi aspetta un mese molto meno stressante del solito. Niente pendolarismo estremo (lo sport che pratico abitualmente), raggiungerò l'ufficio in città in macchina, credo in una ventina di minuti. Città sul mare, negozietti in centro. Insomma un bel colpo. Per quanto riguarda la sistemazione pensavo fosse in un contesto più isolato rispetto a chi ci abita. Invece si tratta proprio di una stanza della casa dove vive il proprietario. Anzi la proprietaria. Credo che abbia qualche anno meno di me. Molte sue foto in giro a tutte le età, Capperi non male da giovane. Però si difende ancora. Che in fondo è esattamente la stessa cosa che si può dire del sottoscritto. Fuma qualche sigaretta la sera. Non solo sigarette, quando sono arrivato ho visto un posacenere sulle scale dove c'erano ancora dei mozziconi e l'odore inconfondibile di una canna. Andiamo bene, porco giuda, forse ho un po' esagerato: mi fermerò qui fino alle vacanze di Natale. In questo momento questa è proprio casa mia, stamattina Laura ha già voluto le chiavi di casa. Non le ho detto niente della soluzione abitativa trovata . Sto rivendicando il mio diritto di farmi i cazzi miei. Se venisse a saperlo andrebbe giù di testa. Si prospettano giorni agitati, così a naso.

Riprendo lo stile narrativo del vecchio sfogo: un diario giorno per giorno. Potrebbe essere una noia. Oppure no. Stay tuned

Mer

01

Nov

2017

Addivenire

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

"che non abbia mai più a verificarsi.." che modo di parlare che hanno gli avvocati.
Mi arriva così questa mail, come un fulmine tascabile a ciel sereno. A ciel sereno. Diciamo. Il mittente lo conosco, cioè conoscevo solo uno dei quattro cognomi con i quali s'è firmato. E' un comune amico, o meglio, un amico di Laura che conosco anch'io.
In realtà, tra ieri e oggi, Laura avrebbe avuto più di un'occasione per accennarmi la cosa anche de visu. Peccato che da domenica le comunicazioni siano ormai interrotte. Io sono rientrato ieri sera, concio come un lebbroso, untore per di più, visto che ho infestato, tra ufficio e treno, una bella fetta della popolazione in età lavorativa che ha avuto la sventura di capitarmi a tiro. Poi sono andato a dormire nel mio divano letto preferito, ma stamattina l'ho rifatto senza richiuderlo, giusto per ristorarmi di tanto in tanto visto che oggi, lavorando da casa, avevo allestito la mia postazione di lavoro in sala.
In una di queste pause, passando dal laptop di lavoro al mio notebook, ho notato questo messaggio la cui sostanza è che mia moglie intende addivenire a una separazione consensuale, e la forma è che me lo sta comunicando tramite avvocato. Massì effettivamente ha un senso, considerati i nostri attuali rapporti. Sì, perché dire che non ci parliamo più non rende molto l'idea. In realtà, in queste ultime ore stiamo esplorando con successo nuovi territori dell'incomunicabilità coniugale. Adesso non ci guardiamo più nemmeno in faccia. Letteralmente, se la televisione non è accesa, si sentono volare le mosche. Anche le cimici si danno da fare abbandonando i propri sicuri rifugi e concedendosi qualche botta di vita per cercare di ravvivare un po' l'ambiente: anche loro non riescono a sopportare questo assurdo silenzio carico di tensione. Ognuno si prepara da mangiare per sé e anche le forme di cortesia elementari, che prima non erano mai state abbandonate  (tipo la tisana condivisa prima di andare a letto) sono venute meno. Naturalmente Figlio non c'è in questi giorni. Meglio per lui. E chissà, forse anche per noi.
Già Figlio. Tutto è nato da qui. Laura era via domenica per un corso di aggiornamento e io ho fatto una cosa di cui non sono pentito, ma che ha violato un patto che lei aveva fortemente caldeggiato e sul quale io non ho mai nascosto le mie molte riserve. Ho raccontato a Figlio quello che è successo tra me e Laura alla fine di agosto, conseguenze comprese. Lui è rimasto più silenzioso che interdetto. E tuttavia volevo che lui conoscesse un po' meglio la vera ragione della tensione accumalatasi in queste settimane. Nel raccontare ho messo in incidentale il comportamento di Laura che aveva innescato l'escalation, sottolineando che, alla fine, io avevo fatto qualcosa che non avrei mai dovuto fare, assumendomi per intero la responsablità dell'accaduto.
Il problema è che, nonostante un'apparenza di rapporto civile, questa sorta di patto non si è affiancato al tentativo di superare il problema. Laura ha sottolineato l'importanza che il fattaccio non dovesse essere divulgato ad anima viva, ma, allo stesso tempo, non passa giorno in cui implicitamente ed esplicitamente non mi accusi di quanto è successo, di quanto io le abbia rovinato la vita ecc. Il timpano lacerato si è rimarginato, ma lei mi dice che non ha recuperato al 100%. Stiamo provando a sentire un centro specializzato. Il punto è che, in una situazione di stabilità emotiva tanto precaria, non ci vuole niente che questa vicenda esca fuori nel peggiore dei modi, e con peggiori conseguenze, sull'onda di una sua invettiva durante una litigata con Figlio presente. E' già successo in passato per cose di minor conto e ho deciso di prevenirlo.
 Ma poi, a ben guardare, non è nemmeno questo il vero motivo del mio coming out. Magari, difatti, vista la serietà della circostanze, questa volta forse Laura si sarebbe controllata. In realtà la vera questione è un altra. Io avevo la sensazione che, fino a quando questo episodio sarebbe rimasto ammantato da un'esoterica aura di mistero, di peccato originale inconfessabile, non avrebbe mai cessato di alimentare tensioni e incomprensioni. La mia intenzione era quella di restituirgli una sua dimensione reale e gestibile, senza tacerne la gravità, ovviamente, ma senza nemmeno farlo diventare come una sorta di terzo segreto di Fatima da confessare sul letto di morte.
La sua rivelazione, invece, ha causato il corto circuito: "dolendosi dell'avvenuto coinvolgimento di Figlio" mi scrive il nostro. Ma non l'ho mica invitato a prendere le mie parti, Figlio. Al contrario. Ho proprio evidenziato che in questa situazione la responsabilità è mia. Mi sono limitato a chiarire circostanze di quello che è già avvenuto senza che questo comportasse una sua presa di posizione. In poche parole ho detto: è successo questo, la colpa è mia e non smetto di dispiacermene. Punto. Perchè una cosa in definitiva tanto banale e con conseguenze negative solo sulla mia reputazione, non su quella altrui, causa una reazione così esasperata da parte di mia moglie? Il mio sospetto è che si tratti proprio dell'ira della sacerdotessa per la violazione del patto esoterico. Fuori dal suo 'mistero' iniziatico, infatti, questo episodio diventa un fatto increscioso, ma un fatto della vita, uno sbaglio, qualcosa che si può affrontare, accettare, esecrare, ma, in definitiva, anche superare. All'interno del patto esoterico, invece, le colpe non si estinguono. Al contrario aleggiano in perpetuo e qualificano le relazioni mantenendo ben chiaro, e senza possibilità di ribaltamento, chi nel rapporto è vittima e chi carnefice. Chi, in qualità di vittima, mantiene il diritto ad esercitare qualsiasi tipo di prerogativa in virtù della titolarità di una sorta di polizza di risarcimento senza data di scadenza e chi, al contrario, in qualità di carnefice è condannato ad una sorta di espiazione continua per il male causato. Un male che diventa assoluto, totalmente estrapolato dal contesto e dalle dinamiche originarie. In una parola, ed in definitiva, inemendabile.


