Coleridge
Mar
04
Lug
2017
L'omeòstato di Ashby
Quando ero al liceo il l'informatica era qualcosa ancora di misterioso. Era più frequente che si parlasse di cibernetica, anche se questo termine era, per certi versi, ancora più esoterico.
E' strana la cibernetica per noi oggi che conosciamo solo il personal computer e i suoi discendenti (notebook, smartphone, tablet). Tutte le altre strumentazioni sono finite nei musei. Prima ne esistevano altre diversissime per costruzione e finalità. Una di queste era stata inventata da un neurologo, tale Ashby, che l'aveva battezzata con il nome di omeòstato. Era costituita da elementi in collegamento tramite circuiti elettrici e tendeva a dimostrare una cosa abbastanza semplice: la rottura dell'equilibrio in un sistema costitutito da elementi interdipendenti viene ristabilita dall'azione degli altri elementi. La cosa interessante è che gli altri elementi non hanno la minima idea di come fare a ristabilire questo equilibrio: si limitano a produrre delle variazioni, come dire, 'ad minchiam', ci mettono del tempo, ma alla fine l'equilibrio viene ristabilito anche se raramente identico alla situazione di partenza. In questo modo questo apparecchio dimostrava per analogia la capacità di autoregolazione dei sistemi viventi.
Watzlawick, uno studioso della comunicazione che io definirei un genio, trasferì questa osservazione ai contesti relazionali umani corredandola con alcune avvertenze. La più importante di queste è quella di non confondere la stabilità di un sistema di relazioni con la sua virtuosità. Al contrario, è molto più frequente trovare dei contesti asimmetrici, disfunzionali che, però, sono perfettamente stabili. E non solo sono stabili: sono proprio resistenti a qualsiasi tipo di cambiamento.
Questo, a mio modo di vedere, è banalmente il motivo per cui tutti noi qui ci arrabbattiamo, sentendoci imprigionati in situazioni in cui ci sentiamo penalizzati senza avere la minima idea di come fare a cambiarle. Ma allo stesso tempo siamo restii a mandare tutto all'aria, soprattuto quando in una storia abbiamo investito tempo, energie, anche denaro, ma soprattutto aspettative. Se poi le aspettative si sono concretizzate in figli ecco che la volontà viene definitivamente annichilita e ci pieghiamo a qualsiasi compromesso.
Se c'è un luogo in cui posso forse evitare di narrare le vicende del mio matrimonio durante quest'anno è proprio sfoghiamoci. Chi ha avuto occasione di leggere i miei precedenti sfoghi ha praticamente seguito il loro svolgersi in tempo reale. E' possibile addirittura che qualche lettore attento ne sappia più di me stesso. Sono andato via di casa dopo regolare defenestrazione. Sono andato a vivere da solo e dopo un paio di mesi abbiamo deciso con mia moglie di riprovare con nuovo slancio. Gli inizi sono stati molto incoraggianti. Non perché non si litigasse più, ma perché i contrasti venivano superati, magari non immediatamente, ma in modo convinto: ogni volta con reciproca intenzione di lasciarsi le polemiche alle spalle. Mi sembrava il sintomo più incoraggiante di tutti. Ogni problema superato è un cambiamento apportato al sistema e una vittoria sulla sua tendenza a resistere. Al contrario le dinamiche di interazioni sterili sono il sintomo che il sistema, nella persona di uno dei componenti o di entrambi, sta resistendo. Le discussioni inutili ed eterne, le continue recriminazioni sui torti subiti, il liquidare il partner con giudizi sommari su difetti, incapacità, tare ereditarie sono tutti esempi tipici di interazioni in cui il sitema resiste a qualsiasi tipo di cambiamento e mantiene tutte le sue disfunzionalità ed asimmetrie che regalano l'illusione di mantenere una posizione di vantaggio che un cambiamento, anche positivo, potrebbe pericolosamente minacciare.
Il sesso, ad esempio, è il più ghiotto di questi aspetti. Quando uno dei due lo nega o lo reclama, di fatto si sta già scontando una sclerotizzazione delle relazioni in un'asimmetria di comportamenti che, da una parte minano alle radici la serenità del rapporto, dall'altra garantiscono ad uno dei componenti una illusoria sensazione di maggiore stabilità: tutti tendiamo ad essere un po' più uguali degli altri perché la totale parità è troppo precaria.
E così, mentre nella mia storia sembrava che tutto andasse per il meglio, tutti gli elementi disfunzinali che non trovavano una precisa collocazione, piano piano, silenziosamente, hanno ripreso tutti il loro posto.
Tornati ad una vita di coppia con buona frequenza di rapporti, improvvisamente un paio di discussioni tirano di nuovo in ballo l'argomento sesso: pessimo segno, quando il sesso viene tirato in ballo così di solito è l'ultimo dei problemi. Imporvvisamente Laura torna a non sentirsi a suo agio, io evito qualsiasi tipo di insistenza e si torna alla normale situazione di astinenza.
Problema soldi, non è tanto il problema in sé, quanto il problema di chi abbia il diritto di decidere su cosa fare e su che voce in capitolo si ritiene di avere. Improvvisamente salta fuori che la decisione di tornare assieme era subordinata al rispetto di alcune precondizioni di cui Laura chiede conto. Le faccio notare che probabilmente c'è stato un equivoco: non ci sono nè precondizioni né risarcimenti da pretendere. Il sistema resiste. La gara è nuovamente quella di essere un po' più uguali di te in virtù di pregressi torti. Le palline, dicevo, sono tornate tutte al loro posto. Le mie invece non ci sono più al loro posto. Adesso comincio ad averne abbastanza.
