farnight
Ven
30
Mag
2014
autocommiserazione di una vita di nulla
Sarò il più lungo e disordinato possibile, perché non mi sento a mio agio ad aprirmi così.
Non so ancora quanti dettagli mettere, lo scoprirò durante il processo.
Se questo è un punto di partenza, dovrei cominciare dall'inizio. Dato che è infattibile perché ovviamente non ho ricordi che vanno così tanto indietro nel tempo, cercherò un altro punto significativo nel tempo.
L'asilo. Non mi ricordo molto, solo che sostanzialmente la parte problematica del mio carattere esisteva più o meno già: non conoscevo nessuno, e non mi facevo amici. Ci sono andato per non so quanto tempo, e l'unica cosa che ho sempre mai fatto è tentare far passare il tempo più in fretta possibile, non parlare a nessuno, e poi fuggirmene via. I ragazzi più grandi mi facevano paura, e con le suore, severe, non ci volevo avere a che fare.
Poi son venute le elementari, e la colonia. Quando mi hanno spedito in colonia (prima c'era andata mia sorella, quindi mi immaginavo sarebbe toccato anche a me) mi son spaventato, non comprendevo ci si potesse dividere così, non volevo andarci. E infatti una volta arrivato lì è andata da schifo perché c'erano dei ragazzi che mi prendevano in giro, ero come al solito solo (anche se son più o meno riuscito a farmi un amico, uno che veniva presi di mezzo più di me), e gli animatori non badavano a quelli "sullo sfondo" come me.
Alle elementari... Possiamo pure dire che in prima è andata meglio, ero più allegro, più vivace. In seconda sono successi dei casini: ad una delle due maestre muore il marito, lei non la prende affatto bene, ed oltre a trovarci un'atmosfera davvero di cacca per tutti gli anni successivi, veniamo maltrattati, strattonati. Io non capivo molto, ero uno cretino, sapevo solo che avevo paura ad andare a scuola, e ogni mattina raccontavo sempre la stessa scusa a mia madre. Poi è successo che una delle mie compagne è cominciata a piacermi, molto, e un giorno l'ho raccontato ad un'altra compagna, e questa l'ha urlato a tutta la classe (per la cronaca, abbiamo usato la parola che comincia per A). Per ora quello che mi va di aggiungere è: cara X, tu non ricordi, io non scorderò mai.
Da allora ho sempre desiderato la compagnia una ragazza; sotto quel punto di vista son maturato più in fretta degli altri, nononstante non abbia mai neanche tentato.
Se avessi passato le elementari da solo sarebbe andata meglio di quel che è invece è successo, perché come "amico" (e permettetemi di usare i doppi apici) ho avuto un... disadattato, le persone strane le attiro tutte io. Spero solo ora sia meglio di com'era allora. In ogni caso, i rapporti con gli altri compagni sono quasi inesistenti.
Per la cronaca, poi la maestra si è suicidata.
Medie: non sono più in classe con X, ma c'è Y... Forse non c'entra molto nella storia, ma questo è uno sfogo e mi voglio sfogare. Y è una ragazza bella come poche, simpatica come poche, e sempre sorridente (una delle cose che mi piace di più). È una di quelle combinazioni rare... Tanto per chiarirci: quelle poche volte che ci siam visti mi ha salutato, e senza neanche rivolgermi una smorfia di disgusto. Il suo posto nella storia è questo mi ha fatto mettere i sentimenti al secondo posto: avrebbe avuto molto più senso innamorarsi di lei, invece che di X, ma quello che provo è solo un enorme rispetto.
Durante il tragitto casa-scuola sul pullman, ho sempre 'contemplato' X, ma non credo di aver mai pensato di poterci fare qualcosa, di poterci interagire. La guardavo, fine. Le ragioni ci sono: tranne alcune eccezioni, sia alle elementari che alle medie le ragazze erano... ostili. Non ti ci potevi avvicinare. Non lo so se era un complotto, semplicemente non si... Non, fine. Semplicemente non. E la cosa mi ha fatto male, soprattutto considerando che le altre classi erano... attive. Addirittura nella gita a Venezia c'era una coppia che scopava. Curiosità: lui è finito a chi vuol essere milionario o il quiz venuto dopo.
Non solo son rimasto parecchio confuso (perché nessuno fa niente?), ma non aver mai ricevuto uno sguardo, il riconoscimento di esistere, della consapevolezza della mia presenza da X, col senno di poi, mi ha fatto veramente male.
Alle medie mi son fatto un altro amico (correzione, la causalità è inversa: l'ha deciso lui), ovviamente lo strano della classe (ancora più di me). La sua amicizia (in tutta la mia vita forse è l'unico che ho potuto chiamare 'amico', per quanto non comprenda a fondo bene il significato di questa parola) è durata fino al poli, da allora non ci siamo praticamente più visti. Forse ogni tanto sento la sua mancanza. Il bello è che abita a tipo 5 minuti da me, ma no, forse di meno -- se abita ancora coi suoi.