Cattive notizie

E' passato un altro giorno dal precedente paragrafo. Ieri pomeriggio ho ricevuto una brutta notizia. Un mio caro zio è morto. E' un anno che non torno nella mia sicilia e l'anno scorso ho fatto giusto una toccata e fuga di un paio di giorni. Lui stava male da tempo. Temevo di non poterlo più rivedere e così è successo. I funerali saranno il prossimo sabato e così, vista la situazione idilliaca che si respira in casa, ho preso la decisione di andarci. Costi dei voli inavvicinabili a così poca distanza, quindi mi sono orientato per i 1300 km su autostrada. Ho già prenotato il noleggio, visto che da oltre un anno non ho più la mia gloriosa monovolume. Il prossimo fine settimana sarà on the road. Tra le persone che volevo informare c'è anche la sorella di Laura che conosce mio cugino. Lascio il messaggio su Whatsapp che mantiene la spunta singola. Faccio caso e mi accorgo che non posso vedere nemmeno lo stato. Eppure giusto qualche giorno fa le avevo fatto gli auguri del compleanno e ci eravamo lapidariamente messaggiati anche per altri motivi. Capisco che mi ha bloccato. E non è l'unica cosa che capisco. Fuori dal Cerchio della Fiducia, che pure era stato esteso solo a nostro figlio, la notizia è evidentemente diventata di dominio pubblico presso il resto dei familiari.
Nella necessità di riorganizzare al più presto la mia vita ho preso una serie di decisioni.
a. Prenderò su Amazon il set di trolley il cui acquisto ho rinviato per troppo tempo
b. Comprerò una macchina di seconda mano. Qualcosa di robusto e capiente. Qualcosa che in qualche circostanza, nella peggiore delle ipotesi, mi possa anche ospitare per la notte, tipo uno station wagon svedese con 150-200mila km. Solo una precauzione: non è un mio obiettivo, chiariamo.
c. Passerò fuori casa tutti i prossimi fine settimana di novembre a trovare amici e parenti
d. Fortuna vuole che ho da seguire un progetto con i miei colleghi di Bari. Avrei dovuto farlo da remoto, ma li ho già contattati e sarebbero felice di avermi là per tutto il mese di dicembre. Natale lo passerò in sicilia.
e. Dalla prossima settimana prenderò in esame i termini della separazione. Nel frattempo comincio a pensare ai vari impacchettamenti. Comunque se ne parlerà per il prossimo anno. Ho già visto qualche casa un po' fuori a prezzi abbordabili.