Mer
24
Mag
2017
Un quartetto d'archi a cena
Arrivo
'Hola Coleridge'. Mi saluta Miguel, con ancora sulle spalle l'ingombrante custodia. In un attimo la sala si riempie di valigie e strumenti. Ci è venuto a trovare il nostro quartetto d'archi preferito. Sono amici di Figlio e, se si esclude Julio, il violinista genialoide e lucidoschizzato, gli altri hanno tutti un paio di anni più di lui, intendo Miguel e le altre due ragazze. Se non si fosse capito sono spagnoli e, con Figlio, si sono conosciuti alcuni anni fa a un corso di perfezionamento. Càpitano spesso da queste parti per corsi, concorsi e concerti e ogni tanto ci fanno questa deliziosa carognata di chiederci, tutti insieme, ospitalità per la notte: una tradizione inugurata un paio di anni fa quando avevano suonato per l'associazione di Laura.
Pensavamo di riceverli per cena, ma si sono presentati già il primo pomeriggio per il caffè, e così abbiamo dato loro anche la possibilità di farsi una generosa siesta. Per sdebitarsi, comunque, si sono presentati con una pregevole bottiglia di Rioja del 2009.
Preparazione
E' deciso che stasera ai fornelli mi cimenterò io che, in questo campo (ma in fondo anche in altri, diciamolo) non mi discosto dalla media dei maschi italiani: cucino soprattutto per piacere, avendo il privilegio di non doverlo fare quasi mai per necessità. Ho poche specialità: tutti primi piatti e un po' di griglia. Sono un disastro con l'uso del forno con il quale, diversamente dalla padella-wok, per dire, non ho alcun tipo di empatia.
Siamo un po' troppo numerosi per uno spaghetti alle vongole o allo scoglio, così mi oriento per la mia pasta alla nduja, la ricetta preferita di Figlio che, di solito, se ne scofana tre piatti. Ci eravamo visti in settimana con i ragazzi e gliene avevo parlato. Fortuna ha voluto che il mio personale pusher calabrese - uno di quei fruttivendoli che si piazza col furgone sulle piazzole di sosta, per intenderci - si era finalmente ricordato di portarmene un po'. Riesco anche ad organizzare un secondo di melanzane alla griglia in salmoriglio. Verso l'ora di cena il quartetto esce con Figlio per andarsi a fare un aperitivo. Laura rientra e quasi non la sento: si mette di fronte al televisore, un evento più unico che raro. Di solito, dopo aver varcato la soglia di casa, si mette in modalità multitasking e si cimenta in tre o quattro attività parallele tra cucina, lavanderia, telefono e computer. Ma oggi è molto amareggiata e molto incazzata. Con me.
Stappo il vino per farlo arieggiare un po'. Tornano i ragazzi e chiamo Figlio per dirgli di apparecchiare e di chiedere a mamma per i piatti. Ma dov'è? Ah non è in sala? Si è dileguata. Sopperisco io per le direttive e dopo un po' Laura si materializza in cucina con una faccia storta più che eloquente. I ragazzi sembrano apprezzare il profumo del sugo, si comincia a diffondere quella tipica allegria che prelude al momento di sedersi a tavola. Non apparecchiate per me, non ho fame. Ecco come rovinarla quell'allegria. Qualche debole insistenza un po' imbrazzata da parte dei ragazzi. Qualcuna da parte mia, con corredo di occhiacci per richiamarla a un dovere di ospitalità. No davvero non mi sento, e poi lo sai che non mangio quella pasta, mi fa schifo anche l'odore. Ne avevo preparata apposta una versione light in una padella separata. Niente. Del resto su questa pietanza, così come gli hamburger grigliati nel camino, o la mia pausa pipa sul balcone si gioca una guerra di potere che logorerebbe von Clausewitz in persona. Va bene, entro un attimo in sala dopo aver lasciato la pasta a mantecare nel sugo. No per favore, i bicchieri rossi dell'Ikea no con questo vino. Prendo i calici. Ma dai non prendere i bicchieri di cristallo. Li lavo io. Sì come no, vediamo quanti giorni resteranno in cucina. Siamo al battibecco ostentato. Ma il fatto è che Laura è molto amareggiata e anche molto incazzata. E quando lei è molto incazzata, soprattutto con me, non ha alcuna intenzione di dissimulare. O, se dissimula, lo fa in un modo che si capisca che, comunque, è molto molto incazzata.
Cena
Ci mettiamo a tavola mentre Laura, comunque, si accomoda sul divano accanto al tavolo e, bontà sua, prende almeno un calice di vino. La nduja del mio pusher si rivela immediatamente di altissima qualità ma di una potenza micidiale: mai vista una roba del genere. Mi era venuto il dubbio quando, mettendo le solite quantità, avevo notato un sospetto sughetto denso, dello stesso colore del Rioja del quartetto.
Una delle ragazze per poco non ha un mancamento. Per fortuna ci sono le melanzane. Laura si rianima e provvede ad allestire un'alternativa con un sottile (ma non ostentato) compiacimento, per dover essere intervenuta lei in soccorso. Per chi ce la fa, piccante a parte, la ricetta non è mai venuta così bene: gustosa e cremosa al punto giusto. E' una specie di piacevole supplizio: il boccone arriva subito pieno e gustoso, ma poi, a tradimento, un fuoco ti pervade fino alla base del cervello. Al traguardo arriveranno solo Miguel, Figlio e, naturalmente, il sottoscritto. Tutti azzardiamo un bis. Gli altri commensali, a parte la violinista che ha alzato subito bandiera bianca, vanno avanti fin dove possono, alternando i bocconi con acqua vino e pane. In ogni caso la circostanza un po' comica e il vino contribuiscono a stemperare il sottile imbarazzo che si era creato. Laura ci raggiunge a tavola, si parla di musica. Alla fine, mi viene un'illuminazione per sciogliere definitivamente la tensione. Molto buono il vino, però non basta, dico rivolgendomi a Miguel. I ragazzi mi guardano un po' interdetti, sentendosi improvvisamente in debito per l'ospitalità. Gli racconto la storia di quel musicista, credo fosse Horowitz, che voleva comprare un quadro che non poteva permettersi e alla fine lo paga con un concerto in esclusiva a casa dell'antiquario. Quindi adesso ci fate un concerto. Una risata compiaciuta accoglie la proposta.
