Mer
08
Giu
2016
Robe
Ho 19 anni ed è da un anno che frequento l'università. A parte un gruppetto di amici che ho frequentato per varie iniziative e in modo molto occasionale sono assolutamente solo. Avete presente quando pensate di essere diventati tutto quello che avete sempre disprezzato? Ecco, diciamo che la mia siuazione è simile. Mi ero detto che l'università sarebbe stata un nuovo inizio e invece non ho legato davvero neanche con quelle due/tre persone con cui sego il corso. Mi sono detto che non ero ancora pronto, che sarebbe servito almeno un anno di rodaggio per ingranare, per farmi le ossa e inserirmi meglio nell'ambiente. Ma credo che ormai mi abbiano inquadrato per quello che sono: un coglione. Forse sono troppo severo con me stesso ma dopo anni di esperienza sono arrivato alla cosnclusione di avere un attitudine alle figure di merda. Eliminati tutti i fronzoli, tutte le sovrastrutture che mi sono creato negli anni rimane questo. Sforno figure di merda a ripetizione, a volte sembra che non capisca il punto della situazione, o meglio che non capisca bene il ruolo che svolgo all'interno di un gruppo. Fino a poco tempo fa e di tanto in tanto anche ora riuscivo a essere così presuntuoso, a volte addirittura arrogante da mettermi alla pari con gli altri e cercare di guardarli dall'alto verso il basso.
Forse molte cose non quadrano in questa descrizione, forse ci sono delle profonde contraddizioni nella mia vita. Ho provato a capirle, a risolvere tutte e inefficienze comunicative e relazionali con i miei compagni prima e con la gente in generale dopo. Ho provato a smontarmi e rimontarmi tante di quelle volte per trovare il bug nascosto, per oleare il meccanismo e limare le parti difettose. E sopratutto, per molto tempo prima di rivolgermi ad uno psicologo (che mi è stato di grande aiuto ma con cui non ho concluso la terapia), e anche dopo ho fatto questo lavoro quasi esclusivamente da solo. Prima era facile perchè avevo come metro di giudizio me stesso (e a pensarci adesso era una follia). I primi dubbi sono cominciati subito dopo la terza media, quando mi accorgevo che esisteva tutto un mondo oltre le mura della scuola e di casa (le uniche forse conoscevo allora) che non si adeguava al mio modo di vedere le cose. Faccio un passo indietro.
Fin da quando ricordi ho sempre cercato di far ridere le persone. E' una cosa che mi porto da dietro dalla nascita, quasi un istinto. Ma dall'altro lato ero il classico topo di biblioteca. Non uscivo con degli amici, non facevo sport, non sapevo dove abitasse il calcio. Già da piccolo mi sono reso conto che non ero tagliato per lo sport, che tutta quel dimenarsi non era per me. Insomma ricordo che a sei anni quando il barbiere mi chiese cosa volessi fare da grande risposi "il paleontologo". Direi che basti come presentazione. Ma la cosa di cui mi sono accorto negli ultimi anni è che i miei genitori e sopratutto mia madre erano orgogliosi di me. Ora io non so se fecero bene o se furono eccessivi con tutto questo orgoglio ma sicuramente il mio ego deve esserne uscito abbastanza gonfiato. Ma la differenza con gli altri ragazzi è stata il mio isolamento, che in parte veniva dal fatto che non ero di costituzione molto sana e dall'altra dal mio aspetto. Fino ai primi anni del liceo sono sempre stato grassottello e con la faccia abbastanza infantile, quasi scialba anzi. Ora ho cominciato a prendermi cura del mio corpo e le cose hanno cominciato a migliorare. Ma prima fisicamente ero