Passano le medie, il mio amico mi convince ad andare all'itis, e poi mi convincerà ad andare al politecnico.
All'itis però ci assegnano in due sezioni diverse; ovviamente ci vediamo, ma il non essere in classe assieme ci allontana un pochettino. Lui però mi fa conoscere dei suoi amici, con cui poi condividerò quasi tutto il poli.
Le superiori non vanno troppo bene: vengo preso di mezzo durante il tragitto sul pullman, soprattutto nel ritorno a casa, e in classe ho due diciottenni vandali (nelle altre ci sono degli spaccini, figuriamoci). In prima e seconda certe lezioni proprio non si possono tenere. In questi anni il mio amico in classe è un altro strano. In terza cambiano alcune persone, non ci sono più i vandali e il mio amico, che è andato a far meccanica.
Il triennio dell'itis merita un periodo suo. Sostanzialmente è stato una specie di periodo di maturazione, ho cominciato - ma proprio solo cominciato - a capire che esistono persone al di fuori di me, persone che non pensano quello che penso io, ecc, e soprattutto ho cominciato ad interessarmi, appunto, a tali persone.
Una piccola grossa nota: non avendo mai avuto più amici o comunque non avendo avuto amici 'normali', non sono mai uscito. Per me era normale fare casa-scuola e poi scuola-casa, fine, nonostante i miei genitori mi dicessero "esci". Ma cosa significa "esci"? Non ho presente cosa vuol dire. Dai discorsi dei miei compagni, ad esempio il ballare, ho intuìto che dovevano uscire la sera, ma la cosa non è mai andata oltre. Anche per quanto riguarda trovarsi chessò al baretto al mattino, o fare per una volta un giro diverso per andare a scuola... Mai fatto nulla del genere, e sono decisamente delle occasioni per socializzare.
Viene il politecnico. Il primo anno passa, poi mi sento senza energie, vuoto, senza voglia. Alcuni compagni vanno avanti, altri mollano. Dopo qualche anno nel limbo, mollo anch'io. È stato molto difficile capire i miei sentimenti, ma già allora avevo dedotto che doveva essere la mia solitudine. Solo di recente ho capito in che modo, qual è l'importanza di avere dei contatti umani -- quasi.
Comunque, durante tutto questo tempo faccio qualche conoscenza, ogni tanto mi diverto anche, ma non capisco, non ho gli strumenti. La mia vita è sempre casa-scuola-casa, non ho mai fatto nient'altro. Ogni tanto qualcuno mi dice: "sono stato costretto a casa per una settimana, che palle", "son due settimane che non esco, sto morendo", e tutto quello che riesco a pensare è: perché ti stai annoiando? Anzi, perché dovresti uscire da casa?
Questo mi fa venire in mente i versi di una canzone che mi piace:
Growin' up, you don't see the writing on the wall
Passin' by, movin' straight ahead, you knew it all
But maybe sometime if you feel the pain
You'll find you're all alone, everything has changed
Cioè ho ignorato quello che da adolescente mi suggerivano, e ora son comparse le bandierine rosse. Ma ignorato un corno, se mi permetti; non l'avrei ignorato se fossi stato capace a farlo. Chiusa parentesi.
Durante la mia sosta sempre al suddetto poli (anzi, ai, plurale), faccio la conoscenza forse più importante e lunga fino ad ora. Ha qualche sfortuna anche lui, ma non è nella mia situazione. Dico che è la più importante perché lui mi permette di cominciare a suonare la batteria, cosa che ho sempre voluto fare, mi ha introdotto credo due anni fa ad altri suoi amici (le uniche persone che frequento), perché grazie a lui ho un lavoro, mi ha anche portato ad concerto. Non credo serva continui, è una delle poche persone con cui abbia mai fatto qualcosa, che mi abbia fatto vivere un po' di vita, e mentre lo scrivo, porca puttana, sento arrivare le lacrime.
Intanto vengo a conoscenza di alcuni fatti, cioè che il mio amico delle medie ha una ragazza, cosa che mi sorprende perché non solo è sempre stata forse la persona meno interessata di questo mondo a certe cose, ma ha avuto i suoi problemi ed aveva un carattere decisamente difficile. Poi vengo a sapere che X si è fidanzata, ma oramai lì i sentimenti li lascio come stanno, e che un ex-compagno delle superiori si è suicidato.