Dopocena
Continuiamo a conversare, e io sbarazzo un po' di roba dalla tavola finché Miguel se ne esce: Adesso me rollo questa paglia e me la fumo nel terassino, e poi estoy pronto per il conserto. No, ma dicevate sul serio? Non si può suonare a quest'ora. Ma come? siamo in quattro appartamenti, alle 10 e mezzo di sabato, la famiglia di sotto con tre bambini ci ha storicamente e sistematicamente sbriciolato i cabbasisi fino a oltre mezzanotte ogni sabato estivo, roba che non si riesce a sentire nemmeno la televisione, poi una coppia di amici e i dirimpettai malmostosi che per un quarto d'ora s'attaccano dai. Niente da fare. Avendo sempre a che fare con il rispetto degli orari e con due musicisti in casa (tra cui sé stessa) Laura è molto ligia. Vai a capire se si tratta di questo o del fatto che lei è molto molto incazzata con me. Le mie riserve comunque le tengo per me e mi limito ad esprimerle con un perplesso bah ed un'alzata di sopracciglia mentre finisco di sparecchiare. Peccato. I ragazzi e Figlio restano a parlottare nel terrazzino, Laura dà la buonanotte e va a letto. Io finisco di mettere la roba in lavastoviglie e di lavare e asciugare i bicchieri di cristallo uno a uno, giusto per dimostrare che, quando voglio, posso evitare di fare quello che faccio di solito, ossia, lasciarli sul piano della cucina come aveva profetizzato Laura. Poi alla spicciolata tutti raggiungono il letto tranne le ragazze che hanno dormito quasi fino all'ora di cena. Io mi fumo la pipa in terrazzino combattendo un vago giramento di coglioni ed una sottile amarezza e preoccupazione che ho da qualche giorno. Alla fine tutti a letto.
Mattina dopo
Ma che succede? c'è una gara di gokart sotto casa alle 7 del mattino? Il rombo dei motori arriva dalla finestra del lucernaio in modo ciclico, ma non capisco, viene dalla statale. Laura non sembra infastidita e dorme girata verso il suo comodino. Io, ormai sveglio, mi alzo e vado a preparare la colazione. Di solito la faccio per tutti, ma stamattina siamo in troppi e dipende da chi si alzerà prima e quindi ci sarà un giro di caffè con l'unica caffettiera da 2 che utilizziamo. Preparo quindi il caffè per me, taglio il pane per tutti, metto fuori biscotti, burro, marmellata, latte, spremiagrumi, tazze e tazzine e me ne vado in terrazino a fare colazione in grazia di Dio. Alla spicciolata si alzano i ragazzi e si servono. Si alza Laura che mi fa notare di non averle fatto trovare niente pronto e, per chiarire meglio il concetto, si sfila la fede e la mette nella tasca dei miei pantaloni sibilandomi con la voce roca di non ridargliela mai più. Finito di fare colazione lei saluta e va in associazione a studiare un po'. Mi sembra arrivato il momento di chiarire. Prendo la macchina e la raggiungo alla sede. Per strada si spiega l'arcano della sveglia mattutina: c'è la Millemiglia cavepozznaccitatuttquand'!
Diversità di vedute
Perché sei venuto, non abbiamo proprio niente da dirci e io ho da fare, sono venuta qui apposta. Provo ad articolare un ragionamento, ma l'impresa mi appare subito disperata, come disperata, e fuori di sè, è Laura che ha tutta l'aria di non volersi controllare e fare quello che fa in queste situazioni, ossia quando è disperata e incazzata con me: alzare le mani. Vai fuori. Ti vuoi calmare un attimo. Altrimenti esco io e ti chiudo dentro. Esce in un guizzo ma io la raggiungo e le impedisco di chiudere la porta. Rientra ma le parole se ne sono andate in vacanza. E' tutto uno scattare e parlarsi sul muso, lei urlando, io socchiudendo gli occhi e cercando di riportare la calma. Poi le vie di fatto, il 'vattene' viene espresso con le mani a tirare e a spingere. E poi via, un morso su un braccio, uno sull'altro, unghie sulla faccia, ginocchiate dove capita, e dove non capita. Il mio atteggiamento ostentatamente calmo diventa una sfida che la fa incazzare ancora di più. Mi da uno schiaffo ed io le offro provocatoriamente l'altra guancia. Lei si infuria, si odia per comportarsi così e si dispera e quindi picchia in modo ancora più selvaggio. Alla fine faccio quello che avrei dovuto fare da subito. Esco, d'improvviso, senza dire niente e senza girarmi. Torno a casa. Lei rientra in tarda mattinata: i ragazzi hanno deciso di salutarci e andare in città. Li accompagna lei. Mi chiama per salutarli. Abbracci e se ce la facciamo ci vediamo al concerto domani. Escono tutti tranne me e Figlio. Laura rientra un attimo per una puntualizzazione. Grazie per esserti offerto di dare tu un passaggio. Ma perchè non me l'hai chiesto, che ne so? Ceeerto e io devo chiederti tutto, non ci arrivi da solo Coleridge, dai tu un passaggio ai ragazzi, Coleridge? Mi accompagni dal dottore eh.. Coleridge? Pausa. Gelo. Esce. Figlio seccato e sconcertato mi chiede. Ma si può sapere che è successo? Cos'è questa storia del dottore. Ecco Laura se volevi trovare un modo per mettermi in merda ci sei riuscita e adesso che cazzo gli dico?