Però. Nel frattempo, Laura, che fino alla scorsa settimana mi ha fatto il terzo grado ogni singola volta che in pausa pranzo andavo in palestra, millantando chissà quali sedute erotiche con avvenenti colleghe o entreneuse, mi aveva fatto una richiesta. Lo ha fatto dopo l'episodio della sberla. Nelle settimane estive le avevo proposto il concerto dei Rolling Stones, l'unico gruppo rock per cui le è rimata un po' di passione. Sorprendentemente mi ha detto che piuttosto preferiva Morricone, non sempre apprezzato dai cultori di musica classica. E così abbiamo ancora i nostri due biglietti prenotati per i primi di dicembre. Non solo, io ho anche aggiunto una prenotazione in albergo con letti rigorosamente separati. E' ancora tutto lì. Contavo di tornare su sfoghiamoci dopo quell'evento. Volevo come al solito raccontare una storia e, visto che non riesco a raccontare storie che non siano la mia stessa vita, aspettavo che accadesse. Ma siccome è vero che la realtà supera la fantasia e stata la storia che mi è venuta a trovare. Ed eccomi tornato.

Gio

07

Set

2017

Sentore d'autunno

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Ira

Sabato 2 settembre - Noci fresche. Le ho trovate stamattina al supermercato a un prezzo accettabile considerando che, di solito, queste primizie se le fanno pagare uno sproposito. Ancora umide di mallo. Sfiziosissime, ne mangerei il triplo se non fosse per la seccatura dello spellamento a unghia dei gherigli. Me le sgranocchio nervosamente a tavola, a pranzo concluso. Laura non le ha neanche assaggiate ed è andata su a riposare. Per lei sono ricominciati i collegi docenti e in questi giorni, tra l'altro, non sta bene, quindi era piuttosto provata. Figlio, appena arrivato, è ripartito stamattina per un altro corso di perfezionamento, quindi a tavola sono da solo a sgranocchiare noci, sorseggiarmi un gutturnio dopo tante settimane (d'estate quasi solo birra, poco vino e mai rosso) in attesa di svuotare lavastoviglie sbarazzare tavola riempire lavastoviglie prepararmi un caffè dotarmi di felpa e fumarmi una pipa in terrazzino tempo permettendo. Più autunno di così.


Ci provo ad essere sereno, ma sono un po' avvilito e un po' incazzato. A dire il vero non sono incazzato solo un poco, ero forse un po' incazzato con Laura negli scorsi giorni, ma ora sono molto, ma molto incazzato con me stesso. E sono avvilito. Piuttosto avvilito. Avevo provato appunto a tirarmi su cucinando una pasta e fagioli e allestendo la tavola con il vino e le noci. Laura, come dicevo, appena rientrata ha mangiato svogliatamente un po' di pasta, non ha voluto vino, s'è presa un po' di prosciutto dal frigo ed è andata a letto. Ma, come dicevo, Laura non sta molto bene in questi giorni, mentre io, se non l'avessi detto, sono avvilito e incazzato. Con me stesso.

 

Settimana di vacanza

Era una settimana di vacanza questa. L'avevo preventivata proprio in vista del fatto che Laura avrebbe preso servizio a inizio mese. Avevamo stabilito di non fare grandi cose. Un po' di faccende di casa, un po' di tempo per noi e solo un paio di giorni al mare visto che le nostre vacanze ce le siamo fatte e sono costate pure un botto. Una settimana cominciata sotto i migliori auspici. Ci pensavo giusto qualche pomeriggio fa, nella sala d'attesa del pronto soccorso, mentre Laura era dentro a farsi visitare per un codice verde. Lo scorso fine settimana era ancora estate, estate piena. A questo pensavo. E noi, da soli a casa, avevamo ripreso a fare l'amore anche un po' rumorosamente. La sera, fuori per l'aperitivo, lei sfoggiava abbronzatura, sorriso radiante e umore delizioso. Agitava le spalle con la musica (lo fa di rado, la mia pianista classica), arrivando a sussurrarmi di aver quasi voglia di ballare assieme tra i tavoli.