insignificante. E' servito perchè ho puntato sulla simpatia. In fondo cercavo solo il gioco e la battuta immediata, la cazzata sparata a effetto e alle medie riuscivo a cavarmela e credevo (CREDEVO) di avere tutto sotto controllo, sentivo di avere tutte le certezze che mi servivano e se volevo dire qualche puttanata la dicevo senza pensarci troppo. Ma lasciare la scuola media fu un trauma, perchè all'improvviso quasi da un giorno all'altro mi sentivo sempre più lontano dai miei amici, i discorsi inadeguati e immaturi. E grazie al cazzo direi io. Numero uno la mia classe rispetto alle altre era forse tra le più educate e io tra loro forse il più educato di tutti. Voglio dire prendevo per il culo il ciccione della classe ma a me come per tutti sembrava ordinaria amministrazione. Uscito dai confini della classe vedevo solo persone "sboccate", troppo mature per i miei standard. Numero due, i miei "standard" erano rimasti pressochè inalterati lungo i tre anni di scuola media e si mi ero semplicemente uniformato con un certo distacco al modo di fare dei miei compagni di classe, come se fosse un contentino che gli davo, poi potevo fare il cazzo che volevo. E se ripenso a come ragionavo all'epoca l'unica cosa che mi viene in mente è che mi meritavo tutto il bullismo di questo mondo. Ora io ero abbastanza "darwinista" sotto questo punto di vista, un po' come tutti gli altri. Se uno veniva preso per il culo è perchè non era abbastanza adeuato, adatto. E cazzo, io all'ultimo anno mi sentivo inadeguato, minchia se mi sentivo inadeguato. Ma sempre per questa dindrome del superuomo non ho mai chiesto aiuto a nessuno, amici o parenti e mi sono tenuto tutto dentro. E' da allora che ho iniziato a elaborare i motivi di questi miei continui insuccessi con gli amici. Per me gli amici erano tutt. E se c'era una cosa che non soportavo era di essere insultto da loro, insomma lo vedevo come un tradimento, un affronto, la prendevo veramente sul personale. Insomma persi la loro fiducia ma mi rimase il dubbio: che cosa mi aveva allontanato da loro? Perchè tutto a un tratto non ero più adeguato?
Credo che da allora fino ad oggi, e non scherzo nel dirlo, questo sia stato il mio pensiero fisso ogni cazzo di giorno. Per anni. Per (quasi) tutta la durata delle scuole superiori. Quasi perchè ho avuto la gran botta di culofortuna di aver avuto nella mia classe 5 o 6 delle persone migliori che abbia mai conosciuto, con cui finalmente potevo parlare di quello che veramente mi interessava. Eravamo un gruppetto di 5 ragazzi e si parlava quasi esclusivamente di nerdate, supereroi, fantascienza, fumetti, film, serie tv, manga, cartoni animati. Insomma per me era natale ogni giorno. Incredibile il mio umorismo era di nuovo adatto a loro. Certo ci isolavamo quasi ermeticamente dal resto della classe (tra parentesi, era il liceo classico quindi eravamo 5 ragazzi in una classe di 30 persone). Alla lunga cominciavo a sentire il peso di questo squilibrio maschi femmine. Insomma vedevo quelli dello scientifico e un po' li invidiavo perchè lì erano venti maschi, "cazzo le lì potevi diventare un vero uomo". Perchè la verità è che mi piaceva il rapporto con i miei nuovi amici, ma credevo che mancasse qualcosa. Io sentivo, chiaramente, di non essere più quello di prima che mi stavo rammolendo, anzi che mi stavo rincoglionendo. Quante giornate ho passato nella depressione più nera credendo che le cose stessero peggiorando e che non sarebbero potute mai più potute migliorare.