Macchie
Guarda, mi sono sporcata, ma con che cosa? sembra gelato. Non ho mangiato gelato. E' una piccola macchia sul vestito che Laura si toglie sempre in sala iniziando lo spogliarello che, quando è di fretta, si conclude direttamente in doccia. Sembra sangue, dico io. Ed è sangue. Come di sangue era la macchia che avevamo trovato sul copriletto alcune settimane fa passando dal lenzuolo. Viene dal seno. Dal seno. Un sintomo abbastanza inquietante. Io non ne sapevo niente e, in ogni caso - scoperto dopo - è associato a molte patologie per lo più non gravi. Però un campanello d'allarme, uno di quelli squillanti. Figlio, tornato a casa da poco, esce dalla doccia e notando un po' di agitazione chiede che succede. Laura aveva appena realizzato la cosa e la consapevolezza le aveva assestato una coltellata alle spalle. No no, nulla un capogiro, mente, oggi non mi sono fermata un attimo. Chiama la sua amica che ha combattuto la sua battaglia di chemio durata qualche anno e adesso è comunque costretta a stare lì, appostata come un cecchino, sempre a scrutare il proprio corpo a caccia di cellule a cui è partita la brocca. Questo accadeva verso la fine della scorsa settimana.
Il giorno dopo Laura va dal nostro medico, si sente colpevole perché non fa la mammografia da secoli e il dottore, infatti, la cazzia. Io la capisco, lo so , è una cazzata che non si dovrebbe neppure pensare, però la capisco. Con medici e visite ha già abbastanza a che fare per una serie di motivi, insomma che palle. La settimana è ormai alla fine quindi gli esami vengono rinviati alla successiva, ossia questa. Ossia quella che è stata preceduta dal weekend in cui abbiamo ospitato il quartetto.
La discussione si innesca sabato mattina quando torno dalla spesa e la vedo visibilmente alterata. Ma fammi capire Coleridge, io sono qui con una possibile diagnosi di cancro al seno, lunedì ho una visita d'urgenza e tu non hai nemmeno pensato di prendere ferie e accompagnarmi. Cazzo. Cazzo cazzo cazzo, deficiente che non sono altro. Non provo nemmeno a cimentarmi in una patetica arrampicata sugli specchi e confermo. Mi guarda. Gelida. Ecco questo è il mio problema, non so mai quando posso contare su di te. Io provo ogni volta a passare sopra tutto ma poi devo arrendermi all'evidenza. Silenzio. Cerco di evitare l'inevitabile ossia di farfugliare stupidaggini. E infatti non ci riesco e faccio esattamente così, farfuglio stupidaggini tali da non essermi rimaste in mente nemmeno per dieci minuti. Tutta la domenica pomeriggio l'ho impiegata per mettere a posto un roba di lavoro urgente in modo da poter riparare ed essere presente, ma Laura è irremovibile: adesso domani te ne vai al lavoro e non rompi le palle qui.
Ci dovevi pensare prima: le cose si fanno al momento giusto, dopo non hanno più alcun significato.
Versioni e tensioni
Insomma cos'è sta storia del dottore. Lo sguardo di Figlio è preoccupato e io non ho fatto a tempo ad elaborare una spiegazione alternativa. Temo di dire cose che lo possano preoccupare di più. Alla fine gli dico la verità tenendomi un po' sul vago. Parlo di qualche sintomo da verificare, di alcuni esami da fare, ma posso permettermi di abbozzargli una verità che, per adesso, non è così dura fortunatamante. Lui sgrana gli occhi e poi si accoccola nella versione tranquillizzante del non c'è niente da preoccuparsi. Quando torna Laura le dico che la sua uscita e le domande di Figlio mi hanno costretto a rivelare qualcosa. Non è la prima volta che capita una cosa del genere, sempre con uscite così, out of the blue. Nessuno dei due comunque, per motivi completamente diversi, ha voglia di farne una questione.
Il giorno dopo devo comunicare via SMS perché mi ha bloccato pure su Whatsapp. Mi manda un messaggio quando ha fatto il prelievo per l'esame citologico, la mammografia il giorno successivo. Non ci sentiamo per tutto il giorno. Mi chiama solo la sera e mi chiede cosa faccio. Cosa faccio cosa? Che vuoi dire? Vai a tango o no. Tango? Ci avevo già rinunciato veramente, non mi sembrava il caso. Fai quello che vuoi, io vado, se vieni spero che ci facciano ballare insieme il meno possibile. Ma pensa te, va bene va bene, ci vediamo lì. A tango cominciano ad insegnarci un po' di passi più elaborati. Lei si impegna molto quando prova i movimenti da sola, e rimane molto concentrata anche quando balliamo. Si muove morbida e asseconda i miei movimenti anche più di quanto non avvenga di solito. Chi ci guarda da fuori non può intuire che, in quegli abbracci, scorre tensione elettrica a 220v. I maestri sono carini e sorridenti e ci fanno un sacco di complimenti. Penso facciamo una buona impressione e ci reputino un buon acquisto.
