Warzone
Mar
03
Lug
2018
Uroboro
Queste le mie confessioni.
Ho sprecato molti anni della mia vita nell'apatia, come criogenizzato. Soltanto da poco ho recuperato la forza di reagire, ma la strada verso il riscatto personale si prospetta ancora lunga e tortuosa.
Ho sviluppato capacità analitiche fuori scala rispetto alla media dei miei coetanei: qualità invidiatemi da quanti in grado di coglierle, ammirarle, ma per altri persino incomprensibili; qualità forgiate nel tempo, attraverso un rigoroso lavoro di introspezione; coltivate con meticolosità e precisione, esse sono il frutto più maturo di una radicata, pur talvolta intransigente, e al limite della spietatatezza con me stesso, onestà intellettuale. Essa costituisce il cardine della mia esistenza, ergo coerenza: la fortuna. Infatti, non ho mai veramente pagato lo scotto dei miei errori, poiché altri hanno saputo pazientemente ammortizzarne gli urti al mio posto (essi vedevano in me un potenziale enorme, tuttavia sprecato). Ciò mi aveva reso un inetto, incapace di provvedere a se stesso: passivo, come subordinato, quasi asservito alla mia fragilità, per lungo tempo erroneamente interpretata come una forza irrazionale, incontrollabile. La conseguenza fu l'esilio nel torpore assoluto, di cui vivo costantemente il rimpianto. Soggiogato dalle mie stesse insicurezze, autoflagellato oltre i limiti del buon senso, mi ero confinato entro i limiti di quattro mura a compiangere me stesso.
Ma - attenzione - dissimulazione: ho intrattenuto lunghe ma insoddisfacenti relazioni amorose, infine rivelatesi inconcludenti, a causa della mia estrema instabilità emotiva. In definitiva mi ritrovavo, mio malgrado, protagonista tragicomico di una decadenza esistenziale di cui solo io ero il responsabile. Impassibile, ormai insensibile alle percezioni esterne, mi ero barricato nella vergogna, scivolando verso la depressione. Le ossessioni, alimentate da un'alienazione rassicurante e a tratti anestetizzante, mi stavano spegnendo.
Uroboro: è questo ciò che accade a chi sceglie di non scegliere.
Ma poi arriva lei: colei che ha saputo raccogliere i cocci, relitti di un'autodistruzione. Lei ha saputo farmi sentire importante, abituandomi ad uscire fuori da me stesso, per prendermi cura di qualcun altro. Insieme a te tornerò a vivere.
Perdonatemi questa lungaggine.
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