Ripartiamo un attimo dall'inizio, prima di proseguire, sono necessari alcuni dettagli in più. Fin da quando son nato ho problemi col cibo. Le cose che il mio stomaco tollera son poche, e ogni tanto diminuiscono. Poi c'è il problema del gocciolamento retronasale, o quello che è. Ce l'ho da sempre, ma nell'ultimo periodo del poli è peggiorato gravemente. Poi c'è karate, una ferita aperta e sanguinante. È una delle mie tre passioni, e l'ho dovuta interrompere, tra le altre cose, perché mi facevano male le ginocchia. Non ho mai fatto nulla a riguardo, ovviamente, questo è il mio stile.
Anche i miei genitori notano le mie difficoltà all'università, mi chiedono che voglio fare. Voglio lavorare. Passa un periodo durante il quale chiedo, mi iscrivo, poi come accennato prima vengo consigliato ad un'azienda e trovo lavoro.
Dopo un anno di contratti a cazzo comincio l'apprendistato. Stanno succedendo alcune coincidenze, nel frattempo. Nonostante tutto, ho molti hobby, tra cui i libri, e c'è una libreria che ogni tanto organizza riunioni per discutere di libri. Vedo la pubblicità di un corso di scrittura: decido di parteciparci, è forse la prima cosa che faccio da solo e per me stesso. Faccio che ritornare all'argomento: di esponenti del gentil sesso, se ne intravede l'ombra la prima lezione, poi smammano. Una delle occasioni che mi concede questo corso è visitare il museo dell'informatica, carino.
A parte questo... Viene il momento del corso di sicurezza/lavoro/ecc per l'apprendistato. Con mia sorpresa, ci sono ragazze, neanche poche; diciamo che due di queste mi interessano. La coincidenza è che mi è capitato in mano, nel frattempo, un libro che parla di queste cose. Dice: sorridi ad una ragazza se ti vuoi mostrare interessato. Rimango sconvolto, non ci avevo mai pensato. Dice anche di più: potrebbe darsi che le ragazze siano interessate a stringere relazioni. Non so neanche spiegare come ci rimango, son confuso.
Vedo che una delle ragazze che mi interessa passa ogni tanto al ristorante in cui vado a pranzare quando sono a lavoro. Provo a sorriderle, lei mi sorride indietro, vivacemente. Sento una scossa in tutto il mio corpo, perdo quasi il controllo dei muscoli. Avrei potuto cagarmi addosso. Passo qualche giorno in stato confusionale, pensando, cercando di pensare. Le ragazze esistono, esiste un genere femminile.
Sono attanagliato dai pensieri per tutta la durata del corso, due mesi? Penso a cosa dirle, poi ci ripenso. È un periodo veramente difficile, proprio fisicamente. Sto male, ma è solo l'inizio della fine.
All'ultimo giorno del corso, l'altra ragazza che mi interessava spontaneamente attacca bottone con me. Dopo la fine del corso, all'uscita, riesco a prendere una decisione e le rivolgo la parola, anche se un po' tremolante; vorrei sapere alcune curiosità su di lei, non so come metterla. Parliamo per un po' di minuti, alla fine... Non ho capito come è finita, non sono in grado di interpretare. È troppo semplificante dire che mi ha dato il suo numero. A tutt'oggi, lei è l'unica ragazza con cui posso dir di aver quasi parlato. Di ciò mi è stato risposto, su questo sito, "tutto questo è assurdo".
Passano i giorni, continuo a vedere passare l'altro mio interesse. Mi saluta. Continua ad essere un periodo estremamente stressante, a causa delle emozioni estreme sono fisicamente provato, anche con delle conseguenze. Continuo a chiedermi quando rivolgerle la parola. Ogni volta che riesco a trovare la decisione, la posta viene alzata, perché la situazione si complica, e rinuncio.
Alla fine aver aspettato ha avuto senso, perché continuando a riflettere su cosa dirle ho a mano a mano abbassato il tiro fino a qualcosa di sensato. Per capire però mi ci son voluti dei mesi. Succede che un giorno, una bella giornata, la vedo come al solito arrivare; contemporaneamente un mio collega esce per andare fuori a parlare con un tizio che a lui interessa. La porta è aperta, lei è con la sua amica, ma oramai... Senza stare a menarla, cerco di alzarmi, e raggiungere l'entrata, dove mi chiedo che cazzo sto facendo. In un momento troppo veloce per riuscire a ragionare le parlo, lei risponde "sì, come amici". Sul momento non ho provato niente, non stavo nemmeno riuscendo a credere a quello che stavo facendo -- non son sicuro di riuscirci nemmeno adesso. La parte difficile arriverà dopo.
La parte ancora più difficile è che avevamo rimandato, io sono onestamente interessato a parlare con lei, ma non riesco a trovare le forze per riparlarle. Tra l'altro, la prima volta purtroppo c'era della gente che ci guardava, la cosa mi ha dato un fastidio indescrivibile.
Siamo a oltre 15mila battute, e di cose da dire ne ho ancora.