Lunedì mattina partenza per le Cinque Terre. Albergo carino in centro paese, ci attrezziamo per farci il primo tratto di camminata del celebre sentiero che unisce i cinque borghi sul mare, su e giù per i costoni di roccia. Non proprio una passeggiatina amena, sotto il sole a picco. All'arrivo, nel primo pomeriggio, ci concediamo un meritato bagno a mare, un pezzo di focaccia col pesto e ce ne torniamo in treno all'albergo. Ci facciamo la doccia e restiamo a poltrire in accappatoio sul copriletto. Lei manifesta anche un proposito vagamente birichino ma è un po' in conflitto con la preparazione per la serata che è già in fase avanzata con capelli lavati e crema viso. Dopo qualche tentativo comico (i capelli!! fa gli occhiacci e ride) decidiamo di rimandare alla sera e ce ne andiamo in giro a bighellonare tra negozietti, anticipi di aperitivi, selfie sul molo, progetti per l'autunno, progetti per il futuro di Figlio, pettegolezzi su amici e passanti. E passa il tempo, passa talmente che tutti i ristoranti interessanti sono stracolmi di turisti. Si sa che i migliori sono in posizione sfigata, ma non vorremmo rinunciare alla vista mare, così troviamo un buon compromesso con un ristorante vicino al molo: sembra molto turistico ma il profumo non è male e si è appena liberato un tavolino all'esterno in posizione interessantissima. E' nostro. Servizio non speditissimo ma abbastanza compatibile con la quantità di gente. E poi non abbiamo fretta. Optiamo per il mezzo litro di bianco della casa. Di solito va più che bene. Non questa volta, E' un intruglio slavato dal gusto indefinibile. Chiediamo il cambio e prendiamo una bottiglia. Verso generosamente ad entrambi, lei protesta debolmente, ma poi lo beve tutto a stomaco vuoto. Non sempre le fa un buon effetto, dipende da come gira la conversazione. E la conversazione, per motivi insondabili, non stava prendendo una buona piega.

 

Cenetta

Non male gli spaghetti allo scoglio. Porzione per due. Molte cozze, che qui chiamano muscoli. Laura però non le mangia più da quando, alcuni anni fa, ne ha beccata una marcia che le ha provocato una tremenda indigestione. Quindi siccome tocca a me sbrigare la pratica mi do da fare, visto che sono anche piuttosto affamato. Lei mi guarda con un'espressione quasi schifata e sibila un commento che mi lascia basito. Mangi come fai sesso. Un po' le chiedo spiegazioni con gli occhi, un po' cerco di riportare la conversazione su tematiche più compatibili con un ristorante affollato. 


Suona il cellulare. E' il mio. Mia madre. Cazzo, non la sento da giorni e l'ultima volta l'ho pure liquidata sbrigativamente senza poi richiamarla. Avevo provato a chiamarla io nel pomeriggio. Non ha risposto e mi richiama, come al solito, al momento meno indicato. Devo rispondere. Le dico subito che sono a cena con Laura e che poi ci saremmo sentiti con calma. E tuttavia mi sento un po' in colpa a riattaccare così dopo l'ultima volta. Come va? Le chiedo con un tono sbrigativo, sottintendendo che non si andasse troppo oltre i convenevoli. Inutile. Attacca con un diluvio di lamentazioni a getto continuo che non riesco ad arginare in alcun modo. Se provo a interromperla non mi sente nemmeno e non posso alzare la voce. Imploro con gli occhi la comprensione di Laura che è pochissimo indulgente quando si tratta di mia madre. Non si parlano da anni. E' visibilmente contrariata. Comincia ad agitarsi. Parla a mezza voce con me, ma senza rivolgersi a me. Alza leggermente il tono. Minaccia di andarsene se non riattacco subito. Se ne va. Io finalmente riesco a trovare un varco nel profluvio di parole prive di un contesto intellegibile e, finalmente, riesco a chiudere la telefonata. Non mi muovo. Tanto le chiavi della stanza ce le ho io. Non per molto. Dopo qualche minuto Laura torna indietro, doppiamente incazzata per essere stata costretta a farlo. Reclama le chiavi senza neanche sedersi. Gliele do con ostentata nonchalance e resto seduto al mio posto. Dopo un po' arriva una sua telefonata. Riattacco. Faccio lo stesso anche ai successivi tentativi. 


La ragazza che ci aveva servito arriva cinguettante per proporre il menu dei dolci e dei liquori e capisce subito l'antifona. La signora torna? Non credo. Va via un po' delusa. Le stavamo simpatici. Di solito siamo particolarmente cordiali, soprattutto quando, a servire ai tavoli, troviamo ragazzi che si pagano gli studi. Quando siamo in buona naturalmente, e non era più aria. Pian piano il numero dei clienti si assottiglia. Pago il conto ma resto al tavolo a finire la bottiglia di bianco. Faccio segno alla ragazza che può sbarazzare. Alla fine resto l'unico ciente sul tavolino di plastica che sta fuori dal plateatico sul ciglio della strada. 