Quando usciamo la tensione è un po' stemperata. Il giorno dopo mi impegno per scegliere il momento giusto per chiamarla. E' quando in macchina raggiunge scuola e ha un po' di chiometri da percorrere, così parla con il viva voce. Come va, sei partita adesso? Partita per dove, sto andando a fare la mammografia, te l'avevo scritto no? E due. Ma che cazzo mi passa per la testa. Non so che dire anche le scuse diventano patetiche a questo punto. Le mando un lungo SMS in cui mi scuso in modo più articolato. La mammografia ha esito positivo. Ma la secrezione anomala è confermata e il responso definitivo arriverà la prossima settimana dall'esame citologico. Rimango io a baloccarmi con la mia leggerezza che in queste circostanze diventa fastidiosa superficialità. Nella speranza che tutto diventi un nuovo vecchio argomento di discussione e recriminazione tra di noi. Meglio continuare ad essere il coglione di sempre: significherà che potrò permettermelo io e, soprattutto, potrà permetterselo lei.
Lun
24
Apr
2017
L'albatros appeso al collo
Alla fine, in questo universo in vitro, noi tutti finiamo per diventare i nostri nick. Eppure la maggior parte di questi sembrano essere nati in maniera casuale. Un nome + un numero, a volte l'anno di nascita. Qualcuno, invece, ha scelto qualcosa che sembra evocativo o significativo o vagamente simboleggiate il proprio sè. Ma alla fine non pare essere meno casuale di un cluster di bottoni sulla tastiera.
Quando ho scelto il mio, ad esempio, il criterio è stato più o meno il seguente: qualcosa che suoni bene, che possa suonare importante e misterioso e che non possa essere ricondotto a me dalle persone che conosco, magari digitando su google. Ho fatto un paio di tentativi e ho notato che la scelta era buona: tonnellate di pagine tutte dedicate alla sua figura letteraria. Di Coleridge poi io non ho mai parlato con nessuno. Se mi è capitato di parlare dei poeti romantici inglesi, tutt'al più, ho potuto citare Wordsworh, Shelley o Keats e mi sarà capitato di farlo, senza molto criterio, non più di cinque o sei volte dopo la mia maturità, che risale a quasi 40 anni fa e della quale non ricordo praticamente niente.
Ma, come ho detto, noi diventiamo i nostri nick e così ho ripreso in mano le Lyrical Ballads e mi sono riletto la sua celebre Ballata del Vecchio Marinaio. Un lungo poema bizzarro e visionario, scritto da un ventiseienne dedito all'oppio, che ebbe scarsissimo successo tra i contemporanei tanto da finire con l'essere relegato in fondo alla raccolta ed infine essere estromesso nelle successive edizioni. Lo si potrebbe definire una specie di ibrido tra i Pirati dei Caraibi e la Divina Commedia, ma scritto con il metro popolare delle canzoni da osteria o quelle dei cantastorie, utilizzando la lingua arcaica dell'inglese di Chaucer. Questo per semplificare in modo dozzinale perché, in realtà, stiamo parlando di un autentico capolavoro della letteratura mondiale che la critica dei secoli successivi ha pienamente riabilitato, studiato e preso a modello, sorprendendosi per la varietà, quantità e ricchezza di temi esistenziali trattati. Primo Levi, ad esempio, ne scelse due versi per l'epigrafe del suo ultimo libro: Since then, at an uncertain hour / that agony returns. Parlava dell'angoscia di chi si è salvato da un'esperienza allucinante e dall'eterno senso di colpa dell'essere sopravvisuti: lui si riferiva ai campi di sterminio nazisti e proprio quella sensazione, che non lo abbandonava, lo avrebbe portato al suicidio.
Insomma temi allegri. Perché ne parlo? Perché ho scoperto che questo poemetto parla anche a noi e alla nostra quotidiana esperienza in un mondo parallelo ed irreale, fatta di uomini e donne, eppure immateriale, onirico, ma non per questo, anzi, forse proprio per questo, capace di entrare nelle nostre vite anche più dei rapporti che siamo abituati ad intrattenere nella nostra quotidianità. Non solo di quelli formali con colleghi e conoscenti, ma anche con i nostri familiari e addirittura i nostri compagni e le nostre compagne.
La ballata del Vecchio Marinaio
Un vecchio marinaio ferma un passante, un giovane diretto ad una festa di matrimonio che sta andando a divertirsi con amici e parenti. Inizia a raccontare a lui la sua storia allucinante di unico sopravvissuto di un equipaggio che è morto di fame e di sete durante la navigazione nell'emisfero australe. Il giovane lo scaccia, vuole andare alla festa che sta cominciando, ma alla fine rimane lì inchiodato ad ascolare il suo racconto mentre nel frattempo la festa di nozze va avanti senza di lui. L'immaginario lo rapisce e lo sottrae alla sua vita reale fatta di rapporti e di relazioni con le persone che lo circondano. Lui cerca di sottrarsi, ma alla fine soccombe e rimane ad ascoltare il vecchio per tutta la durata della festa. Ricorda qualcosa? Ricorda qualcuno?
Cktc
Qualcuno forse ricorda quanto è successo un paio di mesi al sottoscritto con CuriosityKilledTheCat. Il nick l'ho inventato io parlando di un'altra utente del sito che non ho voluto citare. Poi lei l'ha utilizzato per crearsi un nuovo account con il quale di tanto in tanto fa capolino. Ero entrato in contatto con le in pvt e lei mi ha raccontato la sua storia esattamente come il marinaio che ha fermato il passante. Ed io esattamente come il giovane diretto alla festa mi sono terrorizzato ma, diversamente da lui, mi sono sottratto anche se, forse, non mi sono del tutto salvato.
