Dom
17
Gen
2016
A grande richiesta una storia triste
C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. No, è meglio scrivere che quel ragazzo ero io e amavo Guccini e i Led Zeppelin. E avevo una ragazza splendida, solare e riflessiva al contempo. Tutto era perfetto, tanto che in tredici anni di amore, complicità e condivisione, avevamo litigato si e no tre volte. Un giorno di una calda estate ricevetti una telefonata in cui mi informavano che la mia amata si era sentita male sul posto di lavoro: niente di grave, per fortuna, uno svenimento dovuto al caldo si pensava.Però nei giorno seguenti sintomi anomali si succedettero tanto da portare a diverse visite al pronto soccorso: mal di testa feroci e disturbi visivi venivano tutti liquidati dai medici come "sindrome da stato ansioso".Così, tra un ansiolitico e un antidolorifico, passano dei mesi finché un ulteriore peggioramento rese necessaria una tac alla testa.Ed è da qui in poi che quel ragazzo che amava Guccini e i Led Zeppelin, dalla spensierata giovinezza entrò nell' età adulta. Mi ricordo ancora come se fosse oggi quando il medico mi comunicò l'esito della tac. Senza mezzi termini, senza eufemismi, come un pugno nello stomaco il verdetto: cancro al cervello, nessuna terapia, nessuna cura, solo aspettare la fine entro quattro mesi.Da lì in poi solo terapia del dolore e cure palliative per darle l' impressione che qualcosa si stesse facendo per curarla. Lei mai chiese la reale entità del suo male e nessuno mai gliela disse.... Così mi trasformai in infermiere, psicologo e gran bugiardo: esteriormente, per non turbarla, le mostravo tranquillità e sicurezza, ma dentro di me ero devastato.... Mi ricordo anche che in nome del fatto che "a tutto ci si abitua" si trovava il modo di scherzare, come se anche nel dramma ci fosse comunque qualcosa di buffo. E mi ricordo ancora che, nonostante avesse già dei figli, io fossi la "cosa" più bella che gli fosse capitata nella sua tribolata esistenza e che i tredici anni passati insieme erano i più belli della sua vita. Ed io, consapevole del suo destino mi mostravo contento, ma di dentro mi sentivo morire. Ed alla fine, come previsto, dopo quattro mesi, in "un bel giorno di primavera" lei morì. Dopo il funerale tornai a casa, presi tutte le sue cose, tranne una foto che ci ritraeva insieme, e le gettai.Tutte le cose parlavano di lei e io le gettai: io volevo vivere! Inutile dire che mi sono rifatto una vita; adesso ho moglie e figli che poco o nulla sanno di quel periodo. È un ricordo prezioso, due volte prezioso. Primo perché mi ha insegnato che si può essere felici anche in questo mondo pieno di problemi, secondo perché mi ha insegnato che si può sopravvivere ,se lo si vuole, a qualsiasi dolore. Ormai sono passati tanti anni da allora ma il ricordo di lei è sempre vivo in me e talvolta, quando ho problemi e sono giù di corda, mi è di conforto. Come se fosse ancora qui con me a dirmi "ti voglio bene".
13 commenti
Se questa storia è vera sono dispiaciuta per te ma.... siete stati insieme 13 anni, con lei sei passato dalla giovinezza al mondo degli aduti.... ma lei aveva già dei figli? È quando li aveva fatti? A 15 anni?
Ma soprattutto, dopo 13 anni insieme a lei, e quindi ai suoi bambini, alla sua morte non ti sei occupato di loro? Dovresti praticamente averli cresciuti. Anche perché se i medici hanno potuto darti la prognosi di lei dovevate essere per forza coniugati, altrimenti, al massimo, avrebberobparlato coi genitori e poi i genitori con te.
Dico fake.
non può essere
Non ci credo che è fake, ora mi spiego quel.commento su Dio...
Ma vi pare che sto a raccontarvi una palla?
Alle vostre, anche giuste perplessità, c'è una risposta .
Lei era più grande di me e aveva avuto due figli molto ma molto giovane pertanto alla sua morte erano ormai autonomi. E grazie a comuni conoscenze nell'ambito ospedaliero, pur non essendo sposati, ero io comunque l'interlocutore di riferimento.
PS Quando vai a parlare con un medico in ospedale e ti presenti come marito, compagno e quant'altro, se sei in presenza del paziente , passi come tale: nessuno ti chiede lo stato di famiglia.
Proprio triste:-(( un abbraccio virtuale
bhe...
triste é triste, hai toccato il dolore allo stato solido... walter.. non so che scrivere ... ho riscritto 3 -4 volte
queste righe.
Walter
No...ti prego...mi hai trasportata nel.tuo dolore!!!ad oggi,in percentuale,quanto hai superato questo dolore infinito?sono sicura che lei ti guardi,che quando sei triste ti stia vicino...la senti,ti volti e nn la vedi,ma lei c'è...
Ecco questa è una di quelle cicatrici di cui resta il segno, lo avevo accennato in un commento qualche settimana fa. Ti capisco :) anche io ne ho una di profondità simile. Posso dire che è stato un male solido, e per quanto mi riguarda non aggiungo altro perchè nemmeno in un sito come questo si può descrivere.
Solidarietà.
>A grande richiesta
3 utenti.
kek.
@ spell
Ormai sono passati parecchi anni e per chi vuole andare avanti il tempo è veramente il migliore dei dottori e le ferite nei ricordi sono da tempo rimarginate. Forse una cosa negativa che mi è nata allora e perdura ancora adesso è la paura del cancro visto come un male che ti può cadere addosso senza alcun preavviso, da un giorno all'altro. E a qualunque età.
@ per tutti gli altri
Grazie per la vicinanza e l'empatia.
E ora basta e aspettatevi in settimana lo sfogo allegro: ve lo devo, dopo tutta sta tristezza!
@ialways
Tre... pochi ma buoni, anzi buonissimi!
E li ho contati: i richidenti erano ben quattro ! ;-))
Penso che davanti a storie come questa le parole perdano di significato.
Perio` mi limito a dire: grazie Walter per aver condiviso la tua storia con noi.
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Storia personale vera?