Il locale chiude e la ragazza mi saluta cercando di celare un filo di sconcerto. Laura prova a chiamarmi ancora e poi mi manda un messaggio dicendosi preoccupata. Le rispondo subito dicendo che sono lì esattamente dove mi ha lasciato. Mi augura la buona notte. E' un braccio di ferro sterile che mi vede perdente. Sono fuori dal B&B e non ho le chiavi del portone, quindi mi deve aprire lei e il telefono si sta scaricando. Le comunico assertivo che sto tornando, quindi di aprirmi. E' l'una e mezza passata quando rientro e mi infilo nel letto senza dire una parola. Alle 2 mi addormento. Alle 4 mi sveglio, stanco morto ma con una rabbia sorda che mi impedisce di dormire. Mi alzo, mi vesto con gli stessi indumenti rintracciati a tentoni ed esco. Non c'è una vera e propria hall. Mi metto sul terrazzo col computer, Non funziona nemmeno il trucco del lavoro. Di solito per prendere sonno elaboro cervellotiche procedure che mi sfiniscono. Non questa volta. Troppa adrenalina. Le sei. La strada chiusa al traffico di giorno è attraversata di continuo dai furgoni dei fornitori e dai camioncini della nettezza. Comincia a fare giorno e decido di andare sul lungomare a passeggiare. Ripercorro le stesse strade deserte attraversate la sera prima passeggiando mano nella mano. Verso le 8 mi manda un messaggio chiedendomi di tornare in stanza. 

 

Precipitoso rientro

L'idea originaria era quella di passare l'intera giornata a mare e rientrare con calma nel tardo pomeriggio. Tutto saltato. Si torna a casa immediatamente: ognuno di noi ha minacciato l'altro e ci si è quindi trovati sorprendentemente d'accordo. Mentre vado a prendermi un cappuccino e scegliere una brioche da tutta la generosa colazione del buffet, lei decide di preparare già i pochi bagagli invece di raggiungermi. Pago il conto al titolare che in modo circospetto mi chiede se la signora farà colazione anche lei. Il tono della nostra prima discussione mattutina deve essere giunto alle sue orecchie. Gli rispondo che credo di sì. In realtà usciremo dalla stanza solo per dirigerci, con i bagagli, direttamente al parcheggio. Non dopo esserci urlati nuovamente i nostri rispettivi disappunti. La nostra rabbia è tanta. L'inconfessata consapevolezza di essere in fondo due imbecilli, capaci di rovinare tutti i momenti più belli con le proprie mani, peggiora le cose. 


Lei è fuori dalla grazia di Dio. Ammette di avere esagerato il giorno precedente ma mi incolpa di non aver voluto arginare l'escalation negandomi al telefono, e poi chiama in causa tutta una serie di mie mancanze, sia storiche, sia recenti. Tralasciando le prime mi accusa di aver concesso che la telefonata con mia madre durasse più del dovuto durante una cena a due e, poi, di averle versato da bere troppo e di averlo fatto nonostante le sue rimostranze, ma cosa pensavo di fare, farla ubriacare per disinibirla? Ma che stai dicendo Laura. Sì, perché c'è questo tuo modo di porti così fisico così... da porco. Non ci sto e le chiedo se non sia impazzita. Non sto contribuendo a calmare le acque e questo ha su di lei il solito effetto. Urla, si avvicina, agita le mani. Usa le mani. Un colpo in testa. Siamo alle solite ma io sono esasperato. Le prendo le braccia, gliele metto dietro la schiena e la avviso, a brutto muso, di mettere in atto quello che da tempo minaccio di fare. Laura io un giorno ti darò un ceffone, uno solo, ma te lo ricorderai per un bel pezzo. Devi tenere le mani a posto. Raccattiamo le ultime cose e ce ne andiamo. Partiamo di buon mattino per andare a casa, dove avremmo passato l'intera giornata che avevamo deciso di trascorrere a mare.

 

Parlando di sesso

Il tecnico di laboratorio ha detto che c'è perdita ma che devo aspettare la dottoressa. Me lo comunica via WhatsApp Laura. La mattina successiva è voluta andare da sola all'appuntamento con la specialista, fissato al pronto soccorso il giorno prima. Accolgo la notizia con apparente calma, chiedo qualche spiegazione in più e poi, con la stessa calma, mi dirigo in cucina e assesto un pugno al lampadario di alluminio spaccando la lampadina. Ma torniamo al giorno in cui abbiamo lasciato l'albergo.