Tutta la vicenda del marinaio della ballata di Coleridge ruota intorno ad una colpa, ad un peccato originale. Imprigionata nei ghiacci dell'artico la nave del marinaio viene raggiunta da un albatros, un uccello che nelle superstizioni marinare è considerato di buon auspicio. Al suo arrivo la situazione si sblocca, arriva il vento, i ghiacci si rompono e la nave riesce a riprendere la navigazione. Ma il marinaio, in modo del tutto gratutito ed inspiegabile, uccide l'albatros con un colpo di balestra. La nave si sblocca e riesce a risalire fino all'equatore, ma lì una lunga bonaccia porta tutti i marinai, tranne lui, a morire di fame e di sete. Nel frattempo lui era diventato il bersaglio dell'odio e dell'invettiva di tutti i compagni, vecchi e giovani, che a mo' di scherno e disprezzo gli avevano appeso al collo la carcassa dell'albatros. Questa immagine (esiste una statua che la rappresenta nel Sommerset) simboleggia la sua colpa per aver violato le elementari norme di giudizio, buon senso e umanità.
In questi giorni credo che Curiosity stia vivendo la sua pena con l'albatros appeso al collo per aver tradito sé stessa e per essersi trovata in qualcosa che la sua forza di volontà non ha saputo o potuto prevenire. Niente è successo nella realtà, tutto è avvenuto nella virtualità. Per quel poco che ho potuto parlare con lei mi sono fatto l'idea di una donna in gamba, aperta, ma anche di saldi principi e solide realtà. Precipitata nei giochetti mentali di un altro utente che a sua volta ha assassinato il suo, di albatros, diventando una sorta di cyberdongionvanni che impiega quotidianamente buona parte del suo tempo a fare del sesso virtuale, adesso, parole sue, si trova a fare i conti con la merda di persona che è diventata. Beninteso, io non credo affatto che lei sia diventata quella persona che lei dice di essere ma non è molto importante cosa penso io. Mi pare di aver capito che, da anonima, ha dedicato due sfoghi di invettiva (uno per epiteto) al dongiovanni di cui sopra e adesso ha forse ripreso in mano il bandolo della matassa della sua vita. Te lo auguro con tutto il cuore Curiosity.
Tyler
Tyler ha postato, da anonimo, uno sfogo in cui esortava tutti noi ad essere sinceri e ad ammettere che nessuno di noi è veramente felice. Tyler credo soffra di quella che definirei la sindrome del re mida. In altre parole, tutto quello che si prefigge di ottenere lo ottiene. Il punto è che niente, da lui, è ritenuto degno di essere ottenuto e quindi si cimenta in avventure che, lui per primo, reputa prive di importanza, utili solo per combattere la noia che lo affligge. Vorrebbe innamorarsi di qualcuna e trovarla interessante, solo che poi riesce ad essere ricambiato e l'oggetto dei suoi desideri diventa immancabilmente una scassapalle. Lui si è presentato qui già con il suo albatros al collo. L'ho definito un buco nero che risucchia tutte le persone che gli stanno accanto nel suo personalissimo vortice di insensatezza della vita e lui ha confermato.
Poi ha trovato che stare qui poteva essere più stimolante di quanto potesse credere. Ha sfidato una delle nuove utenti, Confusissima, a sorprenderlo e a resistergli e quindi ha cominciato a cimentarsi. A cercato i punti deboli, ha notato che era una persona curiosa e che, in qualche modo, aveva manifestato dell'interesse nei suoi confronti. Ha buttato lì una frasetta per poter passare al livello successivo. Non so come la cosa sia proseguita, ma ho notato che Confusissima, nonostante il suo nick, sembra essere tutt'altro che una sprovveduta.
Un nuovo post, questa volta da loggato, ha dato inizio ad una serie di racconti sul suo vissuto adolescenziale che in qualche modo dovrebbero offrire una sorta di motivazione del suo modo di essere. Non posso sapere quale sia la verità. Io stesso mi sono trovato a dover rivendicare la veridicità di quello che ho raccontato nei miei sfoghi quindi mi astengo dal fornire giudizi definitivi. Detto questo mantengo le mie riserve e dico solo che se avessi voluto mettere in piedi le mie armi da seduttore avrei fatto esattamente come ha fatto lui, dicendo alle persone le cose che vogliono sentirsi dire. Qualcuno pensa che la causa di tutto sia il padre e giù aneddoti su padre padrone ricco e castrante. La madre? idem con patate. Traumi infantili? Un maurizio edicolante e così via. Può essere naturalmente solo una coincidenza e, magari quello che ha raccontato è successo veramente. Solo su una cosa dico di non barare. Non dare ad altri la colpa di quello che non hai saputo realizzare, Tyler. In tutti questi casi, e qui parlo per esperienza personale, la colpa è sempre al 95% la nostra.
Coleridge
Ed infine il sottoscritto. Anche lui con il suo albatros al collo. Nessun grosso 'delitto' fino ad ora. Ho ritrovato una mia serenità. Ho un nuovo ottimismo. Mi sento più attivo e mi vedo persino più bello. Ho un rinnovato rapporto con mia moglie. Ma convivo da tre mesi con un segreto. Un segreto veniale, ma il fatto è che vivo una vita parallela di cui lei non conosce l'esistenza. Mi ritrovo a rubare del tempo al lavoro per scrivere o rispondere a un post. Sto imparando a conviverci. Ma dovrò farci i conti prima o poi. Questa notte ho avuto il primo contatto onirico. Ho sognato che mi era arrivato un biglietto di OldJoe direttamente a casa (quindi identità svelata) in cui diceva che sapevo chi ero e mi dava dei soldi (a proposito grazie Joe). Tutte le mie sessioni internet sono in navigazione rigorosamente anonima. Poi devo sempre ricordarmi di chiudere browser su laptop e cellulare. Un paio di volte l'ho dimenticato. Mah, staremo a vedere.