Ecco se penso ad una mia caratteristica di quel periodo è che cercavo di imitare gli altri. Tutto normale direbbe qualcuno. No perchè io con quella vocetta fastidiosa e quell'aspetto sfigato se provavo a imitare gli altri, forse loro non potevano o non volevano dirmelo, ma stavo sul cazzo. E alla lunga anche parecchio. Insomma non ero veramente io ma uno sfigato che provava a essere come gli altri, riuscendo solo a essere patetico. Anzi ero anche stronzo. In cinque anni di superiori avrò parlato con ciascuna delle ragazze della classe (escluse quelle nerd) una manciata di volte. Parlando delle ragazze alcune toccavano rari livelli di zoccolaggine che uno si aspetterebbe solo da un alberghiero. Insomma, come si dice da noi, erano sorta di vastase, cozzale nel midollo. E io un po'cozzalo ci sono nato. Ma a me metteva a disagio il fatto che fossero ragazze e che in volgarità ci superassero. Pensare che al liceo eravamo ancora maschi contro femmine... cristo santo che massa di ritardati che eravamo. Tornando al discorso...
Fino alla fine del liceo ho sempre avuto, tranne con qualche eccezzione buoni voti anche se non ero il migliore della classe. Tra i migliori invece c'era la persona con cui ho stretto per la prima volta una vera amicizia. Non quelle superficiali da ragazze, fatte solo di apparenze e cagate, ma un amicizia adulta e profonda, che spaziava dale battute più squallide ai discorsi intellettuali. Insomma in quanto a film, fumetti e compagnia bella ogni giorno c'era di che parlare e in più ne parlavamo come se fossimo appartenenti a una qualche cerchia ristretta. Non come ora che i cinecomics te li sbattono in faccia e se non guardi serie tv non sei nessuno. No, noi sapevamo di essere sfigati ma c'era il tacito accordo di dimenticarcene e di goderci quei discorsi in santa pace. E questa cosa è durata molto a lungo, finchè avevo 16/17 anni. Ogni tanto avevo qualche scazzo con loro, perchè quando tentavano di punzecchiarmi in qualche modo mi offendevo subito, mi inalberavo e poi me ne andavo in depressione apparentemente senza motivo. Probabilmente per gran parte della classe non sembravo normale. Non coglievo alcune allusioni sessuali, anzi mi mancava proprio quella mentalità di rendere tutto sessuale. E se proprio ci provavo era solo un tentativo stereotipato. Aggiungo anche che dalla terza media ho cominciato a balbettare e ad avere problemi di ansia.Questo mi ha portato a parlare sempre di meno e solo per dire battute nella spranza che almeno in questo modo potevo conservare l'amicizia con loro. E ancora una volta credevo che lo standard perfetto da seguire nella vita di tutti i giorni fosse quello che adottavo con quei tre/quattro ragazzi della mia classe. Anche perchè ero troppo spaventato e insicuro per uscire con altre persone. Avevo troppa paura di fallire anche con loro, ma sopratutto di fallire con me stesso.
Ancora adesso per me è difficile immaginare l'enorme pazienza che hanno avuto nel sopportarmi per tutto quel tempo. E il bello è che col tempo si accumulvano sempre più segnali di stress nei miei confronti da parte loro, che io non capivo. A me importava solo di stare con loro e parlare sempre delle stesse cose. Loro si rompevano di parlare sempre degli stessi argomenti. C'è anche da dire che se stavano con me era perchè anche loro non stavano messi meglio. Uno di loro in particolare era asociale fino al limite della misantropia e sarcastico come la merda.
Negli ultimi due anni di liceo classico la situazione è notevolmente peggiorata. In breve, col sarcastico una volta finì che mi diede un pugno e da allora gli ho parlato solo a sforzo. Con quell'altro invece, di cui credevo di fidarmi di più, andò a finire che mi disse in faccia e non per scherzo che pensava che fossi un coglione. Ma la cosa che mi ha ferito di più fù mentre dicevo una minchiata a lui Arriva una compagna, ascolta la battuta e poi dice all'altro "Devi ridere!". Sarà che ero una fighetta all'epoca ed ero facilmente influenzabile (non che ora non lo sia), sarà che il fatto di far ridere era l'ultima certezza a cui mi aggrappavo e che pensavo di fare bene, ma quella frase mi ha smonato. Mi ha insinuato il dubbio. E se per tutto questo tempo non avessi fatto ridere? E se finora hanno riso solo per pietà, solo per non mettermi a disagio? A quell'epoca le seghe mentali erano di questo tipo e anche peggiori. E sono sicuro che molte di queste mi hanno portato a conclusioni sballate che in seguito hanno profondamente influito sulla mia psiche. Perchè se non si era capito da allora è cominciata la vera depressione, quella per cui si va dagli psicologi non quella per dire.