Dopo queste sfuriate la nostra modalità di sblocco è sempre la stessa. Io me ne sto chiuso a riccio senza spiccicare parola ad aspettare che il suo nervoso sbollisca ottenendo l'effetto esattamente opposto, fino a quando non si arriva ad un nuova litigata che si esaurisce per sfinimento e porta entrambi a più miti consigli. Stavolta mi accorgo un po' per tempo e prendo io l'argomento già in macchina, approfittando anche del fatto che sta guidando lei (le mie due ore di sonno non favoriscono alternative). I toni si distendono un po', anche se siamo molto distanti da una riappacificazione. Le frasi smozzicate, le frecciatine velenose rendono evidente che c'è dell'altro e che la sostanza è proprio tutta nel taciuto. Continuiamo a parlare per tutta la giornata. Parliamo di aspettative tradite. Di fraintendimenti. Di taciti accomodamenti e celate insoddisfazioni. Di tutto quello che in questi anni non ci siamo mai veramente detti, che non abbiamo mai veramente approfondito. I ricordi restituiscono un vissuto distorto e piegato alle proprie aspettative deluse. Non esiste una verità dei fatti. Esistono desideri inespressi e non capiti. Incomunicabilità. Superficialità e incapacità di calarsi nei pensieri dell'altro. Ma non è assurdo che proprio adesso, quando il sentore d'autunno della nostra esistenza comincia appena ad essere avvertito, non si riesca ad apprezzare la meraviglia di un tempo d'estate che ancora, nonostante tutto, è vivo e presente, talvolta anche con un tepore più avvolgente e piacevole rispetto al vigore dei nostri trent'anni?

 

E così discutiamo. Torniamo sugli episodi recenti e remoti facendo balenare all'altro una versione dei fatti inedita quando si riesce a fare capolino tra i vari fammi finire, parli sempre tu, ma se non sai cosa voglio dire ecc. ecc. Parliamo soprattutto di sesso. 


Perché ti sei fermato l'altro giorno. Sai che non mi piace quando mi prendi da dietro. Sai che detesto quando mi baci dietro e mi infili la lingua nel culo! A volte esageri anche quando lo fai davanti. Mi hai fatto venire, bravo ci sei riuscito, e allora perché non hai finito? No, dovevi prendermi anche davanti, dovevi vedermi in faccia, ma cosa pretendevi, di baciarmi dopo che mi hai baciato il culo tutto il tempo? 


Come cambiano i punti di vista. Le stavo facendo un massaggio sulla schiena. Avevo virato su questa modalità hot e lei sembrava gradire molto. Ogni tanto si ritraeva e poi si riapriva. Il coito da dietro è sembrato il naturale esito. Più volte, in passato, mi aveva detto che in questo modo non godeva, se non con un aiuto davanti. Ho pensato che ero io a sbagliare indugiando troppo su un movimento lineare. Così avevo privilegiato quello rotatorio con un effetto che sembrava aver decisamente apprezzato. Così, dopo il suo orgasmo, avevo deciso di cambiare posizione e sceglierne una più gradita a lei che, però, avendo un tipo di orgasmo molto 'mascolino', visibilmente non aveva più voglia. Quindi non ho avuto più voglia nemmeno io. Le dico che non avevo minimamente capito che la cosa le avesse dato fastidio. Ho provato a dirtelo, ma tu insisti, cosa avrei dovuto fare? Un po' vedo che fa piacere a te, un po' probabilmente mi piace anche in quel momento, ma in un modo animalesco, che poi mi fa sentire a disagio. Forse non sono io la donna per te. Guarda, forse dovresti trovarti qualcuna con cui fare sesso, te lo dico davvero, capisco che non riesco a soddisfarti. See, come no Laura.

 

E comunque a me piace quando veniamo insieme, mi dice. Il giorno prima eravamo stati benissimo, come non stavamo da tempo. Per quale motivo hai avuto necessità di prenderti la pillolina il giorno dopo. Eh, forse proprio perché il giorno prima ho avuto la sensazione di esserci arrivato per il rotto della cuffia. Laura, le cose per me sono cambiate in questi ultimi mesi. E' avvenuto tutto al di fuori del mio controllo e della mia volontà. Non posso ribadirle troppo che adesso l'unica cosa che davvero mi provoca un'erezione è l'odore del suo collo e la tenerezza del suo abbraccio. Certo che le farebbe piacere, ma quell'adesso, implica che fino a pochissimo tempo fa le cose non erano proprio così. Che un sedere tornito in palestra, che fa gli esercizi esattamente davanti ai miei occhi, prima mi provocava qualche accenno di tumefazione, mentre adesso posso tutt'al più ammirarlo con il distacco estetico di un pittore. Che il mio personale sentore d'autunno sta imboccando un percorso tortuoso, a metà tra l'erotomania dannunziana e una remota pace dei sensi che ha un che di malinconico ma anche di profondamente placido. 


Non mi masturbo più. Questo glielo dico. Prima lo facevo regolarmente durante i lunghi periodi in cui non avevamo rapporti. Ma anche quando li avevamo. Il giorno dopo. Una sorta di celebrazione. Lo dico come la cosa più naturale di questo mondo e non mi avvedo di aver squarciato il velo di Maya su uno dei taciti segreti che più frequentemente caratterizzano il menage di una coppia sposata da anni. Ma i segreti di Pulcinella non andrebbero mai svelati. Cioè tu in tutti questi anni hai continuato a masturbarti. Preferivi fare questo invece che stare insieme, invece che cercare di riavvicinarci. Non è così. Provo a spiegarglielo. Da soli è una cosa diversa, più intima e più banale, meccanica: non soppianta in alcun modo lo stare assieme. Non lo capisce. Sembra completamente fuori dal suo orizzonte comportamentale.