E questo è. Fine di questa elucubrazione in pieno delirio da oppio alla Coleridge (quello vero)
Mar
28
Mar
2017
Tango
Oh, io ho già preso le scarpe. Mi chiama al mattino al lavoro. Io l'ascolto ma nel frattempo ho gli occhi che rimbalzano sui vari monitor visto che sono nel mezzo di un rilascio e in testa ho una todo list abbastanza serrata (gergo odioso lo so, ma passatemelo).
Ah le hai già prese? Sono piuttosto sorpeso visto che ultimamente è lei la prima a fare caso a tutte le spese, e dobbiamo risparmiare, e hai le mani bucate. Un equivoco. In realtà mi stava dicendo che le aveva già prese su per la sera, le sue scarpe da concerto. Però mi fa piacere. Non pensavo che la prospettiva la entusiasmasse così tanto. Glielo avevo proposto nei giorni in cui, dopo esserci riavvicinati, abbiamo deciso di ritornare insieme: un corso di tango. Non molto originale come idea, anzi, un classico delle coppie mature che vogliono un po' ritrovarsi. Pochissime volte siamo andati a ballare. Più che altro ci siamo ritrovati a farlo durante qualche capodanno o qualche festa in vacanza. Eppure entrambi abbiamo molto a che fare con la musica: per lei è una professione, per me doveva esserlo.
Perchè il tango? La cosa che mi piace è l'idea che sta alla base del ballo di coppia o, se vogliamo, dell'idea che me ne sono fatto: la necessità di intendersi, di andare insieme, di sincronizzarsi. Nel tango poi c'è una metafora di un approccio relazionale quasi atavico, con l'uomo che deve sempre guidare e sostenere, e la donna che deve imparare ad affidarsi o addirittura, ad alti livelli, abbandonarsi. Potrebbe sembrare una specie di rivincita del povero maschio frustrato ma, sinceramente, non è quello che mi affascina. Trovo, al contrario, che possa essere catartico soprattutto per le coppie che, nella vita quotidiana, hanno quella modalità di interazione, come dire, dialettico-competitiva? che caratterizza, H24, il nostro rapporto.
Sono quindi contentissimo che lei abbia deciso di rilanciare con il proprio entusiasmo alla mia proposta. Lunedì sera ultimo appuntamento del corso per principianti, riprenderanno tra un paio di settimane con un nuovo blocco di lezioni, così decidiamo di fare una lezione di prova. Appuntamento direttamente alla sala da ballo in centro città. Arrivo a pelo dopo essere passato da casa, dalla stazione, per cambiarmi anch'io le scarpe. Ci sentiamo un po' imbarazzati a fare questa cosa. Entrando vediamo un'altra coppia della nostra età che ci guarda un po' incuriosita. Poi dentro, nella sala, dove ci si siede su dei divani alle pareti. Ci presentiamo e, mentre gli altri fanno la loro lezione, un paio di allievi tutor si prendono cura di noi separatamente. Più tardi arrivano singolarmente anche i due maestri titolari del corso: una coppia di ballerini argentini. Non molto alti di statura, ma estremamente eleganti e, soprattutto, simpaticissimi. Lei ride divertita quando Laura mi riprende su un passo "Ecco, si comincia subito!". Eh già se parte il trip altro che rilassarsi insieme: riusciamo a discutere anche quando c'è da montare una mensola, immaginarsi sui passi da seguire. Ma non è così per adesso. Ridiamo anche noi e ci godiamo il primo passo base guardandoci negli occhi e inciampando.
Alla fine si avvicina la titolare del corso e ci elenca un po' le condizioni per partecipare. Laura salta tutti i passaggi: potete gia iscriverci, vero Coleridge? Certo sì, anche se glielo comunichiamo domani non credo che ci saranno problemi, scherzo, ma comunque sì. Usciamo, entusiasti e rilassati e andiamo in un pub a divorarci un tagliere di affettati visto che siamo a digiuno. E così, almeno un giorno alla settimana eviteremo di passarlo stravaccati sul divano.
Tutto il resto della nostra vita, il nostro ricominciare non sarà troppo diverso. Far capire, capire, aspettarsi, sincronizzarsi. Dopo Valigie in cui ho raccontato una possibile separazione, il mio nuovo diario in cui vorrei parlare di una possibile rinascita e di una rinascita possibile.
Sab
18
Feb
2017
Valigie - Sliding doors
Ho appena finito di scrivere il mio ultimo commento al mio sfogo-diario "Valigie". Sono molto incerto se inviarlo e sono anche molto turbato da quando CuriosityKiledTheCat mi ha chiesto l'amicizia.
Mi accorgo che, pian piano, da quando abito in questa casa, in una situazione non più precaria, le cose vanno meglio. E se vanno meglio da un lato dall'altro vanno peggio. Ho ripeso i miei spazi, ho ricreato delle nuove routine. L'appartamento è molto più comodo per i miei spostamenti in città rispetto a casa mia che si trova fuori. Non vedo mio figlio da due settimane, è già tornato e domani (oggi per chi legge) ci vedremo finalmente. Ma stasera mio filgio esce con un'amica e Laura vuole assolutamente evitare di andare da qualche parte in città con il rischio di incontrarlo. Penso si senta in colpa per aver dato la chiusura del rapporto con me come definitiva e adesso non vuole dare troppo a vedere di ritornare sui suoi passi, come già accaduto troppe volte. Prima mi propone di passare qui, poi suggerisce un film sul divano a casa, visto che ormai è troppo tardi per il cinema. Non trovo l'idea esaltante e la cosa la indispettisce. Ci sono già tutti i segnali che la serata di stasera sancirà la fine della luna di miele di questi giorni. E, maledizione, io mi trovo anche in questa imprevista tempesta senil-ormonale.