Ho riflettuto parecchio sulle esperienze avute, e in base a queste e ad altre influenze da libri, film, discorsi con alcune persone, anche frasi rubate sui treni o per strada ho provato a farmi un'idea più chiara di quello che era successo e a trovare ostinatamente una giustificazione, un senso. Sarà stato noioso leggere tutta questa roba ma secondo me era la base per capire da dove di è formata l'idea che mi sono fatto di me e di come vanno le cose lì fuori, dopo aver fatto tabula rasa di tutte le convinzioni precedenti. Dopo la fine del liceo, nell'ultimo hanno ho saltato molte lezioni universitarie, ho dato solo due esami, sono rimasto quasi sempre da solo su facebook o a guardare serie tv, che sono tipo una delle poche distrazioni che ancora mi interessano. E sanon giunto a delle conclusioni che non so giudicare bene. Sono giuste, sono sbagliate, sono fatte apposta per riunchiudermi in una spirale perversasenza via d'uscita e convincermi al tempo stesso di essere al sicuro?
Non voglio sparare sermoni anche perchè mi sento tutto tranne che un fanatico. Anzi di me stesso e degli altri, di tutte quelle seghe mentali che mi facevo sulla dignità, l'orgoglio personale eccetera ora me ne sbatto altamente il cazzo dal più profondo del cuore. Conosco già tutte le stronzate che potreste dire per migliorare l'autostima: fare sport, mangiare sano, darsi degli obiettivi, fare volontariato. Non funzionano, sono solo una facciata. Il vero cambiamento avviene dentro e deve essere convinto e volontario. Viene dall'autodisciplina. Anche queste sono cazzate. Voglio dire viviamo in un mondo senza senso, si può scherzare e fare ironia su tutto, perfino sull'olocausto. Che bisogno c'è di prendere seriamente le cose. Che bisogno c'è di disciplina quando sei ormai sei morto dentro e sai che per la maggior parte delle persone ormai sei un fallito. Cos'è, vorresti cambiare, migliorare? E per fare contnti chi? Gli altri? Che cazzo di senso ha darsi tanto da fare per darsi un tono per dare un'immagine dignitosa di sè? Cos'è alla fine se non routine, un marchingegno che le persone si sono costruite per darsi delle regole e vivere in modo decororso ma al di là del quale c'è solo la vuota apparenza. So che hanno ragione da vendere ma tutto i discorsi che hanno Nietzsche e i loro allegri amici sono soltanto una formalizzazione di pensieri che le persone si fanno dall'alba dei tempi per darsi comunque delle giustificazioni quando le cose vanno male, quando gli prende la depressione e non vogliono tagliarsi le vene. La mia vita è una merda, dicono? Bene è normale, posso sopportarlo perchè in realtà niente ha senso, non esiste una verità assoluta, quindi a tutti i conformisti, sucate, ho capito il gioco e vado oltre. Capite bene che le derive di questo pensiero sono o mettersi a piangere in un angolino e diventare totali nullafacenti o riempirsi la bocca e fare gli alternativi di sto cazzo. Io ho riflettuto per molto tempo su questo modo di pensare penso di essere più che altro materialista, realista. So che per muovere le cose delle idee ci servono, e bisogna esserne convinti, appoggiarle, perchè solo se le si appoggia la gente comincia a usarle e a costruire qualcosa di costruttivo. Ma bisogna prima sapere che non esistono in natura che sono solo un nostro artificio e che per questo motivo uno può essere comunista, può andare ai concerti di Vasco Rossi a drogarsi, può diventare vagano, può votare Trump, può scegliere di fare quello che cazzo vuole della sua vita però sapendo che in questo modo accetterà la "programmazione" che noi stessi ci siamo dati, esattamente come tutti gli altri. Per tutto questo tempo ho provato nel mio piccolo a essere diverso dagli altri, a non uniformarm, a sentirmi speciale ma ve lo dico. E' tutto inutile. Ricordo una frase che ho letto una volta, una di quelle che sembra te le abbiano strappate da dentro: "Tu sei unico, esattamente come tutti gli altri". E, conscio di essere egoista e forse un po'presuntuoso, questo modo di pensare me lo porterò dietro per un bel po'di tempo.