Io non so più chi sei, mi dice. Ogni volta esce fuori qualche sorpresa. Ma tu ti ricordi quando i primi tempi io volevo stare assieme e tu mi dicevi che non è detto che si deve fare ogni sera. Quando ti ho detto una cosa del genere? Una sola volta, che poi è basatata a non farmi più riprovare. Non me ne rammento minimamente. Però ci può stare. In tutti questi anni sono tante le cose che sono successe. Le sensazioni provate. Le tensioni per i figli e il lavoro. E' capitato sì che non avessi voglia io.


E quindi adesso si spiega tutto. Lo dice rompendo un momento di silenzio. Prima ti sfogavi da solo e adesso scarichi tutte le tue voglie su di me. Prima ti guardavi i porno e adesso vorresti farli con me. Ma cosa dici, stai isolando spezzoni di discussione, elementi isolati e li stai rimontando in una sorta di realtà parallela. Questo è quello che mi arriva Coleridge. Come al solito hai rovinato tutto. Come al solito, quando inizio a fidarmi salta fuori qualcosa che mi trascina giù di nuovo.

 

L'hai detto e l'hai fatto

E allora? La porta di casa s'è appena richiusa e la raggiungo in sala. Cosa ti ha detto? Ha confermato quello che ha detto il tecnico di laboratorio. Cioè? Abbassamento abbastanza evidente della percezione sulla regione grave, infatti mi dànno fastidio i rumori di sottofondo come il motore della macchina. Tutto mi rimbomba in testa e domani iniziano i consigli. Guarigione? Ci vorrà un mese e mezzo: nel 90% dei casi si rimette tutto a posto da solo, altrimenti bisogna intervenire chirurgicamente. Naturalmente l'orecchio deve stare completamente all'asciutto, quindi attenzione in doccia e niente più bagni in piscina. E poi continuare con le gocce che mi ha prescritto ieri al pronto soccorso. Ho un controllo tra una decina di giorni, e poi un altro paio.


Laura insegna musica. Sta tutto il giorno tra classi di ragazzini e consigli. Quest'anno inizierà finalmente dei corsi per direzione d'orchestra per intraprendere i quali da anni le sto facendo una testa così. Questa situazione è una iattura, e speriamo che non si trasformi in una tragedia.

 

Il giorno dopo il nostro rientro e dopo le eterne discussioni che hanno preso il posto di quella che doveva essere una giornata di vacanza, gli animi sembrano un po' rasserenati. La buona dormita sicuramente ha aiutato. Intraprendiamo attività di manutenzione casa. Deve passare il tipo a rimontare le zanzariere, io ho un po' di faccende in banca e posta, dobbiamo sistemare lo sgabuzzino con un armadio da smontare e portare in discarica. All'ora di pranzo decidiamo di fare una pausa e andare in piscina. Le parte l'embolo esattamente mentre stiamo raggiungendo la piscina in macchina, facendo un giro più lungo per un strada bloccata. Non ci posso pensare a quello che mi hai detto ieri. Ma chi sei? Ti rendi conto che non so più chi sei? Non so chi ho avuto accanto in tutti questi anni? Ma dovevi proprio dirmele quelle cose, non potevi tenerle per te? Sbraita. Urla. Non si dà pace. E quando arriviamo al parcheggio di nuovo diventa manesca. Mi faccio una nuotata per rinfrescarmi le idee e togliere occasioni in pubblico, mentre lei prende il sole. Torniamo a casa dove avevamo lasciato i lavori a metà. Devo smontare l'armadio che lei ha svuotato la mattina. Ma la situazione non è rientrata. La discussione riprende più virulenta di prima e lei è già entrata in modalità Super Sayian. Strabuzza gli occhi, urla, mi sputa addosso. Faccio quello che mi è già capitato di fare in situazioni del genere, ossia mi chiudo in bagno per far abbassare la temperatura. Lei va fuori di testa. Mi da' del vigliacco, pesca a piene mani da tutto il repertorio di insulti a cui è in grado di accedere. Io aspetto che si calmino le acque ed esco. Le acque non si erano affatto calmate. Si torna di nuovo alle mani. E allora cambio approccio. Mi avvicino a lei e le tengo le braccia. Poi tiro indietro la mano destra con un gesto inequivocabile e una minaccia che esprimo con gli occhi in un attimo sospeso in cui mi chiedo se darle seguito o al contrario, come al solito, farla sfumare. Opportunamente.