Che faccio posto o non posto? Rileggo? Troppo lungo e troppo piccolo il carattere. Messaggio di Laura, un secondo dopo aver abbandonato tutte le remore e cliccato su Inserisci commento: appuntamento tra un quarto d'ora. A casa atmosfera gelidina, lei stanca per il lavoro, io emotivamente spossato. Penso in continuazione all'effetto che potrà aver avuto il post e mi rendo conto di quanto questa nuova realtà del forum sia entrata nelle mia quotidianità e piano paino la stia invadendo, occupando tutti gli interstizi di tempo libero e man mano allargandosi anche al resto. Sul divano sonnecchiamo, io ogni tanto allungo la mano per accarezzarle un piede. Alla fine della serata mi dice scusami, io come un deficiente, invece di lasciar correre e tranquillizzare, mi impunto e dico che l'avevo detto che non era una buona idea. Finale burrascoso discutiamo, poi io vado a casa, ansioso de conoscere l'esito del mio gesto avventato. Messaggi: CuriosityKiledTheCat ha letto il post ed è rimasta evidentemente sconcertata:
mi scrive
Scusa...mi devi delle spiegazioni...perché hai scritto quel commento in cui parli di me? Perché l'hai fatto? Non ne capisco il senso.
Le dovrei sì delle spiegazioni cazzo, ma ormai ho deciso di troncare questa cosa sul nascere e non posso non comportarmi da pezzo di merda. Penso di troncare senza nemmeno rispondere poi non me la sento e almeno posto uno straccio di saluto
Nessuna spiegazione Curiosity. Solo un grossisimo mi dispiace e le mie scuse per averti coinvolto. Devo difendermi da qualcosa che mi devasterebbe: scriverne è l'unica maniera. Mi sarebbe piaciuto davvero conoscerti meglio, per quel poco che ho capito sei esattamente il mio tipo. Sarà per un'altra vita
Buona fortuna per tutto. Sto per disabilitarti i messaggi.
Disabilito i messaggi ma mi accorgo che non basta perché me ne arriva un altro
Mi dispiace, volevo solo fare amicizia con una persona che mi sembrava interessante. L'hai presa malissimo questa cosa è non so il perché. Non vedo come io possa devastarti...Cmq fa come desideri.
Devo proprio rimuovere l'amicizia. Che faccio maledizione?
Vabbè ci penserò domani
Mar
07
Feb
2017
Valigie
Ci si lascia. Vabbè ma come ci si lascia.
Sì ok, la cosa migliore è la ragionevolezza. Evitare drammi e isterismi; pianificare per tempo l'uscita di uno dei componenti della coppia (ok vabbè non proprio uno a caso); tenere d'occhio le spese e ritararsi gradatamente in maniera da starci dentro.
Tutto giusto. Ma vuoi mettere la goduria di prender su, afferare i primi trolley che cadono giù dallo scaffale in cima all'armadio e infilarci, con studiata casualità, tutte le sue stramaledettissime cianfrusaglie: troppo tempo le hai tollerate, troppe volte hai accarezzato l'idea di prendere e gettarle fuori dalla finestra. Troppe, per resistere a questa tentazione. Pigiama usato con camicie stirate, calzini puliti e calzini barzotti, pantaloni arrotolati in un unico immenso fagotto, mutande con elastico lento che stavano lì da anni, relegate ad inutile accessorio da cassetto. E poi, vuoi mettere: i suoi regali, quel cazzo di intimo rosso regalato a capodanno, le lettere bugiarde, i pensierini riparatori e quelli fuori tempo massimo. Fuori tutto. Fuori da me. Fuori dalla mia vita. Fuori da questa casa. Fuori dai coglioni.
Non è pensabile saltare questo passaggio, non abbandonarsi alla catarsi di un rito che celebri la fuorisucita dalla tua vita della persona responsabile della tua infelicità, della tua insoddisfazione e della tua insicurezza, quella che ti ha rubato la gioventù e alla quale hai dedicato i miglior anni della tua esistenza. E' una ghigliottina virtuale che celebra la fine di una lunga agonia e l'inizio di una nuova era. E tu potevi rinunciarci?
Certamente no, dico tra me e me mentre, in questo esatto momento, sto nel mio letto d'albergo con tutte le valigie aperte, ma non disfatte (ma che scherzi?) rimandando a domattina la disperata ricerca di qualcosa da mettere abbinata a cazzo di cane il meno possibile.
E così anche per me inizia una nuova vita.
Nel frattempo buona notte
Dom
05
Feb
2017
Piacere, Coleridge
Vi seguo esatttamente dall'inizio del 2017. Ho già pubblicato diversi commenti anonimi, incarnando plasticamente la vecchia (nel mio caso il vecchio) cantata da De Andrè: quella che dispensava buoni consigli non potendo più dare il cattivo esempio.
Ho già avuto modo di dire che è un posto curioso questo: trovi utenti che sfoggiano una scrittura ammaliante e stilisticamente sorprendente, accanto a pellegrini che hanno seri problemi di ortografia (non parlo dei refusi, quelli li facciamo tutti).
Tutti, però, mi sembrano bisognosi di comunicare e non pochi sembrano anche in grado di ascoltare, che non è poco. E' per questo che ho deciso di iscrivermi: sto vivendo una fase della mia vita molto difficile ed ho la sensazione di trovarmi in buona compagnia qui.
Avrò modo di narrare qualcosa di me anche se, a dire la verità, sono ancora piuttosto titubante. Il mio problema è che mi sento come una pentola a pressione: non posso aprirla, devo cercare prima di farla sfiatare. E' quello che farò quanto prima.
Nel frattempo buona notte
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