Ora come ora sono sempre vuoto, distrutto, bucherellato come un colabrodo, e a mano a mano sto cedendo. Non ho le energie per far nulla, per nessuno dei miei hobby. Non ho energie da anni, quando invece avrei potuto studiare, fare, diventare più bravo di quanto sono adesso. Invece son sempre distratto, triste. Più son triste più mi torturo, più mi torturo più son triste.
Sento che se fossi più felice saluterei, mi verrebbe voglia di essere più partecipativo, invece di essere uno zombi. I dolori cronici mi stanno togliendo tutto, l'unica cosa che mi hanno dato sono degli orrendi tic. Sono la prima cosa da indirizzare se davvero sono interessato a vivere, e forse mi son deciso a farlo. Dovrò gestire le complicazioni di come... Muovermi.
Per tutta la mia vita non ho fatto altro che tentare di non esistere, di essere invisibile. Mi sembro più un controsenso che una persona.
Quando parlo a qualcuno, la risposta standard è: "Eh?". Non riesco a farmi capire, devo pensare alle parole prima di dirle, ma la gente va di fretta. Non sono abituato a parlare.
Non sono capace d'uscire una volta, di far nulla.
Mi trovo buttato in questo mondo, ad essere un adulto, senza aver mai vissuto. Ho voglia di conoscere persone, non so come.
Soprattutto viene la questione... Calore umano, quello che può regalare una persona speciale. Il dolore per non aver mai neanche tenuto una mano ad una ragazza è straziante. Non esiste un modo facile per spiegare a quale assenza di umanità sono stato soggetto, o mi sono quasi intenzionalmente obbligato. Sono stato direttamente o indirettamente definito uno sfigato e molto altro; mi sa che c'hanno pure ragione.
E il problema viene soprattutto quando tutto attorno a te ti ricorda dei tuoi fallimenti, ogni giorno. Mi basta andare a lavoro, un mio collega parla di sua moglie, l'altro della sua fidanzata. Ovviamente non tollero la visione o comunque la consapevolezza di effusioni tra persone di nessun tipo, mi farebbe impazzire. Posso vivere, ma non così.
Recentemente le cose si son complicate per un cambiamento delle statistiche inaspettato: da quanto ho capito, la maggior parte delle persone che conosco ha o ha avuto un/una partner. Se la mia esperienza fosse stata normale, era un conto, ma diventare lo scemo del villaggio è tutt'altra cosa. In più, mi è stato fatto capire che le possibilità vanno parecchio scemando.
Ogni esperienza mi fa male, un esempio a caso: mentre ero al ristorante ho sentito una canzone, waiting for tonight: è piuttosto chiaro di cosa parla, e la cosa mi ha messo subito di pessimo umore.
Molto raramente son stato felice. Sorrido così di rado che quando lo faccio mi sembro un pirla; bastano 30 secondi e mi fanno male i muscoli facciali. La mia faccia esprime la stessa felicità di Amanda in Afternoon Delight; quando sono felice sembro arrabbiato. Se vogliamo vedere i lati positivi, potrei essere un ottimo giocatore di poker.
Alla fine desidero solo smettere di soffrire, riacquistare le mie energie e tornare a fare qualcosa, cazzo.
Più di una volta ho sentito sorgere odio, in generale, verso il mondo, e la voglia di pestare qualcuno per nessuna ragione apparente. Ma dato che convivere con me stesso è sempre stato difficile, ho sempre fatto attenzione a quello che provo, e su certe cose riesco a "svolgere la matassa"; se così non fosse, non so dove sarei, forse sotto psicofarmaci? Non sarei il primo.
Mi è anche capitato di detestare le donne? No, così tanto forse no, ma ho avuto qualche pensiero negativo.
Di questi tempi il momento più difficile è quando esco da lavoro, soprattutto se c'è sole ed è una bella giornata, perché m'ispira di libertà, che sto buttando nel cesso come ho fatto con tutti gli anni della mia vita.
Dicono: invecchiare da soli si diventa strani, e ora io ho paura... Infatti non credo che invecchierò più di tanto.
È venuto fuori il caso di Elliot Rodgers: 'sti cazzi. Ma sono indeciso a parlarne, a fare eventuali confronti, perché ha ucciso delle persone.
Non sono il tipo che esce di scena con una sparatoria, ma diventa tutta un'altra questione quando ti prendono in giro e ti fanno male.
Adolescenti che hanno la metà della mia età possono guardarmi dall'altro verso il basso perché hanno assaporato la vita più di quanto io non farò mai.
Cosa faccio, adesso, comincio a vivere una nuova vita che non son mai riuscito ad avere? Sì, certo.
Ven
16
Mag
2014
ditemi la vostra
"Ora non puoi tornare indietro, né puoi tenerti tutto dentro."
Vero, e prima o poi succederà, ma nel frattempo c'era qualcos'altro che volevo fare: una domanda.
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