 

Ma quanto ci mette? Ho già sfogliato tre o quattro riviste. Ogni tanto passeggio in su e in giù. Un'umanità varia sta lì, in bilico tra 

l'annoiato e l'impaziente. Qualcuno è stato fatto accomodare sulla sedia a rotelle, qualcun altro fa la spola con il distributore di bibite. Che vergogna. Dal vetro, poco dopo essere arrivati, vedevo lei che raccontava all'infermiere di una dinamica totalmente inventata. Fatti venire in mente qualcosa da dire, mi diceva mentre la portavo al pronto soccorso. Fino a pochi minuti prima mi stava urlando che mi avrebbe denunciato. Io sconvolto le ho replicato che mi sarei autodenunciato io, ma di andare perché qualcosa era successo. La sua reazione alla sberla che non ricordo neanche quando avevo deciso di darle, era anomala. Ricordo solo che in un attimo di lucidità avevo solo cercato di far caso a non colpirle l'orecchio. Evidentemente non c'ero riuscito. La sua rezione sorpresa e incredula era anomala, urlava, diceva che avvertiva un soffio continuo, le davano fastidio tutti i rumori.

 

Finalmente esce. Allora? Ha detto che deve vedermi domattina e che fino ad allora non si sbilancia. Devo prendere queste gocce. Ma come stai? Cosa ti ha detto? Mi guarda. Hai sempre detto che la volta che mi avresti dato una sberla me lo sarei ricordato. Sei stato di parola. Mi hai sfondato il timpano.

 

giovedì 7 settmbre: tra qualche giorno la prima visita di controllo. La situazione sembra molto migliorata. La mia vaga sensazione di essere una merda d'uomo, oltre tutte le possibili giustificazioni, mi accompagna a distanza ma non mi abbandona


Mar

25

Lug

2017

Islands

Sfogo di Avatar di ColeridgeColeridge | Categoria: Altro

Qualche anno fa mi è capitato di leggere un articolo di costume, una di quelle inchieste a sfondo sociologico e (poco) scientifico supporto statistico sulle vacanze degli italiani: si diceva che il momento delle vacanze spesso diventa l'ultima goccia, quella che fa traboccare il vaso di separazioni a lungo incubate.

Quale che fosse la veridicità di questa affermazione e l'attendibilità dell'inchiesta è certo che il momento delle vacanze, per una coppia in crisi, diventa spesso il momento della verità. La routine quotidiana, difatti, porta spesso ogni coppia a vivere vite parallele in cui però, paradossalmente, proprio la quotidiana lontanza fa da collante di quei pochi momenti condivisi quali il divano serale o le brevi ruvide comunicazioni telefoniche. 

L'improvviso condividere tanto tempo libero, invece, ha spesso un effetto deflagrante su questa precaria stabilità perché si è costretti a fare i conti con i nostri partner. E a fare i conti con noi stessi, con le nostre aspettative, con quello che si pensava di poter diventare insieme, con la persona che si pensava di essere e quella che in realtà siamo diventati, con la persona che pensavamo di avere incontrato e quella che ci ritroviamo.

E le sorprese saltano fuori. Spesso, effettivamente, ci si rende conto di appartenere ormai ad universi separati, oppure di essere ancora legati ad aspettative che, oramai, non sono più in grado di celare la loro illusorietà. 

Ma può capitare di ritrovarsi, forse in un attimo fuggente, per una sorta di celebrazione dei nostri sogni passati, per un omaggio alla malinconia. Forse per l'ostinato credere di poter condividere l'intensità di un momento presente e, quindi, anche di un futuro ancora insieme. Oppure ancora, perché si scopre che illusoria è la vita quotidiana, e la vera essenza del rapporto è una unione intima e inesorabile.  

Diversamente da quello che faccio di solito vorrei che questo fosse una sorta di diario condiviso. Mi piacerebbe inaugurare una sorta di sfogo collettivo in cui ognuno di noi racconti le proprie vacanze con il partner, misurandone la definitiva distanza o l'improvvisa soprendente vicinanza. Riflessioni. Episodi. Racconti di un momento intimo felice. Di una lite lacerante. Insomma qualsiasi cosa. 

Mi piacerebbe che ognuno di noi si alternasse nelle veci di scrittore e lettore; attore sulla scena e pubblico; paziente e terapeuta. Naturalmente l'invito vale anche per gli anonimi o per chi preferisce mantenersi tale.

Volevo chiamare questi sfogo Isole, perché in questo momento io mi trovo in vacanza su un isola, ma anche perché isole siamo tutti noi, nelle nostre solitudini, nel nostro arrancare, alla ricerca del titolare di un destino da condividere e a cui abbandonarsi legando il proprio. 

Poi mi è venuto in mente il termine in inglese perché mi girava in testa il titolo di questo brano degli Steps Ahead, storico gruppo di Michael Brecker, probabilmente il più grande sassofonista dell'ultimo ventennio del Novecento. 

Vi agevolo il link come ispirazione https://www.youtube.com/watch?v=Wh1aSZF23mo 

Ah, e buone vacanze

 

Tags: crisi
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