Anche voi la pensate in questo modo? E se si da quando? QUesto ragionamento è una tappa obbligata della vita di una persona o se ne può fare anche a meno?
Mi scuso per la lunghezza ma sono cose che mi portavo dietro da parecchio tempo
2 commenti
mi che noia
mi si è appesantito il testicolo destro
mentre quello sinistro mi si è ritirato
FATTI MENO PIPPE MENTALI
(e si che pure io non sono semplicissimo ma tu sei proprio esagerato)
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molto bello il tuo sfogo. difficile trovarne così. ti sei sempre messo in discussione e continui a farlo. questo è bene.
il cammino per capire è lungo. in alcune parti mi sono rivisto. ho quasi 30 anni più di te.
voglio provere a darti qualche spunto di riflessione.
dici che hai avuto un buon rapporto coi genitori ma c'è qualcosa che non torna. parlo di qualcosa in cui mi sono rivisto e non prenderla sul personale.
non so perché ma nei problemi umani cado sempre nella statistica spicciola (è una mia definizione, non è ufficiale). ti dico due cose che che mi sono state utili (le ho capite da solo dopo i 30 anni, sicché figurati quanto è lungo il cammino...).
dà l'impressione che tu abbia dato sempre importanza a persone estranee, e tu abbia cercato l'approvazione degli altri in misura superiore alla media delle persone, e anche l'intrepretare la parte del comico (non ti focalizzare su questo punto) rientra nello stesso quadro comportamentale.
in statistica spicciola questi comportamenti nel periodo evolutivo indicano conflitti familiari, o se non conflitti, la mancanza di figure genitoriali adeguate. sono considerati indicatori di trascuratezza da parte degli adulti. è lì che dovresti andare a cercare. diciamo a monte.
sono anche comportamenti pericolosi: nell'adolescenza facevo a quel modo. senza precauzioni interagivo con chiunque: ero sempre in strada (non c'era internet) e uscivo con persone più grandi di me, spesso persone pericolose (col senno di poi).
per quanto riguarda la parte della maturazione sessuale niente da dire: ognuno ha i suoi tempi, non vedo niente di strano se facevi gruppo coi maschietti e hai cominciato a calcolare la ragazze a 14 a 16 o a 18. non è importante. statisticamente i più precoci sono sempre quelli che non hanno vissuto un'infanzia serena.
nel tuo racconto c'è troppa rete, troppi video. questo pericolo ai miei tempi non c'era. stacci attento.
hai molta capacità introspettiva, ne hai da vendere. servirebbe a tanta gente gente a cui manca. visto che ne hai tanta non usarla troppo.
vai avanti tranquillo: studia, goditi la vita per quanto puoi, seleziona un po' di più le persone. non perdere tempo con gli scemi che il tempo vola. vivi e rifletti con moderazione. Non devi dipendere dal giudizio degli altri.
PS: ho parlato all'imperativo solo per praticità.
Stammi bene, a risentirci.